Cento sono i vini, tra etichette ed annate, che con mio grande stupore si sono sommate nel lungo lavoro di ricerca e studio intentato nell’universo dei grandi rossi italiani da invecchiamento. Dopo l’esperienza interessante e gratificante nel mondo dei vini passiti, ho voluto sperimentare la stessa tipologia di lavoro in questo affascinante e ben più ampio ambito enologico. Il perché di questa volontà risiede nell’emozione che sento ogni qual volta incontro una di quelle magiche etichette che, provate una volta e riprovate a distanza di qualche anno, sanno trasmettermi quella scintilla emotiva figlia della fiammella che anima questi vini e che chiamo “vita”.
Mi colpisce la capacità che, particolarmente nelle uve rosse vinificate in modo appropriato, consente al vino di crescere, evolvere e mutare nel tempo, un po’ come incontrare una persona in momenti diversi e scoprirla differente, né migliore, né peggiore, ma semplicemente cambiata… più matura. Ci sono le degustazioni verticali che consentono di verificare come un vino possa avere fisionomie variegate a seconda della sua età, ma non è la stessa cosa. Nelle verticali, infatti, si degustano vini prodotti in annate diverse e quindi frutto delle condizioni fito-climatiche caratteristiche di quei particolari anni; certamente un vino frutto della vendemmia 2003 ed uno del 1999 saranno diversi nel rispettivo anno di commercializzazione, ma anche a distanza di dieci anni entrambi continueranno ad esserlo. Non è semplice fare confronti di questo tipo, dovremmo avere l’accortezza di conservare più bottiglie di uno stesso vino e riprovarlo nel corso degli anni, oppure avere la fortuna di re-incontrare casualmente un vino degustato tempo fa. Questo lavoro mi consente di fotografare oggi tutte le etichette selezionate e approfondirne la storia, dalla vigna fino al calice, con un percorso ampelografico e pedoclimatico che attraversa ben 17 regioni del nostro Paese.
Non so se io stesso o chi legge, avremo la fortuna di replicare in futuro queste degustazioni, me lo auguro e spero potremo fare confronti, ma auspico al contempo che in questo servizio qualcuno possa ritrovare qualche vino assaggiato in passato e riscoprirlo. La scelta delle etichette è frutto del caso che mi ha portato ad incontrare vignaioli e bottiglie, non è questa una guida né tantomeno una selezione mirata, confido che nessuno se ne avrà a male se mancherà l’etichetta del cuore … ne mancano alcune che io stesso avrei voluto. La copiosa ed entusiastica adesione dei produttori ha consentito comunque di raggiungere un traguardo numerico che ingigantisce la composizione delle varie schede di degustazione e approfondimento. Così, per non appesantire una lettura che dovrebbe essere un passatempo piacevole, oltre a limitare il più possibile questa introduzione, ho scelto (contrariamente alla volontà iniziale) di suddividere questo viaggio in tre diverse tappe. In questo primo appuntamento incontreremo i prodotti da monovitigni (51), autoctoni e non, per poi perderci nella seconda tappa nel mondo degli assemblaggi (42) e per concludere, al terzo incontro, con un emozionante viaggio nel tempo riscoprendo sette etichette datate almeno 10 anni, dal 2001 a ritroso fino al lontano 1990.
ABRUZZO
FARNESE – Montepulciano Colline Teramane 2006
Farnese è un nome che in Abruzzo può vantare nobili origini risalenti fino al XVI secolo, un trascorso di fasti e banchetti di corte che oggi fanno parte del bagaglio culturale di un’azienda relativamente giovane (1994), costituita da un gruppo di soci dal background vitivinicolo che si è avvalso di collaborazioni e consulenze internazionali e di pregio. Un’impronta se vogliamo moderna che ha saputo diffondere questo marchio nel mondo, ma sempre rispettando la storia e il territorio, esportando l’Abruzzo insieme ai suoi vini, ai suoi sapori e alle sue tradizioni. Lo dimostrano le etichette di base come quelle di punta, a partire da questa Docg che rappresenta la volontà di realizzare un prodotto, da un’uva identificativa di questa regione, che potesse avere un appeal immediato, ma anche la prospettiva di affrontare il tempo vestendo un tessuto di pregio e di spessore. Le uve provenienti dalle vigne di Roseto degli Abruzzi e Colonnella subiscono una soffice pigiadiraspatura e vinificano per circa tre settimane; il vino matura quindi un anno in grandi botti (50hl) prima di affinare altri sei mesi in bottiglia ed essere commercializzato. Si presenta rubino carico con venature violacee tendenti al granato; i profumi sono incisivi, ampiamente fruttati e finemente speziati. Il frutto è tendenzialmente dolce e ricorda la susina matura e il melograno, mentre la vena aromatica sfuma su note di pepe rosa, cacao e goudron. In bocca è bilanciato nonostante un grintoso tannino, saporito, quasi ghiotto, con l’integrazione di fragola e lampone; poi la deglutizione riporta arie di caramella alla liquirizia, tabacco, cenni di vaniglia e di viola. Il vino è centrato, corposo, attuale e brillante, si beve con gusto e promette evoluzioni interessanti.
FARNESE – Montepulciano Colline Teramane Opi Riserva 2006
Nel comune di Colonnella, su terreni di medio impasto e allevate con sistema a pergola abruzzese con una resa di 90 q/h, crescono i grappoli di Montepulciano dedicati a questa riserva della docg Colline Teramane, che Farnese produce con l’intento di regalare emozioni più forti per i palati dei degustatori più attenti ed esigenti. Dopo la raccolta manuale in lieve surmaturazione e la diraspatura, le uve vengono sottoposte ad una pressatura soffice e quindi alla vinificazione che si svolge in poco meno di un mese tra fase prefermentativa e macerazione; la malolattica viene svolta in barriques dove il vino viene poi lasciato affinare per circa due anni. Dopo l’imbottigliamento ed una piccola sosta in cantina viene posto in commercio, e nei calici brilla di un rubino molto compatto con qualche riflesso granato più evidente nell’unghia. Al naso offre profumi intensi di frutta nera e polposa, con note vagamente mentolate, tracce di liquirizia e un fondo di china appena cupo e austero. Al palato entra denso e rivela subito corpo e struttura, i tannini sono ben lavorati e danno spessore al tessuto fruttato che richiama la ciliegia matura e la prugna in confettura; lo sviluppo aromatico è tendenzialmente etereo, con uno spunto di tabacco che prelude al ritorno balsamico, poi pepe, vaniglia e un elegante soffio floreale. Deciso ma garbato, vigoroso ma soffuso, elegante e persistente.
ILLUMINATI – Montepulciano Colline Teramane Riserva Zanna 2005
Ci troviamo nel Teramano, nel comune di Controguerra, dove la famiglia Illuminati rappresenta un’altra storia di vite e di generazioni legate a una terra e alla passione per la viticoltura, attraverso oltre cento anni di tradizioni e vini. Una realtà storica, ma anche una realtà di grandi dimensioni, oltre cento ettari di vigneti di proprietà ed oltre un milione di bottiglie prodotte, tutte con l’attenzione rivolta alla qualità ed alla riconoscibilità del terroir. Lo Zanna è l’interpretazione più accurata di Montepulciano delle Colline Teramane Docg, che Illuminati realizza in una versione Riserva di eleganza sempre raffinata. Sulle marne argillose delle colline che affacciano sul fiume Tronto, cresce il vigneto Zanna coltivato prevalentemente a tendone con recenti impianti a contro spalliera e densità dimezzata. I grappoli, sapientemente diradati nel corso della stagione e accuratamente selezionati, vengono raccolti a fine vendemmia per il caratteristico ritardo di maturazione del montepulciano d’Abruzzo. A valle della pigiadiraspatura, il mosto viene riposto in vasche di acciaio termoregolate per svolgere il processo di macerazione e fermentazione, inclusa malolattica; in seguito il vino viene travasato in botti (25hl) di rovere di Slavonia dove matura per più di due anni. Il vino appare compatto, rubino scuro e lucido, appena scarico nell’unghia; al naso offre un affascinante complesso olfattivo che apre su note di visciole e more per poi virare su carezzevoli toni speziati che ricordano la cannella, l’anice e il tabacco con una scia floreale in sottofondo. Al palato è gustoso e caldo, incisivo e avvolgente, ammorbidito da soffice tannicità; amarene e cioccolato disegnano il tema sensoriale che gioca tra papille e retro nasale, con un tocco di vaniglia che fa da contrafforte ad un finale appena ammandorlato. Espressione classica e riuscita di questa denominazione, che trova nell’armonia l’alter-ego del suo vigore.
ILLUMINATI – Montepulciano Colline Teramane Riserva Zanna 2003
Questa è una piccola sorpresa che faccio al produttore, al quale dedico l’ultimo campione della Riserva 2003 che gelosamente custodivo in cantina, ma che ben si sposa a questo approfondimento sulla vita dei vini rossi. Un’annata che ricordo eccellente e che scaraffata si offre in una cromia turgida e rigogliosa che non mostra affatto i segni del tempo se non in qualche riflesso granato per altro molto intrigante. I profumi, pur denotando un più marcato stato evolutivo nel complesso terziario, si approccia con un frutto integro e maturo che ricorda amarena e visciola sotto spirito; lo svolgimento aromatico si dipana ampio tra note di tabacco, concia ed erbe aromatiche accompagnate da un soffuso tono balsamico. In bocca è ancora denso, caldo e pulito; i tannini sono sofficemente arrembanti e la gustativa gode ancora di un frutto polposo e ben maturo. La deglutizione regala una ventata di aromi preziosi che danzano fra sentori di viola appassita, cacao, liquirizia e mou; il respiro è profondo e la tenuta discreta. Esperienza di spessore che lascia una traccia di sé nel ricordo di queste degustazioni.
ILLUMINATI – Montepulciano Colline Teramane Pieluni Riserva 2006
Ancora Colline Teramane e ancora una Riserva, una riprova del focus di Illuminati su lavorazioni più pregiate e impegnative che consentono di traguardare tempi di invecchiamento ed evoluzione invidiabili e interessanti. Il vigneto Pieluni è esposto a sud nel cuore del territorio di Controguerra, a metà via tra il Gran Sasso e l’Adriatico, godendo dei benefici effetti di entrambi. Il sistema di impianto è realizzato a contro spalliera con una densità di 5000 ceppi/ettaro e una resa di circa 70q/h. Le uve sono lievemente surmaturate in vigna e raccolte manualmente verso la fine di ottobre, quindi diraspate e pigiate sofficemente prima di essere avviate alla vinificazione. Fermentini di acciaio termocondizionati per tutto il periodo della macerazione che dura circa tre settimane e per lo sviluppo delle fermentazioni alcolica e malolattica. Dopo la svinatura si passa in barriques per un periodo di maturazione di due anni, dopodiché il vino viene imbottigliato e lasciato riposare oltre un anno prima della messa in commercio. Appare subito evidente l’elevata concentrazione già all’esame visivo, che mostra un colore scuro e coeso, rubino con riflessi scarlatti e ancora nessun cedimento granato. I profumi sono estremamente intensi, incipiente attacco fruttato con sentori di ciliegia matura, mirto e lampone, bacche succose e gonfie; poi la progressione aromatica che sviluppa note di tabacco, noce moscata, caffè e un elegante soffio floreale di rosa appena sfiorita. In bocca non si discosta di niente dal tema olfattivo, trama fruttata dolce di confettura di amarene a bilanciare il timbro tannico deciso e prepotente che invade il palato. Il post beva è fragrante e complesso, ricco di ricordi speziati di liquirizia, cioccolato, goudron e un tocco balsamico. Del Pieluni rimane lunghissima in bocca l’intensità del complesso gusto-olfattivo, un vino carico e profondo, con un vago ricordo sapido che aiuta la pulizia del palato, che sembra proteso verso un futuro più che intrigante.
