di Fabio Cimmino
“Spero che prima o poi qualcuno si decida ad importare, finalmente, i vini di Lopez de Heredia anche in Italia, sforzandosi di spiegarne le peculiarità produttive ed illustrando le particolarissime caratteristiche organolettiche dei vini stessi, per farci conoscere, insomma, una pagina di storia e tradizione della più alta enologia iberica.” Così chiosavo un mio pezzo apparso nel settembre del 2004 sul Winereport diretto da Franco Ziliani. Sono passati alcuni anni e quella mia profetica speranza si è materializzata. Oggi un distributore nazionale ha inserito nel proprio catalogo i vini di questa gloriosa “bodega” della Rioja. Adesso bisogna trovare enotecari e ristoratori coraggiosi che si decidano a portare queste bottiglie sugli scaffali e proporle nelle carte dei vini. A Napoli e in Campania sembrerebbe che qualcuno ci stia già pensando seriamente.
Nel frattempo sono riuscito, grazie alla delegazione Ais Napoli, guidata dal brillante Tommaso Luongo, e la disponibilità dell’enoteca DivinoInVigna, del sempre più lanciato, Mauro Erro, due giovani di belle speranze, ad organizzare il primo evento italiano dedicato ai vini di Lopez de Heredia. Una degustazione unica inserita in un programma che ha visto per la prima volta sfilare nel capoluogo partenopeo etichette e produttori di grandissimo valore, ma mediaticamente sottovalutati se non quando sistematicamente ignorati. Nel caso di Lopez de Heredia parliamo di vini che, nonostante siano regolarmente esportati in un numero incredibile di paesi stranieri ed abbiano una loro capillare diffusione in Spagna (li potete trovare tranquillamente anche in alcuni Corte Ingles dove è presente lo spazio “club del gourmet”), sono praticamente sconosciuti al consumatore italiano, perchè piuttosto difficili da approcciare anche da parte degli appassionati più smaliziati.
Molto spesso a frenare l’offerta sono fattori pregiudiziali e, soprattutto, di una scarsa convinzione nella capacità di ricezione da parte del pubblico. Dopo questa lunga, forse troppo, premessa, vi starete chiedendo cosa hanno di così particolare i vini di questa azienda spagnola, eccovi accontentati.
Un rosato commercializzato a dieci anni dalla vendemmia, dopo averne trascorsi quattro ad affinare in legno ed altri sei a maturare in bottiglia (nei 4 chilometri di gallerie sotterranee di cui dispone la cantina e che assicurano condizioni di temperatura ed umidità pressocchè perfette per garantire l’invecchiamento e l’integrità dei vini). Bianchi e rossi che, seguendo la medesima filosofia produttiva, arrivano sul mercato a 20 anni della vendemmia.
Un modo di fare vino che è rimasto immutato praticamente da oltre un secolo, dal 1877, anno di fondazione di Lopez de Heredia. Vendemmie anticipate rispetto ai canoni attuali che, per giusta maturazione tendono spesso a portare in cantine uve esageratamente mature se non addirittura surmature. Botti di legno di rovere americano, di varie dimensioni, di vario passaggio, alcune esauste, tutte rigorosamente prodotte presso lo stesso produttore con un programma di apprendistato interno per formare i mastri-bottai del futuro. Vino travasato sfruttando la sola forza di gravità, per caduta, e pompato a mano nelle botti (i continui travasi consentono una lenta ma assolutamente naturale chiarifica dei vini; solo all’ultimo, prima dell’imbottigliamento, ha luogo una vera e propria chiarifica con il classico bianco d’uovo). Vini imbottigliati a mano direttamente dalle botti.
Sono sicuro che tutto questo possa già bastare per aver, quanto meno, innescato la vostra curiosità. Naturalmente non tutti i vini sono destinati a questo complesso procedimento, ma solo quelli selezionati per le riserve e provenienti da millesimi considerati eccezionali. I prezzi sono assoluamente accessibili ed onesti, se consideriamo l’immobilizzo che si deve sopportare per sottoporre le bottiglie a questo lunghissimo periodo di invecchiamento. Prezzi non particolarmente elevati anche alla luce del fatto che si tratta di etichette ricercate e di riconosciuto livello qualitativo.
Indipendentemente dal giudizio soggettivo di gradimento o meno, quello che posso assicurarvi è che le sensazioni che questi vini esprimono, una volta liberati nel bicchiere, rappresentano un’esperienza davvero originale ed irripetibile. E’ inutile negare, d’altronde, che di fronte a vini del genere la suggestione ed il fascino dell’inconsueto giocano un ruolo determinante. I vini, infine, pur arrivando al consumo quando sono ritenuti pronti, non vuol dire che non siano suscettibili di ulteriore invecchiamento “domestico”, l’importante è, come sempre, averne molta cura nella conservazione.
