Sottozona/cru: Poggiobello di Farneta – Cortona (AR)
Data assaggi: ottobre 2009
Il commento:
La compattezza impenetrabile del suo rubino stranamente non mi allarma. Non so perché ma non vedo volontà oppressiva in quella esultanza cromatica; casomai, da come scorre nel calice, la gioiosa consistenza di un frutto naturalmente concentrato, spremuto e messo lì, nel mio bicchiere di oggi.
La nettezza aromatica d’altronde, senza le fastidiose intermediazioni del rovere e l’accompagno di certi immancabili empireumatismi, mi parla di franchezza e generosità: non una sbracatura nel frutto, non una sensazione melliflua o marmellatosa; semmai -pur non (rin)negando la scalpitante gioventù, che è poi gioventù di vigna- un profilo più trattenuto che concessivo, in odor di austerità, in cui la confettura di ciliegie emerge compattamente senza strafare, la speziatura di pepe ( bianco) si fa trama e sfondo, e le note di viola e humus, per il momento, si rimpiattano nelle retrovie, pur ispirando pertugi tutti nuovi. I suggestivi richiami “cinerini”, e le tracce via via più marcate di china, se non avete fretta spunteranno con l’aria.
Pur non concedendosi troppi dettagli, di lui ne apprezzi la caparbia tenacità di resistenza alla ossigenazione, senza colpo ferire, orgoglioso della sua cifra più verace e sanguigna. La stessa verace schiettezza che ti ritrovi al palato -corpo pieno senza mollezze-, impettito come si ritrova da una acidità brillante e da una salvifica sapidità tannica, che ben si fonde e scioglie in bocca a decretare un finale pulito, asciutto, capace di richiamare a sé la beva senza renderla impegnativa. No, non è uno di quei vini iperlevigati, torniti ed educati ( leggi “stufevoli”) perché ha i suoi spigoli e le sue ingenuità. Ma ha il coraggio di mostrarsi nudo, senza elucubrazioni, vivo di materia grezza, calibratamente selvatico e risoluto. Volendo azzardare verosimiglianze, un vino che oggi si avvicina di più alla razza austera e alla materica “vibrazione” di certi vin de garage australiani che non alla terrosa complessità, e all’armonia sottile, dei vini rodaniani.
Ad un prezzo che non so una promessa giovane e bella, ispirata da una ruralità sana e consapevole. Ad un prezzo che non so, la sostanza e non il belletto.
La chiosa:
Dopo un vino così, dopo tutta questa fierezza ingenua e gagliarda, so già dove mi porteranno i prossimi viaggi in terra aretina. Stefano Amerighi, ne è consapevole, ha due fans di eccezione, che poi sono coloro che mi hanno suggerito vivamente la conoscenza e l’assaggio: Caterina e Simone, le anime della Tana degli Orsi di Pratovecchio, nel Casentino, un locale piccolo ma pieno di idealità, in cui – lo avreste detto mai? – durante l’anno ci passa il meglio del meglio dei vignaioli italiani, a presenziare serate a tema a dir poco affascinanti. Stefano Amerighi è loro amico, e come loro ama il concetto di sostenibilità ambientale. Nella sua tenuta di Cortona, oltre ai vini (meglio, al vino), trovano quindi giusto spazio colture cerealicole, ortaggi e allevamenti di animali, in equilibrio euritmico con la natura. Una agronomia con impulsi biodinamici questa qua, e una enologia semplice, non interventista. E’ una realtà giovane, da crescere, eppure già in grado di raccogliere il più grande dei riconoscimenti, che è poi quello offerto da una terra “liberata” a cui sia stata concessa una ipotesi di futuro.
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.
Una risposta
Anche io ho provato questo vino, anche io sono stato fortemente influenzato, quasi “obbligato” da un enotecario mio amico, mai costrizione fu tanto gradita, ad avercene prodotti così veri ed originali.