ZACCAGNINI – San Clemente 2006
Da quando nel 1982, solo quattro anni dopo l’avvio della prima “Fattoria”, l’attività di Ciccio Zaccagnini si è spostata nel cuore dell’area vitata di proprietà, in Contrada Pozzo, la qualità dei prodotti è sempre stata in costante crescita, a fronte di un focus aziendale estremamente mirato. Il San Clemente è un Montepulciano curato e perfezionato, le cui uve sono allevate su terreni argillo-calcarei con sesti d’impianto sistemati a cordone speronato su spalliera con una resa di 60 q/h. Dopo la vendemmia, rigorosamente manuale e regolata sui tempi di perfetta maturazione fenolica degli acini, si effettua la pigiatura soffice e si avvia il mosto alla macerazione in tini di rovere, dove vengono praticate follature manuali e dove si svolge anche la fermentazione, sotto scrupoloso controllo termico. Il vino ottenuto matura per un anno e mezzo in barriques e riposa almeno altri sei mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. Impatto visivo deciso e lucente, rubino scuro, quasi impenetrabile, con lievi riflessi scarlatti e venature granate. Al naso è intenso e profondo, con sentori fruttati polposi e maturi di ciliegia e amarena, quindi note più evolute di cacao, humus e amaretto. Al palato è cremoso, grazie a tannini ben sviluppati e soggiogati, con un sottofondo di frutti di bosco in confettura; il ritorno aromatico è coerente e pregiato, liquirizia, peperoncino, cioccolato amaro, un tocco di tamarindo e mineralità lunghissima. Caldo, potente e morbido, amalgamato e lungo, solido e gustoso; il San Clemente si fa bere e strizza l’occhio a chi si propone di aspettarlo ancora.
ALTO ADIGE
ERSTE & NEUE – Alto Adige Cabernet Sauvignon Puntay 2007
Dai terrazzamenti che si affacciano sul lago di Caldaro, in cui i quasi 500 soci conferitori della “Prima e Nuova” lavorano con fierezza ed esperienza le proprie uve, provengono i grappoli di Cabernet Sauvignon che compongono questa riserva inserita nella linea di punta dell’azienda. Allevate con la classica pergola, ma anche a guyot, con una resa volutamente bassa, le uve sono vendemmiate a inizio ottobre e avviate alla fermentazione in acciaio inox. Il successivo periodo di maturazione avviene in barriques e dura un anno, poi il vino affina sei mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. Si presenta di colore rubino scuro, ombroso e serrato, con un leggero viraggio scarlatto nell’unghia. Al naso è abbastanza coeso, la frutta rossa si intreccia al tessuto speziato in una girandola di aromi fragranti; amarena e mirto in dualismo con note vegetali di peperone, caffè e goudron. Al palato arriva diretto, poi si allarga corposo e moderatamente sapido, la prugna e la marasca delineano il tema fruttato e il rabarbaro, con liquirizia e cacao amaro, quello speziato. I tannini sono vividi, appena sopra le righe, ma il tenore acido ne è a sostegno e armonizza la beva, il finale è discretamente lungo e balsamico. Buono e fragrante, con un’impronta austera e profonda che non passa inosservata.
BASILICATA
TERRE DEGLI SVEVI – Aglianico del Vulture Serpara 2006
La Basilicata è sempre stata una regione enologicamente difficile da domare e affatto prodiga di volumi, poche etichette, vini generosi e piuttosto “meridionali”. Da qualche tempo però il Vulture si sta rivelando un terroir in grado di conquistare sempre più credibilità sotto il profilo squisitamente qualitativo, grazie in primis alla bontà dell’Aglianico del Vulture, che sui più bassi pendii dell’antico vulcano ha saputo trovare condizioni pedoclimatiche ideali, ma grazie anche agli investimenti ed alla imprenditorialità di appassionati viticoltori, ma anche di grandi nomi come quello del Gruppo Italiano Vini, che nel 1998 ha acquisito questa bella azienda di Venosa. Vendemmiati in pieno ottobre, per assecondare la lenta maturazione delle uve, i grappoli vengono sottoposti ad una vinificazione tradizionale, curata dall’esperto enologo Nunzio Capurso, che prevede circa tre settimane per la fermentazione alcolica e la macerazione, con singoli rimontaggi giornalieri. Dopo la svinatura avviene il travaso in barriques (metà nuove e metà di secondo passaggio) di Allier per il completamento della malolattica e per un successivo periodo di elevazione che dura circa un anno. Il vino appare torvo e compatto nel calice, il rubino si mesce al granato e al ruggine in timidi riflessi. Il naso è investito da una trama aromatica bene amalgamata tra note di frutti di bosco e l’alone terziario richiama humus, tabacco e pietra focaia, con un bel ritorno vegetale di genziana e macchia mediterranea. Al palato mostra un carattere davvero grintoso, personalità e complessità; prugna disidratata, mineralità calda e tannino ben scolpito che fa da corredo e sostegno al tempo stesso. Risulta lungo e bilanciato questo Aglianico, ben lavorato e solido, dalle proprietà gusto-olfattive molto particolari; un monolito che si fa toccare senza asperità, ma che infonde netta la sensazione di una longevità fuori del comune.
CALABRIA
SENATORE – Cirò Rosso Classico Arcano Riserva 2005
Passione e competenza, tradizione e rinnovamento, queste le parole che rappresentano i valori di un’azienda di stampo giovane e moderno nata sulle fondamenta di quattro generazioni di viticoltura. I riscontri del mercato sono a testimoniare la riuscita di questo progetto che porta il vino prodotto nella “punta dello stivale” a mietere riconoscimenti e apprezzamenti ovunque. Il Cirò è il vino della tradizione, quello che al meglio racconta la Calabria attraverso il suo carattere e la sua generosità; la Riserva Arcano proviene da vigneti in località Corfù, dove il gaglioppo è coltivato a spalliera con cordone speronato su terreni argillo-calcarei, con una densità di impianto di 5000 ceppi/ettaro ed una resa di 80q/h. Dopo la raccolta e la pigiadiraspatura, le uve sono vinificate in modo strettamente tradizionale, usando le tecnologie ed i materiali più avanzati, ma non discostandosi mai dalla procedura che da sempre rende unico il Cirò. Macerazione e fermentazione in acciaio a temperatura controllata, svinatura e passaggio in botti di rovere da 25 hl per due anni prima di essere imbottigliato e posto ad affinare in cantina ulteriori quattro mesi. Ne scaturisce un vino rosso rubino cupo e impenetrabile, con profumi penetranti e coesi di bacche rosse e macchia mediterranea, accompagnati da soffici note floreali di viola e rosa a corredo; un po’ timido a schiudersi, regala in allungo note di cacao, china e tabacco. In bocca è robusto, ma i tannini sono ben lavorati, il tempo sta facendo il suo mestiere e lo stato evolutivo del vino è ottimale, con un bel tono acido e una sapidità inaspettata. More in confettura e mirto, poi ancora tracce vegetali e minerali di iodio che anticipano il ritorno speziato; liquirizia e pepe nero chiudono i riscontri retronasali lasciando una traccia appena amaricante. Naso serrato e gusto più aperto, ma belle sensazioni e una piacevole lunghezza balsamica.
CAMPANIA
FEUDI DI SAN GREGORIO – Irpinia Aglianico Serpico 2007
Il Serpico nasce da uve aglianico in purezza nel cuore del terroir Taurasi, da cui tipicamente si ricavano vini di rara vigoria e muscolosa presenza che fanno della Docg taurasina la punta di diamante dell’enologia irpina; ma il Serpico non è un Taurasi. Realizzato infatti per offrire un’espressione più accessibile di Aglianico, sfugge il disciplinare per incontrare al meglio le corde emozionali di chi ha la fortuna di degustarlo. Un vino che viene prodotto con estrema cura ai dettagli e ad ogni fase produttiva, dedica il nome al paese che ospita questa storica cantina e si offre a palati dal gusto raffinato. Le uve provenienti da vigne secolari macerano e fermentano per circa tre settimane in contenitori di acciaio inox, poi il mosto viene lasciato maturare per un anno e mezzo in barriques di media tostatura; dopo l’imbottigliamento il vino affina altri 8 mesi in cantina prima della commercializzazione. Di colore rosso rubino fitto, si accosta al naso con un complesso aromatico molto ampio e penetrante, dove emergono note di marasca, viola, liquirizia e caffè, ma sfumano speziature anche dolci di pepe verde e noce moscata. In bocca ha uno spunto acido interessante che agevola l’impatto tannico a sua volta tonico ma non invadente; ancora frutta rossa in confettura, poi tracce di sottobosco, humus e un respiro minerale. Un vino che viaggia come un equilibrista sul fragile confine tra potenza e armonia, intensità ed eleganza, emozionante oggi e certamente toccante fra qualche anno. Un prodotto di nicchia che conta qualche decina di migliaia di bottiglie all’interno di una produzione totale che ne snocciola qualche milione, una nicchia da frequentare.
FEUDI DI SAN GREGORIO – Taurasi Piano di Montevergine 2002
Il Piano di Montevergine è il cru di Taurasi che nel corso degli anni Feudi ha isolato in una felice parcella che rende all’aglianico tutta la sua vitalità e pienezza espressiva. Fermentazione e macerazione in acciaio per circa venti giorni, riposo in barriques per un anno e mezzo e affinamento in bottiglia fino allo scadere dei tempi imposti dal disciplinare. Si presenta di colore rubino scuro con venature e unghia granate; offre profumi incisivi all’insegna del sottobosco e rovi, con fragranze di bacche nere e vegetazione che si stemperano su accenni di vaniglia e spezie orientali. Al palato si concede integro, compatto, fresco e vigoroso; confettura di prugna e amarena, su un denso residuo tannico, accompagnano il fine e variegato complesso speziato, con un ritorno languido di viola appassita e radice di liquirizia. Un vino che dimostra tutto il carattere e la longevità del Taurasi e chiude il cerchio dell’equilibrio e della persistenza.
FEUDI DI SAN GREGORIO – Aglianico del Vulture 2007
Generoso e “verace” l’aglianico è un’uva anche “suscettibile”, che reagisce al microclima imposto dal terroir in modo piuttosto sensibile. Una volta ho avuto il piacere di partecipare ad una verticale del più ricercato Serpico con la presenza dell’enologo Riccardo Cotarella, il quale definì questo vitigno un “purosangue”. Acini virtuosi in grado di esprimersi con molteplici peculiarità all’interno di uno stesso areale laddove le condizioni pedoclimatiche disegnano un mosaico variegato di caratteristiche importanti come escursione termica, esposizione, umidità, composizione del terreno e ventilazione. Un cavallo di razza insomma a cui le principali classificazioni in sottozone (Taurasi, Taburno o Vulture, ma anche Campi Taurasini per la doc Irpinia) non rendono giustizia e ne imbrigliano addirittura le poliedriche potenzialità. Feudi propone questa versione della sottozona Vulture avviata alla macerazione e fermentazione in tini di legno, poi maturata un anno e mezzo in barriques di Allier e infine affinata 8 mesi in bottiglia. L’aspetto è rubino serratissimo, con lievi riflessi vermigli; i profumi sono piuttosto accesi e pungenti e ricordano le visciole sotto spirito e la buccia di prugna nera, con un lieve accenno vanigliato e mentolato in chiusura. In bocca entra piuttosto deciso, graffia appena le gengive, poi i tannini si arrotondano e lasciano spazio a note di amarena in confettura, un tocco vegetale e, alla deglutizione, un soffio balsamico vagamente piccante.
VILLA RAIANO – Irpinia Aglianico 2007
Quindici anni di vita e una escalation incredibile per questa azienda, giovane e dinamica, figlia del grande amore di Sabino Basso per la viticoltura e del coinvolgimento appassionato del fratello Simone e del cognato Paolo. Una famiglia storicamente votata all’olio, ma sentimentalmente vocata al vino di qualità. L’aglianico in degustazione è volutamente un entry level della produzione, che arriva a punte di eccellenza consolidate come il Taurasi Cretanera, ma in questa veste così franca, verace e scevra da disciplinari, l’Aglianico stesso, inteso come uva, racconta in modo egregio e schietto il valore di un territorio. L’uva è protagonista e la sua vita è il suo patrimonio, vissuta su terreni argillo-calcarei, in 5000 ceppi/ettaro allevati a guyot e diradati fino a 80q/h. Viene raccolta a mano, ai primi di novembre, quando la maturazione dell’acino è finalmente piena; viene diraspata e pigiata con delicatezza per dare il meglio di sé e vinifica in acciaio con lenta macerazione, fermentazione e affinamento. Il vino è rubicondo, scuro con spunti violacei, emana profumi incisivi e fruttati, rigogliosi di frutto nero e vaporosi di essenza floreale di viola; soffermandosi sulla lenta apertura aromatica, si percepiscono quasi trattenute, note vegetali, di humus e rabarbaro. In bocca è nervoso, viscerale, con tannini aspri ma non aggressivi che pian piano si assestano al palato; prugna carnosa e tracce di marasca, poi un ritorno piacevole di liquirizia e pepe nero che allunga il respiro post-beva lasciando un ricordo minerale. Irpinia e Aglianico in piccoli sorsi, da saper apprezzare per la genuinità gusto-olfattiva e per la pulizia delle fragranze.
