Mettiamoci pure che i vigneti qui, nella visione di contundente ruralità di cui l’Orcia è maestra, sono come macchioline disperse nella rotonda immensità polìcroma delle colline. Mettiamoci pure che i poderi qui sono poderi, ovvero che l’economia familiare raramente si sostenta con il vino o con il vino soltanto (…. “Orcia granaio di Siena”). Insomma, mettiamoci pure che la storia abbia “consigliato” a questa gente di “stare alla larga” dalla monocoltura. Ricordiamoci però che, sempre quella stessa storia, aveva decretato in tempi meno recenti -perciò esenti da sospetto- la vocazione alla viticoltura della zona, per poi rintuzzarla da quando drammatico e inarrestabile ci fu l’abbandono delle campagne. Aggiungiamoci il silenzio di quei luoghi, cumsustanziale a quella natura, il fatto di non aver conosciuto i florilegi o le devastazioni del mondo “civilizzato”, la certezza di aver preservato intatta gran parte della loro naturale predisposizione al bello. Mettiamoci tutto questo e proiettiamolo nel presente: il presente dell’Orcia è una vigna giovane, sostanzialmente giovane, o in buona parte ringiovanita da recenti reimpianti. Piccoli appezzamenti disseminati nel bel mezzo di un contesto colturale promiscuo, con rassicuranti tratti di unicità e tanto silenzio attorno.
E giovani sono le teste dei contadini nuovi, grazie a dio (perlopiù) ancora immuni dal vizio della presunzione. Per questo mi illudo di una “vocazione ingenua“. Perché l’ingenuità di fondo che ho colto nei gesti e nei modi di molti agricoltori che ho incontrato, e che li porta a scoprire la propria terra usando le doti rare del buon senso e della comprensione dei limiti, potrebbe davvero costituire il grimaldello ideale per aprire varchi di credibilità nei mercati nazionale e internazionale del vino che conta. Bizzarro no, arrivare a pensare che sia l’ingenuità a far vincere scommesse?! Eppure voglio credere che sia così. Perché non è il tempo questo di indossare abiti preconfezionati (da altri). Non è il tempo di percorrere strade abusate, soprattutto non è il tempo delle scorciatoie e delle furberie. Non più. L’Orcia vitivinicola, quantomeno, non se le può permettere. Perciò accrescere la conoscenza dei propri mezzi, delle proprie capacità, del prorio territorio solo e soltanto attraverso il lavorìo ingenuo della testa e delle mani, senza preconcetti e rispettando il “tempo lento di campagna”, resta a parer mio l’unica strada percorribile per una zona che, ricordiamocelo, ha ai suoi confini geografici due denominazioni “mordaci” e importanti come Montalcino e Montepulciano.
Nel frattempo, ispirato da questi pensieri, in molti dei bicchieri che ho assaggiato mi è parso di respirare una sensazione piacevole di “incompiuta consapevolezza”, così piena di significati, in verità. E ho realizzato che anche in un bicchiere “inconsapevole” l’anima del vino possa disegnare le giuste traiettorie, senza indulgere nelle elucubrazioni cantiniere o nell’ambizione, alla sola ricerca della schiettezza.
Il cammino è ovviamente lungo, la strada piena di ostacoli, le scorciatoie sono in agguato, alcune purtroppo già intraprese. Ma possiamo dire che il cammino ha avuto un avvio, per molti versi incoraggiante. La variabilità delle situazioni pedoclimatiche, indubbiamente, ci metterà del suo; i terreni ovvio, dal momento in cui presentano caratteristiche anche molto dissimili fra loro (si va dalle sabbie alle argille, con tutte le “gradazioni” calcareo/scistose del caso); e poi le insolazioni importanti, o certe provvidenziali esposizioni caratterizzanti (ben sopra i 400 metri slm). Intanto le variazioni sul tema del sangiovese, dalla purezza alla promiscuità, non mancano. Il caleidoscopio va componendosi. Naturali gli slanci e naturali le incrostazioni. Naturali le dissociazioni e i tasselli da riempire. Eppure il Sangiovese dell’Orcia ha un’anima forte, lo sento. Non attende che le giuste ripartenze, da parte di una terra che ha già avuto in dono unicità e vocazione, ma soprattutto da parte della sua gente, la quale non ha che bellezza da costruire.
