Sottozona/cru: Taibane – Gambellara (VI)
Uvaggio: garganega
Data assaggi: dicembre 2010
Il commento:
È proprio vero che di sorprendersi non ci si stancherebbe mai. Soprattutto quando non te lo aspetti. Soprattutto quando non ti sembra il tempo. Ancor di più se in compagnia di un vino apparentemente riservato e “silenzioso” come questo qua, ché non ti urla davvero la sua presenza. Eppure la voce è chiara, intonata, autoriale. Il giallo è timido ma i riflessi promettono vitalità. Così è: naso rarefatto, esageratamente pietroso e “mineraolide”, evocativamente scarno. Tutto ricami sottili, sospensioni ed emersioni floreali. Da odorare ancora e ancora.
Poi un palato teso, stilizzato, vibrante, dalla bevibilità straordinaria. Un vino che sa di roccia, con una pervasiva salinità salmastrosa da ricordarti un bicchiere “marinaro”, di quelli che “senton” la costa. Poi scopri che è Gambellara. Un “soffio” di garganega. Pura. Solo dopo mi raccontano della collina e dell’ascendente sentitamente vulcanico dei suoli. Tutto diventa chiaro. E quel vino d’altronde, a ben vedere, di questo ti parla.
Dentro il mio bicchiere un di più di finezza e naturalezza espressiva. Ad un prezzo che non so, aria pulita.
La chiosa:
Giovani vite per vecchie viti. L’innocuo gioco di parole, lo ammetto, non è in grado di trasmettere il portato di idealità e consapevolezza che si cela in un connubio tanto ispirato. 50 anni hanno i ceppi su alle Taibane, molti meno Cristiana Meggiolaro e Riccardo Roncolato, gli artefici di cotanta immedesimazione. Suoli profondamente vulcanici qui (lave basaltiche e tufo), trasposti senza mediazioni in un vino “parlante”, sans signature, nudo e struggente. Ben oltre il nome intricato e scioglilingua che gli è stato dato. Queste giovani vite, queste vecchie viti, reclamano la conoscenza. E sento che un giorno le conoscerò.
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.