EMILIA ROMAGNA
FATTORIA PARADISO – Barbarossa Il Dosso 2005
Nella Fattoria Paradiso, un nome che dice tutto, su un poggio che domina Bertinoro, sorge l’antica villa romana che fu dei conti Lovatelli e dal 1853 è proprietà della famiglia Pezzi. Ho già raccontato la storia e le vicende di questa famiglia e dell’azienda che in questa proprietà è stata sviluppata, cantina e agriturismo, attività svolte con maniacale cura di ogni dettaglio, primo fra tutti l’eco-sostenibilità di ogni processo produttivo. Recupero dei vitigni autoctoni e storici, selezione accurata dei materiali come il legno delle botti, il sughero dei tappi, i polilaminati privi di residui di piombo per le capsule, la carta per le etichette d’autore e perfino i cartoni per le confezioni. Ognuno di questi dettagli è rigorosamente seguito e concorre alla realizzazione di un prodotto di qualità superiore. Il Barbarossa fa storia a se, nel vero senso della parola; vitigno “unico” che il patron Mario Pezzi scoprì casualmente nella vigna del Dosso nel lontano 1955 e il cui nome fu dedicato all’imperatore Federico in onore del suo soggiorno nella rocca di Bertinoro. Il terreno tipico di questa zona è ricco di calcare, tufo e roccia gialla, e su di esso l’uva Barbarossa ha trovato un habitat naturale per esprimere un’identità esclusiva al mondo. Dopo la vendemmia manuale i grappoli macerano qualche giorno in vasche d’acciaio termoregolate, poi passano in legno per la fermentazione malolattica e affinano quindi in barriques di Allier per due anni prima della sosta in bottiglia che precede la vendita. Il colore è intenso e tenebroso, rubino attraversato da lampi granati, offre profumi fruttati di cassis e mirtillo, con piacevoli arie speziate che ricordano il cacao, la cannella e il tabacco, con un respiro balsamico e floreale. L’assaggio rivela una freschezza preziosa che avvolge una struttura tannica e fruttata, con fragranze di ribes e ciliegia; la traccia speziata che accompagna la deglutizione è ricca di sfumature, tra cui caffè, pepe rosa, vaniglia e un tocco di liquirizia. Vino intrigante e armonioso, di buon corpo e acidità, in una interessante fase evolutiva, tutt’altro che banale.
FATTORIA PARADISO – Sangiovese di Romagna Vigna delle Lepri Riserva 2006
Il Vigna delle Lepri può vantare due primati: è stato il primo Sangiovese in purezza (prodotto in Romagna) affinato in legno, ed il primo della regione ad essere incluso nella carta dei vini del Quirinale. Un vero e proprio cru di Sangiovese che i winemakers Roberto Cipresso e Jacopo Pezzi hanno valorizzato elevandone sia la vinificazione a Superiore, sia l’invecchiamento a Riserva. Le uve provenienti dal vigneto delle Lepri situato a Capocolle di Bertinoro su terreni tufaceo-calcarei ricchi di roccia gialla, allevate a cordone speronato, vengono raccolte rigorosamente a mano. La vinificazione viene avviata in contenitori di acciaio per un più rigido controllo delle temperature durante la prima fermentazione e la macerazione, poi il mosto viene trasferito in botti di rovere di Slavonia dove svolge la malolattica e matura per due anni includendo un passaggio in barriques; un anno di riposo in bottiglia precede la messa in commercio. E’ rosso rubino intenso e brillante, con aromi puliti di more e amarene, evoluzioni aromatiche di cacao, liquirizia e chiodi di garofano, con un refolo floreale. Al gusto impone una struttura solida con un’impalcatura tannica vibrante ben sorretta dall’alcol; offre fragranze di prugna e ciliegia in confettura, cui seguono note di pepe e nocciola con un intrigante inviluppo dolce amaro di rabarbaro e vaniglia. Elegante e persistente, con un bel ritorno fruttato, si fa bere con soddisfazione.
FRIULI VENEZIA GIULIA
CANTARUTTI ALFIERI – Schioppettino 2003
Lo schioppettino che Antonella e Fabrizio hanno voluto offrire per questa avventura sensoriale è un esempio di come quest’uva così indigena, così fieramente friulana, sappia affrontare il tempo con pazienza e profondità. Le uve vendemmiate manualmente vengono sottoposte a pigiatura soffice e avviate alla vinificazione secondo i processi consolidati per i vini rossi. Pressatura soffice, macerazione sulle bucce con oculati rimontaggi e delestage per una ottimale estrazione e fermentazione alcolica, il tutto sotto rigidissimo controllo termico. Lo Schioppettino viene quindi svinato e lasciato in serbatoi di acciaio per una fase di illimpidimento per decantazione naturale; subito dopo avviene il travaso in carati di legno ungherese da 300 litri ove rimane per un anno e mezzo, durante il quale svolge fermentazione malolattica e matura lentamente. Si presenta lucido e granato nel bicchiere, con riflessi in chiaro-scuro; l’olfatto viene stuzzicato da sentori terziari piuttosto marcati che ricordano il catrame, l’incenso, la cannella e il tabacco, con note officinali in sottofondo e un alone di frutta cotta e nocciola. In bocca è caldo e leggiadro, nonostante si avvertano intatte la stoffa e la struttura, i tannini hanno lasciato un timbro polveroso e il sorso regala un ritorno sapido e un senso di freschezza invidiabili. La confettura di prugne è tenue ma presente, le spezie corredano il finale che rivela un registro balsamico con ricordi di arancia candita. Una tenuta interessante e intellegibile che trasmette il senso del tempo e della terra.
GIOVANNI DRI – Schioppettino Monte dei Carpini 2006
Persona invidiabile Giovanni Dri, che realizza i suoi sogni con incredibile successo; la sua “capanna” è uno di questi, una cantina disegnata di pancia e realizzata in sintonia con il rapporto che lo lega alla natura attraverso l’utilizzo di materiali antichi e tradizionali per resistere anche ai fremiti della terra stessa. In questa cantina prende vita lo schioppettino che Stefania vinifica con cura attraverso un invecchiamento diversificato, un anno in legno e sei mesi in acciaio, con un riposo di almeno altri sei mesi in bottiglia prima di essere venduto. Nel calice è una macchia scura impenetrabile, che emana profumi intensi di frutta carnosa e spezie avvolgenti. Entra in bocca con la decisione di tannini scalpitanti, abbraccia il palato con fragranze di mora e prugna abbastanza mature, si impossessa di papille e recettori con gli aromi di noce moscata, pepe, incenso e tamarindo. Un vino potente e avvolgente, minerale e persistente, dal carattere forte e marcato, pienamente friulano.
GIOVANNI DRI – Pignolo Monte dei Carpini 2007
Il pignolo è un altro emblema del legame che unisce questa azienda, le persone che la vivono e la terra friulana; un vitigno che non si è perduto proprio grazie al lavoro di recupero dei viticoltori più ancorati al loro territorio e che hanno saputo cogliere in ogni suo frutto un potenziale espressivo importante. Il pignolo che la famiglia Dri produce riposa in barriques per due anni e arriva nei calici di degustazione con una veste concentrata e inesplorabile. I profumi sono primariamente fruttati, poi lievemente vegetali e infine ampiamente speziati. Al palato è fedelmente pieno, articolato e complesso, con tannini incisivi bilanciati da un grande nerbo acido; le fragranze ricordano ribes e lampone, cioccolato, tabacco e vaniglia. Il sorso è pieno e succulento, la bocca rimane a lungo irrorata e la sensazione è che il vino potrà dare ottime emozioni ancora per molto tempo.
LA RONCAIA – Refosco 2007
Sono trascorsi più di quarant’anni da quando Mario Fantinel, albergatore e ristoratore friulano, acquisì i primi vigneti; è passato attraverso tre generazioni il legame simbiotico tra questa famiglia e il Friuli. In tutto questo tempo il refosco dal peduncolo rosso, di antica origine, è stato sempre coltivato con passione cura, ricavandone un vino che sempre più ha saputo conquistare gli appassionati e attenti consumatori. Per rendere al meglio il suo estratto di frutto, La Roncaia lo vendemmia tardivamente e ne lascia appassire una porzione per circa tre settimane prima di avviarlo alla vinificazione, secondo un processo affinato per enfatizzare al meglio le caratteristiche del vitigno. I grappoli diraspati ma non pigiati vengono posti a macerare finanche sei settimane in tini di rovere da 50 hl a temperatura rigidamente calmierata; durante questa fase, sistematiche follature quotidiane vengono operate sul mosto. Dopo un breve passaggio in acciaio per l’illimpidimento, il vino viene tradotto in barriques di primo e secondo passaggio dove un paio di travasi trimestrali consentono la naturale decantazione di eventuali depositi. Il periodo di maturazione in legno si prolunga ancora un anno fino al raggiungimento del giusto grado di maturazione, dopodiché si passa in bottiglia per un ulteriore affinamento di circa sei mesi. Nel calice brilla intensamente tra rubino e amaranto con rari bargigli violacei, emana profumi avvolgenti di more e lamponi e solletica l’immaginario descrittivo con accostamenti a molteplici fragranze. In bocca si impone la confettura di prugne e ciliegie, con un abbraccio caldo che dribbla i tannini e accomuna dolcezza e sapidità; un sorso ghiotto che riporta un retro-olfatto profondo con aroma di liquirizia dolce e chiodi di garofano. Non sono un esperto di Refosco, ma l’impressione di un vino estremo nel suo genere mi accarezza, sfrontato e ammiccante, robusto ma agile.
VIGNA PETRUSSA – Schioppettino 2007
Può essere davvero orgogliosa di questo vino Hilde Petrussa, primo presidente dell’Associazione Produttori di schioppettino di Prepotto, sempre estremamente attenta alle soluzioni tecniche. Lo ricava dai grappoli di Ribolla Nera che alleva con sistema a guyot con una densità d’impianto di 3.500 ceppi/ettaro ed una resa (bassa) di 40q/h. Una volta raccolte e pressate, le uve sono poste a macerare sulle bucce e durante l’intera fase vengono sottoposte a opportuni rimontaggi alternati a délestages; dopo lo svolgimento della malolattica il vino matura un anno e mezzo in barriques prima di essere imbottigliato. Colore integro, rubino carico con riflessi ancora purpurei, si offre al naso pieno e incisivo, con un respiro ampio e articolato su note di visciole e lamponi che si intrecciano a sentori floreali di ciclamino e nuance speziate di caramello, chiodi di garofano, tabacco e pepe. In bocca è polposo, fresco e giustamente tannico, con dinamicità stimolante e fragranze gustose; more e lamponi in avvio, poi cioccolato, incenso e vaniglia. Un vino profondo, complesso e strutturato, elegante ed equilibrato, incisivo e persistenze, costruito con una materia prima eccellente e realizzato egregiamente.