Orcia Rosso Riguardino 2005 – Riguardino
(sangiovese, merlot) – provenienza: San Quirico d’Orcia
Diretto e stilizzato, l’evoluzione ne scopre oggi, mettendoli a nudo, gli umori di terra e pirite. La traccia già altera dei sapori si inasprisce di una insistenza chinata. Poche concessioni al frutto qui, che pure il merlot potrebbe contribuire a regalare. Piuttosto un’anima “sangiovesa” severa e arcigna che reclama dignità e rispetto, ma a cui vorrei fossero affidate maggiore luce e dolcezza.
Orcia Rosso La Grancia 2005 – Sampieri Del Frà
(sangiovese; merlot) – provenienza: San Quirico d’Orcia
Piacevole da annusare, su confortanti rivoli di frutto rosso, questo naso richiama polpa, ordine, precisione. E un che di fin troppo accondiscendente. Ai sussulti di personalità ci pensa però quel finale di partita arioso, grazie ai rilievi sapidi e alla freschezza di fondo. Per un attimo ti apparirà più distante quella sensazione compiacente e “inoffensiva” della prim’ora, e ti lascerai convincere da un sorso via via più espressivo e dettagliato.
Orcia Rosso Assoluto 2005 – La Canonica
(sangiovese; colorino) – provenienza: San Giovanni d’Asso
Non puoi certo dire che il naso sia di quelli “ciarlieri”, proprio no. Eppure le reticenze servono a trattenere gli accenti più maturi del frutto, a ragion d’equilibrio. Spezie forti, da sangiovese, se lo bevi. Non va per il sottile. E’ vino potente, deciso, a suo modo “assoluto” nella volontà di emergere. Il finale è perentorio, asciutto, senza troppi sottintesi. Estrazione da calibrarsi, consapevolezza da crescere, ma dentro questo bicchiere c’è una energia buona, da preservare per il prossimo futuro.
Orcia Rosso Terre dell’Asso 2005 – La Canonica
(sangiovese; malvasia nera) – provenienza: San Giovanni d’Asso
L’impronta della malvasia nera rilascia i suoi intriganti sentori speziati, insieme al sensuale corredo dei frutti del bosco. Accenti di humus ed eucalyptus concorrono ad affermarne una visceralità nient’affatto “piacionica”. Buon succo al palato, che è palato carnoso, senza che vi si disperdano le sfumature del vino compassato. Finale amaricante eppur gradevole. Sì, lo ricordo volentieri.
Orcia Rosso Terre dell’Asso 2007 – La Canonica
(sangiovese; malvasia nera) – provenienza: San Giovanni d’Asso
Frutto turgido e vivo. Sono spezie e gioventù fremente. Buona profilatura vegetale (humus), senza accenti troppo aspri o crudi. Gusto succoso e peperino. E’ ben fatto, di sincera e non così usuale espressività, capace di mantenersi a debita distanza dalle strade più ovvie e più battute.
Orcia Rosso Atrium 2005 – Sonia Mencarelli
(sangiovese) – provenienza: San Giovanni d’Asso
Pirico & ghiandoso , per la “nordica” e compassata balsamicità silvestre ricorda quasi un Nobile di Montepulciano. Così se lo bevi: continuo, dal tratto preciso e poco incline ai sentimentalismi o alla tiepida dolcezza dei sangiovese più maturi e compiuti. Eppure nel finale riesce a concendersi sciolto e arioso, al punto da illimpidirsi nei sapori. Insomma, tutto meno che un vino banale. Certo che l’annata gli ha donato una incompleta maturità tannica, questo sì, infatti una moderata vegetalità ne punteggia lo sviluppo. Ciò nonostante non scade mai nelle affilate crudità, e in questo modo il nostro Atrium si difende.
Orcia Rosso Il Primo 2005 – Podernuovo
(sangiovese; cabernet sauvignon) – provenienza: San Giovanni d’Asso
Scuro e imperativo, nel colore e negli umori: frutti neri e liquirizia in una bocca volumica, marcata stretta dal rovere, non troppo articolata. Tanta concentrazione e tanta volontà, a discapito del sottinteso e del dettaglio.
Orcia Rosso Nectar 2006 – Podernuovo
(sangiovese) – provenienza: San Giovanni d’Asso
Qui un profilo terroso, balsamico, intrigante, a ricordarci la timbrica di un serioso sangiovese di Montalcino. Tutto bene, se non fosse per l’estrazione leggermente “calcata”. La materia c’é, l’appiglio territoriale anche.
Orcia Rosso Martin del Nero 2006 – Resta
(sangiovese) – provenienza: Buonconvento
Esotico, balsamico, singolare nell’assetto aromatico ma anche limpido e snello nel finale, si distingue per freschezza e giovialità. Non la complessità, quella magari no, ma estro e sensibilità interpretativa non mancano. Da seguire.
