L’Hermitage di Marc Sorrel: doppia verticale delle perle del Rodano

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ROMA – Quando parliamo dei vini della Valle del Rodano siamo immediatamente proiettati tra i profumi speziati dei grandi Syrah della Côte-Rôtie o dell’Hermitage, tra gli aromi fruttati dei ricercati Viognier o nella struttura e nel carattere dei blend sontuosi degli Châteauneuf-du-Pape. Il grande fiume che nasce dalle Alpi Svizzere, attraversa la Francia e a Lione devia verso sud, lambisce Avignone e nei pressi di Marsiglia si riversa nel Mediterraneo, è il protagonista del “capriccio” geologico che rende così nobili le uve coltivate fra le colline che ne costeggiano la valle. Il suolo è infatti generalmente composto da detriti granitici e silicei trasportati dal fiume che nei secoli ha operato anche la sua forte erosione.

La collina dell’Hermitage si trova nella parte più blasonata della valle, quella settentrionale, e le uve Syrah coltivate sui suoi pendìì esposti a sud sono in grado di dare luogo a vini di estrema robustezza e longevità, ma anche complessi ed eleganti, peculiarità frutto della percentuale che l’AOC concede alle uve bianche (fino al 15%) marsanne roussanne. In questa zona si produce anche l’Hermitage Blanc, proprio dal blend di uve marsanne, responsabili della struttura, e Roussanne che conferiscono la finezza aromatica. Il clima in quest’area è tipicamente mediterraneo, con inverni miti e umidi, ma è la luce il fattore decisivo. Il terreno magro e minerale, granitico e siliceo, da vita a cloni di syrah molto particolari e diversi da quelli che conosciamo nel nostro Paese o che provengono dal nuovo mondo. L’opulenza “marmellatosa” viene infatti a mancare in questi vini, lasciando il posto ad una struttura di assoluta raffinatezza.

Su questa collina nonno Felix era già un vigneron nel 1927, ma fu papà Henry ad imbottigliare per primo i suoi vini. Oggi Marc Sorrel prosegue questa tradizione sia sugli impianti vitiferi ereditati (piante di oltre 60 anni), sia su altre particelle acquisite, per un totale di 12,5 ettari che in Hermitage non sono affatto pochi. Adotta tecniche di coltura eco-compatibili, utilizzando ancora i cavalli al posto dei trattori, evitando l’uso di insetticidi e favorendo l’azione della vegetazione come mezzo naturale di contenimento per l’acqua. Nei processi di vinificazione, non si effettua filtrazione ed il legno è solo uno strumento di elevazione e di scambio, per cui non viene mai utilizzato legno nuovo.

In occasione del Wine Day (Passioni in Evoluzione) organizzato da Balan a Roma, lo scorso 26 ottobre, oltre  a perdermi tra le 200 etichette che i 50 produttori hanno portato ai banchi d’assaggio, ho potuto conoscere Marc Sorrel ed i suoi Hermitage in una doppia verticale, guidata amabilmente da Antonio Paolini. Tre annate di Hermitage Blanc Les Rocoules che, pur non essendo un cru, viene prodotto con uve provenienti da una particella a terrazze esposta a sud in cui, ogni anno, la vendemmia si adatta alle condizioni climatiche. Lo stesso produttore conferma che le temperature sono ormai stabilmente al di sopra delle medie e che la raccolta delle uve viene continuamente spostata. Les Rocoules è un bianco ricco ed alcolico che affina 15/18 mesi in legno, in questa degustazione sono alla prova le annate 2006, 1998, 1993.

La seconda verticale ha proposto tre annate di Hermitage Rouge Le Gréal, che è un matrimonio ben riuscito fra i due vigneti a syrah di riferimento ed una piccola correzione di marsanne (7/10%). Questo vino, che affina 18/20 mesi in legno, è un esempio di classe, virilità e fascino, in assaggio le annate 2006, 1998, 1991. La serata si è conclusa con una vera chicca, l’annata 1972 di papà Henry.