LOMBARDIA
NINO NEGRI – Sfursat 2006
Siamo nel territorio della Valtellina, scenario suggestivo e vocato ai grandi vini da invecchiamento con l’impronta di una materia prima di assoluto valore come il nebbiolo (qui chiavennasca). Questo contesto riconduce in modo naturale all’azienda Nino Negri, nata oltre un secolo fa e le cui cantine ancora oggi sfruttano strutture originali, che 65 anni fa veniva registrata con l’attuale nome. Una storia lunga che attraversa le vicende di una famiglia e di società straniere, attraverso il coinvolgimento di altre aziende vinicole e di scelte mirate e felici, che hanno portato oggi l’azienda a rappresentare al meglio la viticoltura valtellinese di qualità e ad essere un marchio di punta del Gruppo Italiano Vini. Lo Sfursat (o sforzato) è il primo rosso secco ottenuto da uve appassite ad ottenere la Docg nel 2003; un vino pregiato e tradizionale, di origini antichissime, che rappresenta un vero collegamento con il passato ed il vertice produttivo valtellinese. Per questo Sfursat Tradizionale (l’eccellenza è rappresentata dalla selezione 5 Stelle) vengono selezionate le uve dalle vigne più vocate (Inferno, Grumello e Fracia) sui terrazzamenti che dalle Alpi Retiche affacciano sull’Adda. Allevati a guyot con modifica ad archetto, su terreni franco-sabbiosi, i grappoli migliori sono vendemmiati manualmente e posti ad appassire in cassette da sei chili per un periodo di tre mesi. Quando gli acini raggiungono il grado di disidratazione voluto vengono pigiati e avviati alla tradizionale vinificazione in rosso: circa due settimane di macerazione, fasi fermentative e breve sosta in acciaio prima del passaggio in legno, parte in barriques (20 mesi) e parte in botti di rovere da 20-50 hl. Nel calice appare rubino-granato, con riflessi amaranto e mattone e offre profumi di ciliegie e more mature accompagnate da una scia floreale di rosa appassita; l’evoluzione aromatica regala spunti di resina, nocciola tostata e cardamomo. La degustazione rivela una consistenza cremosa e una trama tannica levigata e cioccolatosa, la fragranza fruttata tende alla confettura, quella terziaria è coerente e ampia, con ulteriori riscontri retronasali di liquirizia dolce, cannella e chiodi di garofano. Vino eccellente di grande godibilità, concentrato e tannico, irretito da note gustose e avvolgenti, con un piacevole contrafforte sapido.
NINO NEGRI – Valtellina Superiore Vigneto Fracia 2006
Il vigneto “Fracia” nasce nel lontano 1922, piantato a “rittochino” ed allevato a guyot, e subisce un rinnovamento circa quindici anni fa, con sistemazione dei filari a “giropoggio” e densità di impianto di 4000 ceppi/ettaro con una resa di circa 70q/h. Un vigneto storico quindi, su cui la proprietà ha voluto investire per perfezionarne resa ed espressività nell’ottica della continuità e della tradizione. Vendemmiati in leggero ritardo, seguendo attentamente gli indici di maturazione dei vari ceppi, i grappoli di nebbiolo sono raccolti a fine ottobre e sottoposti a pigiatura soffice per poi passare il mosto in vinificatori termoregolati per una settimana. Successivamente il vino viene travasato in barriques per completare la fermentazione alcolica e svolgere quella malolattica, permanendovi circa quindici mesi prima di essere imbottigliato e riposare ulteriori sei mesi in cantina. Si propone rubino limpido con riflessi granati, sviluppando profumi ampi e complessi di bacche nere e selvatiche, di rovo e cespuglio, accompagnate da essenze aromatiche fragranti di tabacco, cumino, caffè e cardamomo e da un velo floreale leggero. Al palato è piuttosto corposo, giustamente tannico e fresco in bell’equilibrio; si avverte il gusto polposo della confettura di more e ciliegie, poi il ritorno aromatico con ricordi di cioccolato, cuoio fresco, mandorla e tamarindo. Un vero e proprio cru che porta in sé quasi un secolo di storia, articolata tra le tante sfumature che naso e bocca possono apprezzare.
NINO NEGRI – Valtellina Superiore Sassella Le Tense 2007
La chiesetta della Sassella alle pendici del promontorio omonimo deve il suo nome alla ruvidezza dell’impervio territorio che la ospita lungo lo scosceso pendio della Alpi Retiche; a sua volta offre il suo nome alla seconda sottozona (per estensione) della Docg Valtellina Superiore. E’ un vino storico della Valtellina e ne rappresenta forse il simbolo con i suoi 150 ettari eroicamente vitati sui terrazzamenti che a precipizio si affacciano sul fiume Adda. L’interpretazione che la Nino Negri propone di questo vino, pregno di significato e memoria, viene prodotto con il miglior nebbiolo dei vigneti più pregiati (Minè, Longoni e Chiesa Sassella) della sottozona, allevate a guyot (rettificato ad archetto) con una densità di 3500 ceppi/ettaro e una resa di circa 60q/h. Raccolti ovviamente a mano nella prima decade di ottobre, i grappoli diraspati e pigiati vengono posti a macerare circa quattro giorni in fermentini termoregolati e, dopo un breve riposo in acciaio, il mosto passa in legno per circa dieci mesi. La maggior parte (80%) della massa viene posta in barriques francesi e americane usate, mentre la restante parte (20%) matura in botti di rovere di Slavonia da 80 hl. Dopo un congruo riposo in bottiglia arriva nei calici con una veste cromatica rubino brillante e luminosa. All’olfatto è garbato e arioso, profumi di frutti di bosco si intrecciano a sentori speziati di cacao e china, con note di tostatura e vaniglia. In bocca è dinamico, con un attacco tannico grintoso che pian piano sfuma nel frutto dolce, prugna secca e confettura di amarena; la deglutizione riporta aromi di caffè, frutta secca e cedro candito. Un vino robusto e agile, brioso e piuttosto complesso, con una discreta lunghezza e un carattere diretto e distinto.
MARCHE
STROLOGO – Rosso Conero Julius 2007
Premetto che non conosco Silvano Strologo, che è la prima volta che mi capita di parlare dei suoi vini e che, come faccio in questi casi, cerco informazioni attraverso contatti, amici e colleghi per avere un quadro dell’uomo che anima l’azienda vinicola. Ecco ci sono delle volte, e questa è una di quelle, in cui mi viene davvero una gran voglia di partire e andare a trovare il personaggio in questione; perché tutte le informazioni che mi giungono parlano di una persona speciale, che fa il vino perché ama il vino, che conosce il suo “mestiere” come se stesso, che rispetta la sua terra e ne trae il meglio per valorizzarla, che è cordiale e autentico. Con queste premesse mi accingo a raccontare ciò che i vini di Silvano Strologo mi hanno raccontato a loro volta di lui e della sua terra. Lo Julius è un’espressione molto fluida e solare del montepulciano che respira l’aria mite dell’Adriatico e si bea della fresca brezza del Monte Conero. Viene allevato con sistema a cordone speronato con una resa di 80q/h e viene vendemmiato con perizia quando è al massimo dello stato di maturazione. La macerazione viene avviata con sistema misto, parte in tini di rovere e parte in piccole vasche di acciaio termoregolate. Dopo circa tre settimane, svolta anche la fermentazione alcolica, il mosto passa in fusti di legno di diversa grandezza (fino a 60hl) dove svolge malolattica e matura per sei mesi; in seguito viene imbottigliato e affina altri sei mesi in cantina prima della vendita. L’aspetto visivo è rubino lucido con venature purpuree luminose; i profumi si rivelano subito eleganti, di grande armonia nel gioco sottile tra frutto e spezie. Fragranze di mora e ciliegia si intrecciano a sentori boschivi di vegetazione fresca e umida, con un refolo di caffè e tostatura. In bocca il fruttato è pieno e gustoso, l’amarena si unisce al corredo olfattivo dando il benvenuto al palato che, appena addolcito, viene graffiato con garbo da tannini irridenti. Il sorso è pieno e fresco, lascia un aromatico ricordo balsamico e di liquirizia con un tocco affumicato e un ritorno piacevolmente sapido. Davvero notevole, soprattutto se si considera il prezzo di questo vino, che non arriva a 10€ in enoteca e che sviluppa quindi un rapporto qualitativo estremamente vantaggioso.
STROLOGO – Rosso Conero Traiano 2006
Il Traiano è un’altra interpretazione del territorio del Conero, dove le uve vengono allevate parte a cordone speronato e parte a guyot, con una resa di 60 q/h e vendemmiate in leggera surmaturazione in piccole casse per essere avviate alla vinificazione. La fase prefermentativa avviene in tini di rovere, mentre la malolattica e l’affinamento si svolgono in barriques prevalentemente nuove (70%) e di secondo passaggio (30%) per un periodo di circa un anno e mezzo, durante il quale frequenti batonnage consentono un’estrazione ideale. Dopo la svinatura e l’imbottigliamento il vino riposa in cantina altri sei mesi prima della commercializzazione. Nel calice appare rubino scuro, piuttosto fitto, con rare venature granate; al naso prevale in avvio la frutta matura, tra cui ciliegia e amarena, poi si sviluppa la trama aromatica con sentori di torrefazione, pepe ed eucalipto. In bocca il vino è caldo e piuttosto denso, si avvertono fragranze di prugna e marasca, mentre i tannini sviluppano una ragnatela che trattiene i sapori al palato. Deglutendo si avverte il lavoro del legno con ritorni terziari pregiati di tabacco, radice di liquirizia, mallo di noce e humus; nel finale una bella scia minerale. Elaborazione più ricercata per un riscontro robusto e persistente, strutturato e composito, un po’ rigido nello sviluppo aromatico, ma con ottime prospettive per un percorso evolutivo di sicuro interesse.
STROLOGO– Rosso Conero Decebalo Riserva 2006
Raffigurato sul lungo percorso storico narrato dalla Colonna Traiana in Roma, Decebalo fu sovrano della Dacia, descritto come abile stratega, esperto ed astuto, che a lungo fu nemico dei Romani fino alla capitolazione che gli costò il suicidio. Forse Silvano Strologo è un appassionato dell’impero Romano, oppure la traduzione di Decebalo, che significa “forte come dieci”, ha ispirato la giusta solidità per rappresentare questa riserva di Rosso Conero, le cui uve montepulciano sono allevate a guyot con una resa di 60q/h. La raccolta dei grappoli leggermente surmaturi precede la cernita dei frutti migliori e l’avvio dell’elaborato processo di vinificazione. La fermentazione avviene in tini di rovere sotto attento controllo termico, il mosto viene quindi travasato in vasche di acciaio dove decanta per 24 ore prima di essere tradotto in barriques nuove unitamente alle fecce nobili, dove permane almeno un anno durante il quale si ripetono cicli di batonnage settimanali. Una volta svinato e imbottigliato il vino affina almeno un altro anno in bottiglia prima della commercializzazione. L’aspetto è severo e cupo, quasi nero, con rare venature tra il viola e il rubino più visibili all’unghia; ondeggia denso nel calice a cui si aggrappa con tenacia formando piccoli archi vermigli. Al naso sprigiona olfattiva intensa e fruttata, con aromi caldi di ciliegia e mora mature; si avverte la spinta alcolica mentre si aprono particolari arie speziate di pepe, cannella, chiodi di garofano, concia e fieno. L’ingresso in bocca è pingue e spregiudicato, invade il palato con tannini non del tutto domati e con la potenza dei suoi 14°, impadronendosi di papille e gengive senza mezze misure. La masticazione e il sorso rivelano la vera forza di questo vino e la sua classe, prima una calmante confettura di prugne e marasche, poi un prezioso rilascio sapido e quindi un generoso e articolato sviluppo aromatico. Uno stillicidio di spezie che ricordano liquirizia, caffè, macis, eucalipto e vaniglia per un finale interminabile e variegato. Un vino generoso e abbondante, da provare e riprovare in un futuro non immediato, che riserverà emozioni vere, dedicato a palati che sfuggono la banalità.
PIEMONTE
CERETTO – Barolo Bricco Rocche Brunate 2006
Le Langhe accolgono un’infinità di storie di uomini e di vini, di vigneti e vignaioli, di paesi e frazioni, di famiglie e di cantine. La famiglia Ceretto non tradisce questo clichè e attraversa il “romanzo” delle Langhe con le sue pagine di vita e di vigna. Il prologo lo scrive Riccardo, che fonda il nucleo di Alba; la trama la sviluppano i figli Bruno e Marcello, che infondono una svolta commerciale, tecnica e imprenditoriale all’azienda. Oggi la terza generazione Ceretto è impegnata nel gestire un marchio sviluppato in una rete di piccole aziende nell’azienda, legate alle diverse cantine dislocate tra i 120 ettari di vigneti, proiettati al futuro e a nuove pagine ancora da scrivere, forti di un trascorso e di un bagaglio di etichette che parlano di Langhe e di Piemonte. Il nebbiolo che dà origine al Barolo Brunate nasce nel vigneto di La Morra su terreni prevalentemente argillosi e limo-sabbiosi, particolarmente ricchi di magnesio; le uve vengono avviate alla vinificazione in serbatoi di acciaio termoregolati dove sostano poco più di una settimana a cappello emerso subendo rimontaggi automatici. La settimana successiva si svolge la macerazione a cappello sommerso e in seguito il vino matura due anni e mezzo in piccoli carati di legno. Ha un colore rubino intenso e brillante e sviluppa profumi caldi e vellutati dall’approccio floreale, rosa e viola, dal tema fruttato di prugna e gelso, e dallo sviluppo aromatico sottilmente composito, cacao, china e macis. In bocca è caldo e progressivo, i tannini non feriscono ma avvolgono, il sottobosco accoglie la rosa, la trama speziata rivela note di cuoio, radice di liquirizia, anice e tabacco, con un velo fumé. Interpretazione virtuosa e raffinata, già ricca di sfumature e sostanza, ma in viaggio per stupirci tra qualche anno.