Orcia Rosso Il Pozzo 2006 – Il Pozzo
(sangiovese) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Cupo ed assertivo, scuro e concentrato. Nonostante il rigoglio di materia mi mancano maledettamente i dettagli. L’attacco avvolgente della prim’ora si disperde da centro bocca in poi. L’eloquio perde così in tono e persistenza. Faticose da rintracciare le “risonanze territoriali”.
Orcia Sangiovese 2006 – Poggio al Vento
(sangiovese) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Una nota verde (baccello) non toglie l’ispirazione di fondo, genuinamente varietale, ad un vino reattivo, generoso, roccioso e potente. In bocca i tannini anmora scalpitano, ma grip e determinazione sono all’altezza della situazione.
Orcia Rocco Petruccino 2006 – Podere Forte
(sangiovese; cabernet sauvignon) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Naso composito, modulato, preciso, “tecnico”. Certo il rovere tende ad imbrigliarne gli sviluppi al gusto, e la dichiarata riccheza del frutto si scontra con un muro di tannini al momento insuperabile. L’asciuttezza finale chiude le danze. La sensazione che se ne ricava è quella di un vino “consapevole”, di manifattura sicura, magari non troppo originale, dove la presa del rovere e l’estrazione, al momento, appaiono da mettere a punto.
Orcia Rosso Petrucci 2005 – Podere Forte
(sangiovese) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Di ritrosa nobiltà, è vino di materia e temperamento, che non ha fretta di emergere. Sicuro di sé, spesso, polposo, di una ricchezza sapiente e piena di dettagli, non indulge poi troppo nei toni accademici figli di una pratica enologica che senti maledettamente sorvegliata. Perché il carattere e la personalità non li schiacci, e si evidenziano ancor di più all’aria, quando la complessità fino ad allora sottesa si libera in un caleidoscopio di sensazioni cangianti. Potente ed elegante al tempo stesso, raccoglie dalle sue giovani vigne un messaggio da non disperdere, in cui la potenzialità del terroir appare conclamata. L’ottima finezza tannica conferma un grado di “consapevolezza” non avvertito nei vini assaggiati fin qui.
Orcia Rosso Scorbutico 2006 – Poggio Grande
(sangiovese,cabernet sauvignon,syrah) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Pimpante, “giocoso”, speziato, dalla beva reiterata e amica. Un vino senza troppi calcoli, tutto men che scorbutico.
Orcia Rosso Sesterzo 2005 – Poggio Grande
(sangiovese) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Sfumato e rarefatto, silhouette e “scheletro” ci parlano di un Sangiovese d’altura; freschezza e sapidità come maritate. Luminosità e beva senza fronzoli, agile e sostenuta. Miracolosamente disadorno e ricco nella sua essenzialità, il Sesterzo di oggi è una delle sorprese più belle.
Orcia Rosso Banditone 2006 – Campotondo
(sangiovese; merlot,colorino) – provenienza: Castiglione d’Orcia
Freschezza e maturità si fronteggiano in un naso combattuto. Non così al palato, in cui le incertezze si stemperano a favor di tonicità e sale. Alla fine del salmo ne escono gratificate sia la beva che il carattere. Da tener d’occhio.
Orcia Rosso Frasi 2005 – Sedime
(sangiovese; canaiolo, colorino) – provenienza: Pienza
Se non fosse per quell’asciugatura di fondo, mannaggia! Qui scorza della terra, sferzate sapide, elettiva terrosità e sentimento. Sì, materia e terroir (ah, le vecchie vigne!!) hanno davvero qualcosa da dire.
Orcia Rosso Capitoni 2006 – Sedime
(sangiovese; merlot) – provenienza: Pienza
Non lasciatevi trarre in inganno da un naso lì per lì persino troppo accomodante, perché la bocca assume di contro un portamento austero ed intrigante, e quella sensazione rinfrescante che la pervade ne annuncia apertamente il passo agile e spedito. Ben oltre la didattica e l’ampelografia, un vino che intende comunicare territorio.
Orcia Rosso Invidia 2005 – Trequanda
(sangiovese, cabernet sauvignon, merlot, altri) – provenienza: Trequanda
Scuro ed ambizioso, quasi compiaciuto della sua concentrazione, gioca di impatto e dichiara apertamente la sua rotta “international style”; eppure, nell’abbraccio voluttuoso che ti riserva, l’unità dei sapori pare disperdersi nella annosa diatriba fra confetture spinte da un lato e verzura dall’altro; l’armonia del sorso, inevitabilmente, ne risente.