I vini sono tutti vinificati seguendo la logica del cru: Gravonia, Cubillo, Bosconia e Zaco. Maria Jose Lopez de Heredia è l’enologo di famiglia. Vorrei sottolineare come, proprio per le particolarissime tecniche produttive e di affinamento, l’impatto con questi vini può risultare spiazzante, controverso ed in alcuni casi finanche scoraggiante. Sono vini che richiedono un ascolto attento e meditato. Il degustatore fortunato e sensibile, che avrà la pazienza di aspettarli aprirsi lentamente nel bicchiere, sono sicuro verrà ampiamente ripagato da tante emozioni. Al naso, nonostante i sentori piuttosto evidenti ed inequivocabili sono tutto tranne che vini ossidati, casomai, come ebbi a dire già quattro anni fa, siamo di fronte a vini inossidabili! Di certo non dovete aspettarvi né cercare il frutto fresco e polposo di un vino d’annata; qui è protagonista l’ossidazione nobile, che partorisce un quadro di riferimento tutto giocato sull’ampiezza e la complessità di intriganti note terziarie. Al palato sono talvolta semplici e beverini come nel caso del rosato, talvolta apprezzabilmente più lunghi e persistenti come nel caso dei bianchi, più sapidi e minerali i rossi. Alcol che viaggia quasi sempre sui 12.5%, prego prenderne nota!
Faccio sempre notare come gli americani, nonostante sia opinione diffusa, ormai divenuta stereotipo, che siano il popolo dei vini parkerizzati, ruffiani e piacioni, morbidoni, tutto ciccia e barrique, siano anche tra i più tenaci estimatori dei vini di Lopez de Heredia, la cui concezione e profilo organolettico sono quanto di più lontano si possa immaginare da questo clichè, anzi possiamo tranquillamente dire che siano vini di segno diametralmente opposto ai precedenti… Meditiamo gente, meditiamo.
Viña Tondonia Gran Reserva Rosè 1993 – 1995
Due vini piuttosto diversi tra loro, accomunati solo da uno straordinario color buccia di cipolla vivo e brillante, luminoso e vibrante. Non passano inosservati… Il secondo è decisamente più aperto e godibile, fin da subito, con le sue note di frutta secca, burro, pelle conciata, balsami naturali e legni pregiati. La chiusura al palato è repentina, sollecitata da un acidità molto pronunciata. Il primo, il più vecchio, chiuso e scorbutico, è più ostico a concedersi al naso. Riduzione che richiederà un’ora abbondante di ossigenazione nel bicchiere prima di svelare il suo affascinante bouquet. A fine serata, per chi ne avrà conservato ancora qualche sorso nel bicchiere, sarà una sorpresa per l’ampiezza, la finezza e l’austerità di sensazioni che saprà dispensare. Profumi eterei di spezie orientali, cuoio, pietra focaia, miele bruciato, nocciola tostata. Al palato risulta più morbido, carezzevole ed un filino più lungo rispetto al ’95. Sono due vini che riescono a coniugare felicemente la complessità olfattiva di vini lungamente invecchiati che hanno saputo impreziosirsi delle sfumature del tempo con la beva semplice e disincantata, tipica della tipologia.
Viña Gravonia Crianza 1995 (viura 100%). Un naso buccioso che profuma di agrume candito, uva passa e leggerissima vaniglia. Non particolarmente complesso, intenso e piacevolmente dolce. Al palato è, invece, decisamente secco. Mostra in questa sua contraddizione una ammaliante capacità comunicativa. Non delude le aspettative ed è apprezzabile nell’allungo finale dove la sapidità gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrare la verve acida. Un vino che non è facilissimo da abbinare, dal momento che la prevaricante espressività delle sensazioni richiede cibi di altrettanta persistenza gustativa. Cibi molto saporiti e sapientemente speziati possono essere un valido interlocutore.
Viña Tondoni Reserva 1987 (viura con piccolo saldo di malvasia). Naso minerale, pungente, con una nota di cipria che insiste all’esordio nel bicchiere. Il trascorre dei minuti trasforma il calice in un propulsore aromatico, disegnando un quadro di grande complessità e delicatezza. Frutta disidratata, fiori secchi, speziatura sottile, mineralità soffusa. Al palato chiude con un abbraccio caldo, morbido e vellutato. Anche in questo caso la lunghezza gustativa esige cibi importanti, non tanto nell’elaborazione ma quanto nell’incisività dei sapori, da poter accompagnare.
Viña Bosconia Gran Reserva 1981 (tempranillo in prevalenza con il contributo di altre uve: garnacho, mazuelo e graciano). Peccato che una delle due bottiglie presentasse qualche problema di precoce evoluzione, dovuto probabilmente ad una conservazione non ottimale. Un rosso straordinario che potrebbe rappresentare un esempio paradigmatico di come dovrebbe essere un grande rosso. Innanzitutto nella struttura. Acidità sugli scudi, bassa gradazione alcolica, tannini solidi senza essere graffianti, sapidità minerale. Il tutto segue un chiaro filo conduttore che esalta l’equilibrio delle parti e si esalta nell’armonia di insieme. I profumi diventano in quest’ottica solo il naturale corollario degustativo. Piccoli frutti e fiori rossi ammantati di un forte carattere animale e selvatico, che imprime alla progressione olfattiva una personalità unica di assoluta originalità. Il palato conferma un rosso a spinta verticale, profondo ed austero, ma allo stesso tempo dotato di grande freschezza e bevibilità. Aggiungo io digeribilità. Un vino che non ti massacra il fegato, non ti sfigura il palato ma lascia solo una lunga scia di sensazioni pur facendosi bere con disinvoltura. Lascia ricordo indelebile di se. Rimane l’amarezza per la prova stanca e deludente di una delle due bottiglie in degustazione.
Se volete saperne di più: www.lopezdeheredia.com
Foto di Tommaso Luongo