CERETTO – Barolo Bricco Rocche Prapò 2006
Ancora dalla Cantina Bricco Rocche di Castiglione Falletto, un Barolo ambasciatore di una filosofia aziendale e di un’identità “langarola” percepibile in modo diverso e rappresentativo per ogni specifico vigneto e per ogni substrato di ogni singola parcella. In una produzione totale che sfiora il milione di bottiglie, ognuna di esse racchiude in se tutto il carattere e la diversità delle uve coltivate in microambienti variegati sotto il profilo pedoclimatico. Le uve che concorrono al Prapò sono allevate nel comune di Serralunga d’Alba, dove la composizione del terreno è simile a quella del Brunate (La Morra), ma con una caratteristica ferrosa piuttosto che ricca di magnesio. La vinificazione viene condotta seguendo il protocollo consolidato che si avvia a cappello emerso per circa dieci giorni con rimontaggi e delestages sistematici. Successivamente si passa a cappello sommerso per la settimana di macerazione e quindi all’affinamento in carati di legno da 300 litri per circa due anni e mezzo. Appare subito tenebroso e lucido nel calice, dove si aggrappa con le unghie al cristallo, lasciandovi fitte tracce sanguigne. Profumi accesi e fragranti che privilegiano le bacche nere, con sentori boschivi di rovo e di rosa appassita, poi cenni balsamici ed eterei con tracce di liquirizia e concia. In bocca il morso tannico è deciso, il nebbiolo non fa sconti, si avverte l’opera del tempo sulle spigolature più acute, ma il gusto è più che virile. Si avvertono note di mora e cassis, un’avventura nel sottobosco e un nerbo acido che sostiene la presa dei tannini; il ritorno speziato è lunghissimo e poliedrico, con liquirizia, cacao, cuoio, rabarbaro e una traccia di tamarindo. Un Barolo che incarna la fiera aristocrazia di questa terra, con virtuosismi organolettici toccanti e probanti, ma con un finale squisitamente speziato, da godersi nel tempo.
CERETTO – Barbaresco Bricco Asili Bernardot 2007
La cantina Bricco Asili è un piccolo château all’interno del vigneto stesso, culla dei due cru di Barbaresco derivati dalle due parcelle di nebbiolo che qui compongono i sei ettari di filari, l’Asili e il Bernardot. Una delle piccole unità (400 metri slm) selezionate nel corso dello sviluppo aziendale improntato da Bruno e Marcello Ceretto negli anni settanta e in grado di offrire uno spaccato di storia e di essenza di Langa. L’appezzamento è situato nel comune di Treiso su terreni di medio impasto argillo-limo-sabbiosi e gli impianti vengono allevati con una densità di 4300 ceppi/ettaro. Le uve del Bernardot vengono vinificate in vasche di acciaio inox sotto un severissimo controllo termico, dove svolgono una prima fermentazione cui segue una breve macerazione e poi la malolattica. L’affinamento successivo si svolge in piccoli carati di rovere francese di primo e secondo passaggio per la durata di due anni, come previsto dal disciplinare. Si presenta rosso livido e compatto con riflessi tenui e lievemente granati. Il tessuto olfattivo fitto e composito evidenzia un ampio ventaglio aromatico che annovera sentori di frutta nera polposa e spezie fragranti, caffè e chiodi di garofano con tracce di grafite. Al palato è avvolgente e gustoso, con tannini solidi, vagamente polverosi e bene amalgamati nel contesto fruttato, che ne smorza i toni con l’opulenza della confettura di ciliegie, di mora e mirtillo; la deglutizione riporta la trama speziata, che si allunga con cenni di torrefazione, tabacco e un velo di nocciola tostata. Barbaresco corposo ed equilibrato, un 2007 morbido e fitto, fatto di toni robusti in armonia con raffinate delicatezze; struttura resistente, portamento classico e appeal evolutivo.
ELIO GRASSO – Barolo Gavarini Vigna Chiniera 2007
Ci troviamo a Monforte d’Alba, crocevia tra Langa Doglianese, Langa Albese e Alta Langa, terra storica del Barolo e di grandissimi cru. Qui, in località Ginestra, Elio, Marina e il figlio Gianluca, vivono immersi tra i loro vigneti, di struggente bellezza nello scenario più recondito e affascinante di tutta la Langa. All’interno di questa famiglia e di questa cantina si consuma una libertà di espressione e di carattere attraverso il Barolo che ci regala visioni diverse e per certi versi contrapposte di questa terra e del suo vino simbolo, ma anche diverse emozioni che sanno irretirci e coinvolgerci con impronte gustative marcatamente differenti, frutto della filosofia di due generazioni. Così il Gavarini Vigna Chiniera e il Ginestra Vigna Casa Maté, tracciano il canone austero e scontroso del “re dei vini” che è poi lo stesso di Elio, mentre il Rüncot, che Gianluca ha voluto fortemente rendere più fruibile attraverso l’uso di barriques nuove, offre un profilo più moderno e gustoso che avvicina il Barolo ai palati meno preparati alle emozioni forti e più inclini al fascino della morbidezza. La Vigna Chiniera, all’interno del vigneto Gavarini, è un appezzamento di tre ettari con impianti a guyot che conta meno di 15000 piante, con una resa ampiamente ridotta fino a 50q/h. Le uve sono vendemmiate in pieno ottobre e avviate alla vinificazione che prevede la tradizionale macerazione a cappello sommerso con rimontaggi regolari e circa due settimane di fermentazione in serbatoi di acciaio termoregolati. Quando anche la malolattica è svolta, il vino passa in botti di rovere di Slavonia da 25 hl dove sosta per due anni; segue l’imbottigliamento ed un periodo di affinamento in cantina di altri 10 mesi prima della commercializzazione. La famiglia Grasso è stata generosa, ci ha concesso di fruire di una piccola verticale di questo storico cru e di vere anteprime come questo 2007, che appare già al colore un monolito, rubino imperscrutabile e torvo. Al naso accende subito una scintilla emotiva che si impadronisce del tempo e conduce ad una scrupolosa quanto mai lenta lettura delle fragranze, che, con ruvida indolenza, il vino concede lentamente, ma progressivamente. Frutto carnoso tutt’altro che maturo, prugna e cassis, in anticipo su sentori di terra umida e sottobosco, poi una sottile speziatura, non marcata, ma decifrabile, pepe nero, china, cacao e sandalo. L’assaggio è una frustata che lascia di stucco, nerbo acido vivo e tannini a dir poco virili, che si aggrappano alle gengive e al palato godendo di un benefico tasso glicerico. Il gusto fruttato si concentra sulla buccia scura e spessa e la deglutizione lascia un lunghissimo tappeto aromatico padrone del palato con note di radice di liquirizia, caffè, nocciola e rabarbaro. Davvero impressionante, un Barolo emozionante che chiede a gran voce qualche anno di evoluzione per liberare in tutta la sua fragranza il patrimonio aromatico chiaramente intrinseco.
ELIO GRASSO – Barolo Gavarini Vigna Chiniera 2006
Nel colore si avverte appena un leggero cedimento nell’unghia, ma è figlio della ricerca specifica di differenze cromatiche col 2007. L’approccio olfattivo è intensamente integro e fruttato, con un registro appena più maturo, ma appare più aperta la trama speziata, che replica sensazioni raffinate ed aromatiche che includono una componente balsamica ed un sospiro floreale sul finale. In bocca entra sempre con sadica violenza e conquista il suo territorio di papille e palato soggiogando le reazioni sensoriali con tannini fondenti, polposità di frutto e nerbo acido. La sequenza di spezie che torna per via retronasale dopo la deglutizione è ricchissima di sfumature tra cui macis, chiodi di garofano e bacche di ginepro, con cenni mentolati fusi nella densità cioccolatosa. Vino in piena evoluzione, assaggiarne uno alla settimana potrebbe offrire incredibili emozioni sempre diverse; lunghissimo, elegante e potente, adrenalinico e avvolgente.
ELIO GRASSO – Barolo Gavarini Vigna Chiniera 2005
Sorride dietro il cristallo del calice, pienamente rubino, con rari riflessi granati e una lucentezza viva. Al naso si osserva una fragranza profonda e generosa che promette godibilità di beva; l’intreccio aromatico è articolato e intessuto all’aroma fruttato di prugna e marasca. Note di cannella e frutta secca, di alloro e caffè, accompagnano un finale soffusamente floreale. Al palato si dipana caldo e denso, i tannini sono tonici e levigati, densi e raffinati; il tessuto fruttato è tonico e maturo, con note di amarena e susina, mentre l’apporto aromatico è evoluto su richiami di liquirizia, caffè, cuoio e un tocco di caramello. Un’evoluzione più avanzata di quanto mi aspettassi, un vino in piena esplosione gustativa che traccia una linea di demarcazione tra la fase nervosa e selvatica di questo Barolo, con quella più distesa e matura che promette comunque stabilità futura e classe cristallina.
ELIO GRASSO – Barolo Rüncot Riserva 2004
Il Rüncot è una piccola frazione di 1,8 ettari ricavata dallo storico Gavarini e reimpiantata vent’anni fa, sempre a guyot, con densità di 4500 ceppi/ettaro e resa di 45q/h, da cui vengono selezionate solo nelle grandi annate le uve per questa riserva. Rispettando la piena maturazione fenolica che si riscontra circa a metà ottobre, le uve sono raccolte manualmente e avviate ai processi di lunga macerazione e fermentazione a cappello sommerso con rimontaggi quotidiani in vasche di acciaio termocontrollate. L’impronta di stampo più moderno introdotta nella vinificazione del Rüncot prevede, dopo il completamento della malolattica in acciaio, il passaggio in barriques nuove per un periodo di maturazione di 28-30 mesi. Successivamente il vino viene imbottigliato e osserva un ulteriore periodo di affinamento che va da un anno e mezzo a due anni prima di essere commercializzato. Si offre in una veste cromatica intrigante, tra il rubino-amaranto e il granato; propone aromi estremamente avvolgenti di bacche rosse intrecciate a sentori di viola e una speziatura elegante di tabacco, cuoio, eucalipto e note di torrefazione. Incontra il palato con un approccio caldo e morbido, lo accarezza con tannini porosi e felpati, lo irretisce con fragranze di prugna matura e marasca e lo stimola con uno scheletro acido eretto e dinamico. La deglutizione rivela struttura, intensità ed equilibrio, restituisce un respiro minerale e aromatico, profondo e composito, con ricordi di liquirizia, noce moscata, caffè e vaniglia. Una progressione gusto-olfattiva a dir poco vibrante, un Barolo concentrato e soffice, corposo e sfumato, che regala una prospettiva moderna ma non stravolta di se stesso e del suo terroir, attraverso una disponibilità gustativa che non violenta i recettori e che invita a incontri futuri di sicuro pathos.