Hermitage Blanc Les Rocoules 2006

Fra il 2003 ed il 2006 si sono succedute una serie di annate calde e povere di piogge. Questo vino si presenta di colore giallo paglierino con riflessi dorati, con profumi netti di pesca a descrivere la componente fruttata e di miele e pasta di mandorle a chiudere quella speziata. In bocca la frutta appare matura e dolce, ma senza eccessi, denotando una coerenza gusto-olfattiva invidiabile; infatti alla confettura di pesca succede un finale che richiama il miele di tiglio o acacia ed una lunga chiusura minerale. Vino di ampiezza e calore, lungo ed appagante.

Hermitage Blanc Les Rocoules 1998

Annata più regolare sotto il profilo climatico. Il ’98 comincia a dare riscontri evolutivi che all’esame visivo non si evidenziano, infatti nel bicchiere il colore giovanile potrebbe ingannare. Al naso i profumi rivelano un bouquet più avanzato: frutta tropicale disidratata, ananas e fiori bianchi secchi con tracce vegetali, poi note selvatiche e chiusura minerale. In bocca è esplosivo, la vivace leggerezza olfattiva lascia il posto ad una copiosa briosità minerale, con la nota mielosa ampiamente tramontata ed un finale, anzi, vagamente amaricante. Un vino grasso ed elegante con una salinità forte che lascia presagire ancora prospettive di tenuta e che, ai più in sala, ha ricordato lo “stile Valentini”.

Hermitage Blanc Les Rocoules 1993

Il ’93 è stato un anno piuttosto problematico a causa di consistenti piogge che hanno portato muffe sulle uve syrah al punto da impedire la produzione di rosso. Il bianco invece è nel mio bicchiere e ammicca con una tonalità dorata per nulla spenta. I profumi sono misurati ma puliti, composta di pesche e albicocche, rosa appassita e calore. In bocca è sorprendente percepire il tenore alcolico ancora vivo e tenace; il gusto è asciutto ma robusto, il finale regala un retronasale tostato ed un riverbero di miele che rimane a lungo. Un vino pronto, perfettamente integro e godibile nonostante l’età.

Hermitage Rouge Le Gréal 2006

Come detto per il Les Rocoules il caldo è stato protagonista dell’annata e la vendemmia è stata necessariamente anticipata. Il colore è concentrato e fitto, i profumi serrati ma profondi di frutta, più  buccia che polpa, freschezza aromatica e profondità ancora non del tutto intellegibile. In bocca è caldo e fine, con tannini energici, prugna carnosa, olive nere, cacao amaro, e tartufo. Un vino importante e certamente in divenire.

Hermitage Rouge Le Gréal 1998

Il colore cede qualcosa al tempo, ma è pieno e cupo. Al naso offre una leggera pungenza ed un complesso aromatico di grande interesse: frutta a bacca rossa, more, cassis, poi anice e liquirizia. In bocca il frutto è denso e succoso, i tannini sono ben levigati e sostenuti da una spalla acida ancora snella; il retronasale è balsamico e minerale, la liquirizia è ancora presente e la scia speziata si chiude sul tipico aroma di pepe nero. Un grande Hermitage, buonissimo già ora, ma destinato ad un futuro ancora luminoso.

Hermitage Rouge Le Gréal 1991

Annata di grande equilibrio che paga un po’ la grandezza delle annate immediatamente precedenti, ma io non ho avuto mai la possibilità di assaggiarle. Il colore evoluto è granato e tende al  mattonato. L’approccio olfattivo è ampio e avvolgente, la frutta è ben matura, mentre l’allungo speziato sa di caffè e tabacco. Al palato è soffice, i tannini sono vellutati, la confettura si fonde ad una scia minerale e la deglutizione riporta una speziatura complessa e lunga in cui la liquirizia e il cacao sono in evidenza. Un vino da bere, equilibrato e profondo, di assoluto valore.

Hermitage Rouge 1972

Questo assaggio è un regalo di Marc, il terzo vino di papà Henry, una fotografia di cosa era l’Hermitage. Colore che tende al marrone, con qualche precipitato, ma ancora brillante. Profumi molto evoluti, quasi liquorosi. In bocca è commovente, si percepisce ancora intatto il calore dell’alcol ed appare meno stanco che al naso. Un vino ancora caldo e potente, che ha detto tutto … ma che ancora, romanticamente, si fa ascoltare.

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