Orcia Rosso Tenuta Belsedere 2006 -Belsedere
(sangiovese; cabernet sauvignon, merlot) – provenienza: Pienza
Stile supertuscan vecchia maniera: polposo, merlottato, piacevole, ben fatto, di mano sicura. Sai cosa c’è? che l’aspetto “confortevole e conciliatorio” di questo vino dovrebbe forse riallacciare un dialogo più “stretto” con le voci più individue o territoriali.
Orcia Rosso Cenerentola 2005 – Donatella Cinelli Colombini
(sangiovese, foglia tonda) – provenienza: Pienza
Sanguigno e viscerale: sono bacca selvatica, tempra, solidità. E bella gioventù. Peccato per quel finale, in cui i lasciti del rovere ne decretano una certa risoluta asciuttezza, ma questo Cenerentola, non nuovo per la verità a performance distintive, si impone come una delle etichette più caratteriali della produzione Cinelli Colombini, Montalcino inclusa.
Orcia Rosso 2006 – Sassodisole
(sangiovese) . provenienza: Montalcino
Qualche esotismo nel frutto ma anche una bella nonchalance; c’è ordine ( non disciplina per fortuna) e il sangiovese batte un colpo a più riprese. Di corpo medio ma equilibrato, la mancanza di complessità viene ripagata da una piacevolezza e da una sincerità espressiva confortanti e lusinghiere.
Assaggi effettuati a San Quirico d’Orcia nel mese di dicembre 2008.
Foto iniziale: il “guardiavigna” nel Podere Forte.
Si ringrazia il Consorzio Orcia per le attenzioni e l’ospitalità affettuosa.
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.
4 risposte
caro Fernando,
mi congratulo per avere messo l’accento sull’Orcia, terra non solo magnifica dal punto di vista paesaggistico, ma anche per le potenzialità vinicole. In particolare non posso che essere d’accordo con te sull’Azienda Sedime. Conosco molto bene Marco e la sua magnifica famiglia. E conosco molto bene anche l’impegno e la dedizione che mette nel cercare di ottenere un grande sangiovese e non solo. Direi che Frasi è sulla strada giusta e non temo di sbagliarmi dicendo che fra pochissimo tempo diverrà un punto di riferimento assoluto. Sempre grande anche l’Orcia Rosso, che nasconde in quell’approccio semplice una sua forza territoriale limpida e ben salda. Hai perfettamente delineato lil loro legame con il territorio e la loro schietta autenticità. Complimenti!!
Ringrazio tanto per l’articolo, che mi riguarda non solo per il mio vino, ma per il territorio dove vivo, di cui sono così orgogliosa di far parte. Complimenti per lo stile e per la forma. Cordiali saluti, AL.
Per Enzo: sì, Sedime mi ha colpito, così come mi aveva già colpito negli assaggi guidaioli estivi. Peraltro, se non ricordo male Marco Capitoni mi ha fatto assaggiare in anteprima il Frasi 2006. Beh, va nella direzione che tu hai intravisto, non c’è che dire.
Per Anna Lisa: grazie. Anche se non conosco come dovrei la sua giovane realtà. Ne bazzico però i vini, e la loro compagnia mi conforta ogni volta. Eppoi il nome della sua azienda, che è anche il nome di una località, mi si stampa bene in testa. Perché, nelle innumerevoli mie trasferte ilinesi, immancabile sulla strada del ritorno, ecco che all’imbocco della Cassia nei pressi di Buonconvento appare il cartello indicatore che rivolto verso un mare di campagna recita: “Resta”. Non ci crederà, ma io da sempre non l’ho inteso come una località, bensì come un monito, anzi un invito, capace di acuire in maniera meravigliosamente dolorosa la malinconia che mi attanaglia puntuale in occasione di ogni allontanamento da una terra che mi attrae e che, immancabilmente, non ho. Lo lascio fare. Mi piace così.
Carissimo Fernando, ti ringrazio di cuore per il tuo articolo che mi ha commosso e ha dato voce con le giuste parole al mio modo di sentire ,di vivere un territorio affascinane ma reale, vissuto ,nel bene e nel male, in ricchezza e in miseria.. hai dato voce a un pensiero che lentamente si esprime su cosa deve essere l’Orcia, e questo mi affasciana, ogni anno un nuovo raccolto, ogni anno nuove emozioni , nella mia piccola cantina ,che hai visitato, non si studia un vino a tavolino, nasce in vigna e tra le poche botti, gia’ dal primo assaggio capisco quale strada percorrere, è emozionante .
Ti sono grata anche per aver rilasciato un commento per tutti i vini .
Un caro saluto a presto conto di riaverti da noi.
Donella Vannetti