ELIO GRASSO – Barolo Ginestra Vigna Casa Matè 2007
Tre ettari di vigneto altamente vocati nel comune di Monforte d’Alba, su terreni di medio impasto argillo-calcareo, con sesti d’impianto allevati a guyot, densità di 4500 ceppi/ettaro e resa di circa 50q/h. La raccolta manuale delle migliori uve di nebbiolo avviene a ottobre inoltrato e la vinificazione di questo prezioso Barolo viene avviata in serbatoi di acciaio termoregolati dove si svolgono macerazione e fasi fermentative, malolattica inclusa, con rimontaggi regolari nelle prime due delicate settimane. Seguono due anni di maturazione in botti di rovere di Slavonia da 25 hl ed un affinamento in bottiglia di circa dieci mesi prima della distribuzione sul mercato. Una macchia scura nel bicchiere, impenetrabile e densa, che emana profumi virili nell’approccio, ma che sottendono una profondità aromatica da liberare e decifrare in un serrato scalpitio olfattivo. Prugna e ciliegia si offrono pungenti, ossigenando il vino allenta la presa sulla componente terziaria e allora vengono fuori note vegetali, boschive e balsamiche, cenni di china e tracce di nocciola, con un lieve soffio floreale di viola fresca. Al palato è avvincente, fresco e minerale, con uno spunto tannico arrembante, atteso e aristocratico, che richiederà tempo per stemperarsi. Il gusto fruttato registra ancora fragranze di prugna nera dalla buccia spessa e dalla polpa viva, la masticazione è fondente e la deglutizione restituisce un concentrato di nobiltà; cacao, liquirizia, eucalipto e mallo di noce, persistenza infinita e dinamica ampissima. Un vino potente e ricco, austero ma invitante, che stimola a ondate il profondo dei sensi lasciando il degustatore irretito da profili sinuosi e classe sopraffina, proiettandolo verso orizzonti evolutivi a dir poco interessanti.
TRAVAGLINI – Gattinara Riserva 2005
Nel cuore delle colline di Gattinara crescono le uve nebbiolo (localmente Spanna) che danno vita ad un vino estremamente nobile e raffinato. C’è un personaggio che segna la storia e batte il tempo di questo vino, Arturo Travaglini, che già negli anni ’50 ne avvia la produzione. Da allora la famiglia Travaglini non ha mai smesso di profondere passione e impegno per questo vino, elevandone incredibilmente il livello qualitativo fino a renderlo un vero e proprio simbolo. La particolare bottiglia, ideata da Giancarlo Travaglini (figlio di Arturo) già nel 1959, è divenuta un’icona del Gattinara, una creazione di eleganza stilistica pregiata e di provata efficacia nel trattenere, alla mescita, eventuali sedimenti che naturalmente possono accompagnare un grande Gattinara invecchiato. Proprio l’invecchiamento nelle grandi botti di rovere di Slavonia è il mastice che lega la storia e la tradizione di questo vino con gli avanzati strumenti di vinificazione implementati in cantina, tre anni per la Riserva e due per il Tre Vigne e il Selezione. In particolare per la Riserva, le uve selezionate tra i migliori filari e vendemmiate a inizio ottobre, dopo la pressatura fermentano in serbatoi di acciaio inox termoregolati per circa due settimane, dopodiché il vino matura quasi totalmente in grandi botti di rovere di Slavonia, con una piccola percentuale in barriques. Un ulteriore periodo di riposo in bottiglia conclude il quadriennio di affinamento previsto per questa grande Riserva, in grado di resistere incredibilmente integro al tempo. Nel calice ondeggia copioso e intenso, di colore granato con riflessi ancora rubino e unghia appena scarica. Al naso si accosta con un ventaglio olfattivo di grandi proporzioni e complessità, lamponi e prugna matura, con un riverbero floreale di viola che impreziosisce il bouquet prima del raffinato intrigo speziato. Note di tabacco, pepe verde e nocciola completano la sequenza aromatica con un cenno balsamico. In bocca è caldo e asciutto, con tannini levigati e rotondi, con corpo solido e strutturato; la gustativa regala note fruttate di more e ribes, con un tocco agrumato e ritorno aromatico coerente e lungo che richiama i sentori di cuoio e liquirizia, di lauro e humus. Vino eccellente, con una trama gusto-olfattiva elegante e profonda, copiosamente saporito e avvolgente, pieno e penetrante.
TRAVAGLINI – Gattinara Riserva 2004
L’occhio coglie le sfumature scarlatte in un timbro cromatico granato vivo e compatto. L’approccio olfattivo è pulito, delizioso, con i frutti rossi maturi a intrecciarsi con le spezie dolci e fragranti; ciliegie e grafite, sottobosco e caffè, eucalipto e cassis, un’interminabile apertura aromatica che si libera circondata da un soffio floreale. Al palato regala emozioni, si snodano sensazioni di susina, visciola e more, i tannini sono docili e flessuosi, la deglutizione è larga e setosa. Il riverbero aromatico si affaccia composito e intenso, apre un cenno di tamarindo, poi il tabacco, la frutta secca, la radice di liquirizia, il macis e un soffio balsamico. Vino di estrema pulizia e raffinatezza, di grande espressività e austera aristocrazia, si concede e lo fa emozionando.
TRAVAGLINI – Gattinara Tre Vigne 2005
Lurghe, Parolone e Alice, queste sono le tre vigne di nebbiolo, parte del patrimonio Travaglini, che concorrono a costruire questo Gattinara unico e vibrante. Solo la profonda conoscenza del territorio e delle sue infinitesime sregolatezze pedoclimatiche poteva consentire l’intuizione di un vero e proprio “blend-monovitigno”. Il Tre Vigne racchiude in se tre caratteri diversi, quelli dei grappoli che provengono da tre ecosistemi diversi, da tre distinte composizioni del terreno, tre tipologie di microclima, altrettante esposizioni e altimetrie. Un vino che per questo porta in sé un piccolo tesoro geo-culturale di Gattinara e del suo potenziale espressivo. Le uve di queste vigne storiche, accuratamente selezionate e vendemmiate, dopo la pressatura vengono vinificate in acciaio inox per circa due settimane sotto rigido controllo termico. Successivamente il vino viene avviato all’invecchiamento di 40 mesi totali, di cui 30 in grandi botti di rovere di Slavonia, durante i quali un quarto del liquido viene travasato in barriques dove trascorre dieci mesi; il prodotto finale affina altri otto mesi in bottiglia prima della commercializzazione. Il colore è limpido, granato scuro, appena violaceo nei bagliori. Il naso viene subito avvolto da fragranze fruttate e balsamiche, dove si riconosce la prugna matura e il lampone; il composito aromatico è dinamico e progressivo, minerale e sommessamente vegetale. In bocca sprigiona vigore e calore, con un tannino coeso e un tono acido snello; confettura di more e mirtilli, sentori di scorza di cedro e sottobosco, ritorni speziati di china e rabarbaro. Un Gattinara vibrante, diretto, equilibrato e lungimirante, da provare e riprovare.
TRAVAGLINI – Gattinara Tre Vigne 2004
Tonico nel suo intenso granato e bello nel suo appiglio glicerico al cristallo del calice. L’ossigenazione agevola un bouquet ampio e sottile, sfumato e carezzevole, con note di ciliegia matura e susina, con sentori di pepe, tabacco, cacao e liquirizia. L’ingresso in bocca è felpato, con tannini spessi ma arrotati, caldo e seducente nel suo timbro tra il sapido e il balsamico con l’impronta fruttata di marasca e ribes in sottofondo. La deglutizione restituisce per via retronasale tutto l’impianto aromatico, mentre una lunga scia minerale lascia tracce di pietra focaia. Vino estroverso ma finemente misurato, le fragranze sviluppano la loro progressione senza eccessi e in grande armonia; sensazione di godibilità, ma anche di prospettiva e ancora evoluzione.
SICILIA
PLANETA – Santa Cecilia 2007
L’areale di Noto ci regala, oltre all’ottimo Passito di Moscato che ben conosciamo, anche uno splendido nero d’Avola, che nell’estremo sud dell’isola trova una collocazione ideale per esprimere finezza e sostanza, grazie anche e sopratutto all’attenta e meticolosa mano del produttore che interpreta se stesso e la Sicilia in questo vino di punta. Le uve dopo la pressatura e la diraspatura sostano circa due settimane sulle bucce in vasche di acciaio inox per poi maturare, una volta svinate, un anno in barriques di Allier. Nel calice è compatto, porpora scuro con venature cremisi; l’approccio olfattivo è ampio e composito, con abbrivio fruttato e allungo speziato. Aromi di mirtilli e more sono seguiti da cenni di carrube, pepe nero, chiodi di garofano e un cenno di scorza d’arancia. Entra in bocca e subito invade il palato con fragranze solide e avvolgenti, prugna e amarena si intrecciano su un vigoroso ma non irruente tappeto tannico. Deglutendo si aprono i ritorni aromatici che impreziosiscono il sorso con sentori balsamici, tracce di liquirizia e una lunga scia minerale. Vino importante e cremoso, che offre sostanza e vibrazioni, oltre ad un sensoriale spaccato di sole e brezza marina della Sicilia.
RAPITALA’ – Solinero 2005
Nella zona collinare tra Camporeale e Alcamo si stendono i vigneti della tenuta Rapitalà, 225 ettari che accolgono vitigni storici come il cataratto e uve internazionali come chardonnay o syrah, un connubio che sembra unire passato presente e futuro sotto la guida appassionata di Laurent Bernard de la Gatinais e l’organizzazione funzionale del Gruppo Italiano Vini. Un produttore storico della Sicilia che accomuna le culture franco-italiane e ne trae il massimo sotto il profilo qualitativo e varietale, ponendo sempre l’uva, la sua eleganza e la sua appartenenza alla terra come centro del progetto. Da soli tre ettari degli oltre dieci coltivati a syrah su fondo argillo-sabbioso, si ricavano le uve per il Solinero; una selezione che ricerca il meglio delle condizioni pedoclimatiche, nel terroir di riferimento, in grado di fornire l’apporto nutritivo ideale per la tipologia di uve coltivate. Dai sesti d’impianto moderni, con densità di 5000 ceppi/ettaro allevati a guyot con rese di circa 60q/h, i grappoli sono raccolti a fine settembre, in leggero ritardo per aspettare la perfetta maturazione fenolica, e quindi sottopoti a pigiadiraspatura. Si avvia così il processo di vinificazione tradizionale che dalla macerazione porta al completo svolgimento delle fasi fermentative, dopodiché il vino viene portato in barriques usate dove riposa un anno prima di essere posto in bottiglia, dove affina ulteriori sei mesi prima della commercializzazione. Il colore rubino è concentrato e lucido, i profumi sono subito intensi, ma trincerati in un’incipiente chiusura, per poi aprirsi lentamente su note fruttate di bacche scure e sentori floreali, con un’impronta vegetale sommessa ma presente. Respiri più profondi e ritorni retronasali post-beva apportano all’esame organolettico un ventaglio di aromi speziati composito e raffinato, fatto di tabacco e pepe nero. Il gusto è coerente, il tenore alcolico è ricco e i tannini sono bene integrati; la frutta è croccante e la deglutizione si accompagna ad un fondo di liquirizia con un residuo amaricante piuttosto marcato. Vino equilibrato, da lasciar respirare bene o da aprire fra qualche tempo, per godere più agevolmente di una interessante interpretazione di syrah, chiaramente a suo agio in questa terra e ottimamente lavorato.
TOSCANA
ANTINORI – Brunello di Montalcino Pian delle Vigne 2006
Più di 600 anni di storia attraverso 26 generazioni raccontano una vera e propria epopea enologica che genera una produzione imponente (20 milioni di bottiglie) e ricca di etichette mirabili che hanno reso il vino italiano famoso in tutto il mondo. Oggi l’azienda Antinori è di fatto un impero a conduzione familiare, alla cui guida c’è il Marchese Piero Antinori e le sue figlie Albiera, Allegra e Alessia, che lo amministrano e lo dirigono con la passione e lo spirito imprenditoriale di chi ha questo mestiere nel DNA. Il Pian delle Vigne è il Brunello di Montalcino della famiglia, ottenuto dal sangiovese grosso dell’omonima Tenuta situata appena a sud Montalcino, sopra la Val d’Orcia, dove i 65 ettari di vigneto sono allevati su terreni prevalentemente argillo-calcarei con una resa di 80q/h. Le uve selezionate in due fasi, una a luglio e una in pre-vendemmia, vengono diraspate e sottoposte a pigiatura soffice, per poi macerare e completare la fermentazione alcolica in serbatoi di acciaio da 125 hl termoregolati entro circa tre settimane. Successivamente il vino viene riposto in botti di rovere (da 30 a 80 hl) dove svolge la malolattica e matura per un periodo di ben oltre due anni. Appare scuro, concentrato e lucido nel calice, con un timbro cromatico rubino appena tendente al granato nei riverberi e nell’unghia. La trama olfattiva è ricca, profonda e, rubando un termine caro al grande Pardini, caleidoscopica. Sono infatti numerosi gli aromi che sfilano al naso intrigando i recettori e le associazioni descrittive, more, visciole, carrube, tabacco, cuoio e caffè. In bocca entra vellutato e glicerico, con un passo felpato che man mano acquisisce calore e consistenza tannica, fino a stringersi caldo e denso intorno al frutto carnoso che richiama l’amarena e la ciliegia matura. La deglutizione riporta integro il ventaglio speziato avvertito al naso, che chiude poi con un lungo respiro minerale e appena balsamico. A me è piaciuto particolarmente, in una versione “anteprima” con etichetta provvisoria, per un bouquet gusto-olfattivo che la preventiva e opportuna decantazione hanno esaltato al meglio; tannini che si rivelano marcati nella masticazione, ma che il tempo saprà domare rendendo sontuoso un insieme promettente e già emozionante.
ANTINORI – Cortona Syrah Bramasole 2006
Il Bramasole è la dimostrazione di come un colosso quale Antinori non si fermi mai a specchiarsi nella sua storia o sotto i riflettori delle sue pluridecorate etichette, ma di come sia simbolo di integrazione fra tradizioni e sperimentazione, di impegno e apertura nella ricerca di espressioni enologiche di qualità. La Braccesca è un’acquisizione degli anni ’90, una Tenuta non lontana da Montepulciano che si estende per circa 380 ettari fra due aree; una di circa 290 ha (di cui 150 vitati) tra Montepulciano e Cortona, e l’altra di circa 87 ha (quasi interamente vitati) fra le tre sottozone di Nobile di Montepulciano: Cervognano, Gracciano e Santa Pia. Nell’areale cortonese, sotto il disciplinare Cortona Doc tutelato da apposito Consorzio, La Braccesca produce due syrah in purezza, tra cui questo Bramasole che ha già incontrato i favori del mercato e della critica, fluida testimonianza della peculiare capacità di evoluzione dei rossi. Raccolte a metà settembre, le uve sono state avviate alla vinificazione, previa pigiatura, in tini di acciaio termo-controllati dove in circa tre settimane sono state svolte la macerazione sulle bucce e la fermentazione alcolica. Successivamente il mosto è stato travasato in barriques nuove, prevalentemente di Allier e Troncai più una piccola parte di rovere americano, per sviluppare fermentazione malolattica e maturare circa un anno e mezzo. Dopo l’imbottigliamento il vino ha riposato ancora in cantina prima di essere commercializzato e giungere al calice con una cromia rubino intenso con spunti purpurei. Al naso è fluente e fruttato, con prevalenza di prugna e sfumature speziate che ricordano il macis, l’alloro, il pepe nero, una punta di anice e vaniglia. Al palato è piuttosto morbido, i tannini sono ben lavorati e l’apporto acido è equilibrato; ancora frutta in evidenza con marasca, ribes e cassis, poi il ritorno aromatico piacevole e lungo che amalgama cioccolato e liquirizia in un fondo tostato dai vaghi riverberi fumé. Un ottimo prodotto, godibile e gustoso, oggi piuttosto “fondente”, ma con sintomi di evoluzione verso note più dolci e ammiccanti.
CIACCI PICCOLOMINI D’ARAGONA – Brunello di Montalcino Vigna Pianrosso Riserva Santa Caterina d’Oro 2004
Il Brunello di Montalcino è certamente un’espressione tra le più pregiate del sangiovese, interpretazione di purezza e riconoscibilità che ha reso il piccolo borgo toscano famoso in tutto il mondo. Le vicende che sono ruotate qualche anno fa intorno al Brunello e alla sua corretta realizzazione hanno sconvolto in parte tutto movimento, ma il prestigio e la bontà dei prodotti di qualità sono sempre di livello elevatissimo. Tanti sono infatti i produttori coscienziosi che mettono anima, esperienza e passione nel proprio Brunello. La famiglia Bianchini fa certamente parte di questa categoria di viticoltori, con i vigneti della grande proprietà ereditata nel 1985 dal compianto Giuseppe, vignaiolo e personaggio carismatico montalcinese, all’estinzione del casato nato dall’unione di Elda Ciacci con il conte Alberto Piccolomini d’Aragona. Il vigneto Pianrosso non arriva a dodici ettari di estensione e rappresenta il meglio della produzione aziendale; uve coltivate con cura su terreno di medio impasto e galestro, sottoposte a potatura invernale a cordone speronato durante la fase vegetativa e successivi diradamenti in fase di maturazione dei grappoli. La vinificazione prevede una lenta macerazione sulle vinacce in acciaio e fermentazione in vasche di cemento vetrificato a temperatura rigidamente controllata. La maturazione avviene in botti di rovere di Slavonia (20-30 hl) per quattro lunghi anni e un successivo anno di affinamento in bottiglia. Veste cromatica rubino-purpurea con riflessi granati e luminosi per questo vino, che offre un tema aromatico estremamente raffinato, complesso e velatamente floreale; frutto turgido e scuro, trama speziata ricca e articolata con note di tabacco e resina, folate mentolate e minerali, caffè e china. Al palato dimostra coerenza gusto-olfattiva eccellente, rotondità papillare e armonia d’insieme, con tannini vellutati e fondenti, acidità e sviluppo alcolico controllato. Corpo pieno, frutta rossa abbondante e succosa, lungo, profondo e balsamico; un vino magnifico, che mostra segni di tenuta inequivocabili e che offre un’immagine cristallina della qualità di Montalcino.
FELSINA – Fontalloro 2007
Felsina è una Fattoria che rispecchia la tradizione toscana delle storiche aziende agricole, giustamente rinnovata e ritoccata laddove il tempo mostra segni poco eleganti, ma caratterizzata da una sobrietà pienamente integrata nel paesaggio chiantigiano che fa onore a chi l’ha voluta proprio così. E’ la famiglia Poggiali, titolare del gruppo ravennate Setramar ad aver dato vita a questa bella realtà di Castelnuovo Berardenga, all’estremo confine sud dell’areale del Chianti Classico. Terreni di diversa e peculiare morfologia, dalle marne calcareo-pietrose alle arenarie stratiformi, per una espressività di Sangiovese che raggiunge punte di eccellenza indiscutibili. Il Fontalloro prende vita nel 1983 dalla vinificazione di sangiovese proveniente da diversi vigneti, uno nel Chianti Classico (Fontalloro) ed altri due al di là del confine verso le Crete Senesi (Casalino e Arcidossino). Da subito il Fontalloro fu un’interpretazione di questo uvaggio che voleva sfuggire i disciplinari ed esprimere liberamente tutta la potenza del Sangiovese toscano elevandosi in barriques. Le uve sono allevate a guyot su terreni prevalentemente calcarei (Chianti Classico) e limo-sabbiosi (Crete Senesi) con una densità d 5400 ceppi/ettaro. Dopo la selezione delle uve in vendemmia, avviene la pigiadiraspatura e l’avvio della vinificazione; fermentazione a temperatura controllata e tre settimane di macerazione con follature regolari, poi la svinatura e l’avvio della malolattica. Successivamente di passa in barriques per un periodo di maturazione di oltre un anno e mezzo prima dell’assemblaggio in acciaio e dell’imbottigliamento, cui segue un ulteriore anno di riposo prima della commercializzazione. Si offre come una pietra preziosa, un vero rubino, scuro e lucido, cangiante e brillante. Regala profumi di bacche nere, mora e ribes, accompagnati da un sentore di viola elegante; lo sviluppo aromatico è prepotente, tabacco da pipa, cacao dolce, vaniglia, humus e cuoio, ma poi anche note vegetali e una scia minerale. Al palato è incalzante, con la frutta in primo piano legata a tannini affinati; la deglutizione è gustosa e calda e riporta un respiro speziato con note di lauro, chiodi di garofano e bacche di ginepro. Il Fontalloro non tradisce mai, emoziona e si fa bere, ma lascia netta la sensazione di poterlo ritrovare intatto fra una decina di anni.
FELSINA – Chianti Classico Rancia Riserva 2006
Un grande classico della Fattoria di Felsina, la Riserva ottenuta dal vigneto dell’antico podere Rancia, un chianti classico che dal 1973 è sentimento puro di sangiovese e di questa terra. Neanche 14.000 ceppi in 6 ettari, con una resa bassissima, allevati a guyot su un terreno estremamente ricco, con substrato macigno di arenarie quarzose, sabbie stratificate, alberese misto a pillola alluvionale e galestro nella sezione superficiale. Dopo la raccolta manuale e la pigiadiraspatura si avvia la vinificazione con due settimane di macerazione regolata da follature quotidiane e fermentazione a temperatura controllata. Elevazione in botti di rovere di piccolo e medio taglio per un anno e mezzo, poi l’assemblaggio e il passaggio in bottiglia, dove il vino riposa da sei a dieci mesi prima della vendita. Il colore rubino serratissimo e brillante offre un’idea di compattezza robusta, i profumi inizialmente incisivi si aprono con suadenza, dal tema fruttato a quello aromatico con docile progressione, ingentilendo l’approccio. Note pregiate di pepe e tabacco, cacao e vaniglia, con rivoli floreali preziosi. In bocca la frutta è più tonica, amarena e ciliegia sotto spirito, i tannini sono fondenti e ben sostenuti dallo scheletro acido. Il retronasale regala ancora un ventaglio di sensazioni raffinate nel post-beva che ricordano la carruba, il caffè, la liquirizia dolce e l’eucalipto. Se il Fontalloro è potenza pura e carattere maschio del Sangiovese, questa Riserva mostra l’eleganza e il controllo tannico del Chianti Classico più raffinato; il 2006 ci regala un Rancia in forma smagliante.
MELINI – Chianti Classico La Selvanella Riserva 2006
Dalla famiglia Melini alla Buitoni, attraverso la Martini & Rossi, per arrivare al Gruppo Italiano Vini oggi proprietario del marchio e dell’azienda che ha sede a Gaggiano di Poggibonsi. La Fattoria Melini può vantare diversi primati raccolti in più di trecento anni di storia: dall’introduzione del fiasco nel 1860 che ha consentito al vino toscano una diffusione anche internazionale mai conosciuta, alla prima Riserva di Chianti Classico ottenuta da uve di vigneto, selezionando un singolo cru nel 1969. Su più di 40 ettari particolarmente vocati nella zona di Radda in Chianti, la Selvanella gode di una felicissima combinazione pedoclimatica; le uve di sangiovese allevate a guyot e a cordone speronato su terreno prevalentemente alberese, sono vendemmiate tra settembre e ottobre e vinificate in modo strettamente tradizionale. Circa tre settimane di macerazione con frequenti rimontagli, poi fermentazione alcolica e malolattica prima di passare in botti di rovere per trascorrere due anni e mezzo di maturazione. Il colore è limpido, rubino livido appena screziato nell’unghia con una sfumatura granato. Al naso si accosta con un certo pudore, schiudendo progressivamente fragranze ben miscelate di frutti di bosco dolci (lamponi e fragole) e fiori (viola e iris), con una successione speziata articolata su note di cannella, mou, tostatura e vaniglia. In bocca entra caldo e piuttosto largo, con gusto fruttato di lamponi in confettura, amalgamato nel tessuto tannico che risulta ben levigato e denso; il sorso è gustoso e regala un ritorno elegante di spezie dolci e balsamiche come mandorla, eucalipto, cioccolato al latte e radice di liquirizia. Gradevole e tonico, pochi fronzoli e molta sostanza, una grande produzione che riesce a integrare un’eccellente qualità.
TRENTINO ALTO ADIGE
POJER E SANDRI – Pinot Nero Selezione Rodel Pianezzi Riserva 2006
Se c’è una latitudine nel nostro Paese dove il pinot nero può esprimersi al pieno delle sue potenzialità, è quella del Trentino Alto Adige. Vitigno difficile, che trova il suo habitat natale e naturale in Borgogna, è di antichissima origine e richiede grande impegno nella cura del vigneto e maestria nella vinificazione, per poter offrire il meglio di sé e di ciò che il terroir sa regalargli in termini di carattere ed espressività. Va da se che Mario Pojer e Fiorentino Sandri posseggano le doti e le inclinazioni professionali necessarie per realizzare un prodotto di qualità elevatissima. Si tratta del felicissimo “bi-cru” Rodel-Pianezzi realizzato in versione Riserva che, a testimonianza di come questo vitigno sappia consolidare nel tempo una godibilità difficilmente scalfibile, ci viene proposto anche nell’annata 2000; ma ne riparleremo nel capitolo delle vecchie annate. Marne limo-calcaree forniscono la linfa vitale a questi due vigneti allevati a pergoletta trentina (aperta) con una densità di impianto di 6500 ceppi/ettaro e una resa di circa 60q/h. Dopo la pigiadiraspatura le uve vinificano in tini di legno e successivamente maturano un anno in barriques; una volta passato in bottiglia il vino affina un altro anno in cantina prima essere posto in commercio. Si offre integro alla vista, rubino violaceo senza cedimenti; al naso esprime una vivacità aromatica sottile che si schiude con lenta ma progressiva complessità. Bacche rosse, more e lamponi, con sfumature vegetali in anticipo sulla trama speziata, ricca di note eleganti di tabacco, torrefazione e pepe nero. Al palato è snello e diretto, con tannini piuttosto rigidi ma levigati; offre fragranze di ciliegia e prugna, poi ancora sottobosco. La chiusura è profonda e discretamente lunga, con ritorni di terra umida, liquirizia e cacao, accompagnati da una gradevole sapidità di fondo. Eleganza e compostezza per un’esperienza di spessore.
UMBRIA
CESARINI SARTORI – Sagrantino di Montefalco 2005
Luciano Cesarini è un personaggio che ha portato in breve tempo nuova linfa vitale ad un comparto territoriale saldamente ancorato alla sacralità delle sue tradizioni e della sua storia, legata a doppio filo con il monolitico vino di punta che fa da traino al movimento turistico ed enogastronomico della regione. Trapiantato da soli cinque anni dal mondo dell’energia elettrica a quello del vino, Luciano ha dato una vera “scossa” al movimento vitivinicolo di un areale piuttosto compassato (ma non è un difetto) diventando anche Presidente del Consorzio di Tutela dei vini di Montefalco. Nella sua Bastardo ha realizzato una cantina a dir poco innovativa, sfruttando ove possibile il suo background per introdurre tecnologie all’avanguardia al servizio della tradizione enologica umbra. Il suo sagrantino viene raccolto a ottobre inoltrato e sottoposto ad accurata selezione su tavoli vibranti; la vinificazione viene avviata con una macerazione prefermentativa a freddo e prosegue con la fase fermentativa sottoposta ad attento controllo termico. Dopo la svinatura effettuata con decantazione naturale che non prevede filtrazione, si passa alla fase di elevazione che dura due anni in legno ed uno in bottiglia. Nasce così un vino estremamente compatto alla vista, di colore rubino scurissimo con barbigli appena granati; emana profumi profondi e incisivi, con note fruttate vive di mora e cassis, tracce floreali avvolgenti e una scia speziata articolata e sottile con sentori di rabarbaro, cola, resina ed eucalipto. In bocca si apre caldo e denso, con tannini vigorosi e spessi, con una progressione gustativa incalzante e composita; frutti bosco e prugna nera si amalgamano al composto aromatico fatto di fave di cacao, pepe nero, tamarindo e liquirizia. Sagrantino in bello stile, potente e nervoso, piccante e balsamico, strutturato e preziosamente sapido; dopo un lungo respiro che conserva tutte le fragranze al palato, si avverte una morbidezza papillare che lascia il ricordo di un passaggio insospettabilmente morbido.
COLLE CIOCCO – Sagrantino di Montefalco 2005
Lamberto ed Eliseo Spacchetti conducono con comprovata qualità e consolidata competenza la cantina fondata quasi ottant’anni fa da papà Settimio sull’omonimo colle alle porte di Montefalco, Il loro Sagrantino nasce, come tradizione per l’areale, nelle vigne storiche di proprietà, dove i migliori grappoli sono vendemmiati a ottobre e selezionati per la vinificazione di questo alfiere della produzione Colle Ciocco. I processi di macerazione e fermentazione si svolgono in acciaio inox per circa tre settimane, poi il vino viene fatto elevare in botti mediamente grandi (25 hl) per due anni; una volta imbottigliato segue un periodo di affinamento di circa sei mesi in cantina. Colore rubino intenso e serratissimo, offre profumi complessi e profondi di frutti di bosco, come more e mirtilli, con un variegato intreccio terziario che rivela sentori di caffè, china, chiodi di garofano e nocciola. Al palato si approccia deciso e pingue, con una fibra tannica arrembante e nerbo acido di contrafforte; marasca e mirto sono le fragranze fruttate più immediate, poi la deglutizione offre un retro nasale lungo e carico, con sentori di tabacco, liquirizia, pepe nero ed eucalipto. Un’annata di grido, cui vale la pena offrire il beneficio di un meritato riposo prima di provarne ancora qualità ed evoluzione.
SCACCIADIAVOLI – Sagrantino di Montefalco 2005
Dal sogno di un principe (Ugo Boncompagni Ludovisi) di fine ‘800, all’odierna realtà di un’azienda moderna ed efficiente in cui è permeata e percepibile l’atmosfera e la maestria nel fare vino, che trae origine dalla tradizione e dall’esperienza della famiglia Pambuffetti. Seguendo questa radicata filosofia, le uve provenienti dai migliori vigneti di sagrantino, allevate con una resa di 60q/ha, vengono raccolte ad ottobre e selezionate per essere avviate alla vinificazione che si svolge in tini di rovere francese, sviluppando nel periodo di circa un mese il ciclo fermentativo sotto ferreo controllo termico. La maturazione viene svolta in barriques per quasi un anno e mezzo, successivamente il vino viene imbottigliato e riposa almeno altri nove mesi in cantina prima della commercializzazione. Nel calice appare rubino-violaceo, scuro e profondo, poco incline a mostrare alcuna trasparenza, con profumi sorprendentemente aperti e voluttuosi. Il frutto si avverte giovane e carnoso, prugna e ciliegia, ma l’ampiezza aromatica appare già in progresso, con sentori di tabacco, cacao e grafite; una scia floreale accompagna l’intero arco olfattivo. In bocca è grintoso, i tannini danno la prima sferzata, poi il frutto, che al gusto appare più maturo e polpose, ne smorza i toni; confettura di visciole, note di sottobosco, poi cioccolato, la masticazione e il sorso. Il respiro di ritorno è lungo e ghiotto, rabarbaro, lauro, vaniglia e mentuccia in un finale balsamico. Il vino è in viaggio verso una destinazione sensoriale in divenire, ma offre spunti di godibilità nitidi e succulenti; l’astringenza residua è un dazio inevitabile.
TENUTA ALZATURA – Sagrantino di Montefalco Uno di … 2005
La Tenuta Alzatura rappresenta il traguardo di un percorso di fusione tra territorio e vitigno, di osmosi fra terra e tecnologia, di contatto fra capacità e competenza che la famiglia Cecchi, icona della viticoltura toscana da oltre un secolo, ha voluto intraprendere nel 2000 acquisendo questa proprietà. Un valore familiare che si identifica in una filosofia aziendale attraverso la valorizzazione dei vitigni autoctoni e perseguendo la tecnica della “lotta integrata” al fine di realizzare una conduzione ecosostenibile degli impianti. Montefalco e il sagrantino rappresentano da questo punto di vista un banco di prova “unico” che massimizza il legame terroir-vitigno-vino e che è in grado di dare luogo a prodotti impossibili da riprodurre altrove. Da “unico” a Uno il sillogismo è presto fatto, anche se in questo caso è il frutto della mia personale disquisizione; Uno è il Sagrantino di Montefalco che interpreta il risultato di questo progetto e di questo impegno. I grappoli allevati a cordone speronato con una densità d’impianto di 5000 ceppi/ettaro e sottoposti a sapiente diradamento durante la fase vegetativa, vengono raccolti manualmente in pieno ottobre ed accuratamente selezionati prima della diraspatura. Dopo la pigiatura soffice il mosto viene lasciato macerare con le bucce in piccoli fermentini di acciaio termoregolati, con rimontaggi e delestage regolari; il processo fermentativo si completa nel giro tre/quattro settimane, dopodiché si effettua la svinatura e il vino viene travasato in barriques per un periodo di maturazione di 16 mesi. Segue l’imbottigliamento ed un riposo di ulteriori 8 mesi in cantina per l’affinamento che porta nei nostri calici un prodotto di altissimo livello qualitativo che si mostra di un colore rosso rubino intenso, con riflessi violaceo-granati. Il complesso olfattivo si offre ricco e profondo, con note di frutti di bosco come more e mirtilli accompagnate da sentori vegetali di rovo e articolate speziature che richiamano la china e il caffè, tracce di concia e vaniglia, con un leggero timbro balsamico. In bocca è strutturato, deciso, con tannini carichi di sostanza e amalgama; la fragranza fruttata ricorda prugna e cassis, la masticazione cioccolato, la deglutizione cannella ed il ritorno aromatico vaniglia e liquirizia, con una scia minerale che ne allunga il finale. Vino di spessore come si conviene ad un grande Sagrantino, raffinato ed equilibrato, ancora un po’ ruvido, ma in piena evoluzione verso un traguardo di morbidezza e fragranza certamente a portata di mano.
Riccardo Brandi (brandi@acquabuona.it), romano, laureato in Scienze della Comunicazione, affronta con rigore un lavoro votato ai calcoli ed alla tecnologia avanzata nel mondo della comunicazione. Valvola di sfogo a tanta austerità sono le emozioni che trae dalla passione per il vino di qualità e da ogni aspetto del mondo enogastronomico. Ha frequentato corsi di degustazione (AIS), di abbinamento (vino/cibo), di approfondimento (sigari e distillati) e gastronomia (Gambero Rosso). Enoturista e gourmet a tutto campo, oggi ha un credo profondo: degustare, scrivere e condividere esperienze sensoriali.
6 risposte
Caspita, roba da ubriacarsi solo a leggere.
Concordo quasi su tutto, anche se noto che se qualcosa vi piace meno lo dite molto ma molto velatamente. Personalmente non amo i Syrah a certe latitudini, ma comunque ottimo lavoro Rick, come sempre approfondito e godibile, aspetto con l’acquolina la seconda puntata.
Saluti
Romolo
Premetto che non è una critica, la scorpacciata di rossi è ghiotta e i racconti sono tutti davvero ben fatti. Una selezione ampissima che come specificate non può essere completa per ovvie ragioni, ma nel mondo Barolo/Barbaresco e quello Sangiovese toscano (specie lato Brunello) c’era davvero tanto ben di Dio da poter inserire. Per la prossima volta suggerisco di non lasciar fuori il Cavaliere di Michele Satta, il Brunello Madonna delle Grazie di Alessandro Mori (Il Marroneto), un Barolo di qualche maestro come Conterno, Mascarello o Giacosa. Capisco che tutto non si può avere, ma già che ci siete …
Tino
Grazie Riccardo sei gentilissimo. Posso aggiungere che produciamo la nostra DOCG Riserva Colline Teramane solo ed esclusivamente nelle migliori annate, purtroppo 2002 e 2004 non sono state vendemmie degne di nota. Inoltre la prima annata prodotta del nostro Pieluni e’ stata l’annata 2000…credimi ancora oggi un “giovincello”..
Ottimo lavoro, pieno di spunti descrittivi che fanno davvero voglia di correre in enoteca.
Ancora una bella lettura che irretisce e avvicina al vino … anche se il rosso non è il colore che preferisco nel bicchiere.
Alla prossima
Roby
In ogni vostro commento traspare la professionalità e l’acume riservato ad ogni anche piccolo particolare. Questi vini rapppresentano uno scenario incredibile della potenzialità qualitativa che la nostra Italia sa proporre. Il lavoro di tutti i produttori è assolutamente incentrato al rispetto della viticoltura. I vini sono tutti molto interessanti e credo che tutti noi dovremmo imparare ad approcciarli. Quale migliore occasione quindi quella di andare al prossimo vinitaly e togliersi questo sfizio. Un saluto a presto a tutti Antonella Cantarutti
Complimenti all’Azienda Senatore Vini, (Cirò – Calabria). Ottimi tutti i prodotti della cantina, frutto di passione e competenza.
Da visitare, sicuramente, durante il Vinitaly dal 7 all’11 aprile, Pad. Calabria.