Provenienza/sottozona/cru: Oliena (Nuoro)
Vitigni: cannonau
Datta assaggi: novembre 2011
Il commento:
Il rubino leggero virato all’unghia – trasparente, lucido, “arioso”- annuncia aperture e dettagli. Così è: la sottile vena eterea esalta generosamente i profumi, rendendoli oltremodo esplicativi ed oltremodo sfumati. C’è una lirica armonia di piccoli frutti rossi macerati, spezie, elicriso, carrube e iodio ad attenderti. E a farti drizzar le papille.
La bocca, in piena coerenza, trascina e sorprende per la vibrante forza espressiva, per il succo e la tensione, qui modulati da accenti nobili nel portamento e da una finissima trama tannica, tanto da non fartene apprezzare il “gradino”(ha ragione Fabio Rizzari a ritrovarci un respiro “nebbiolesco” in quei tannini). Al gusto mirto, terra, radici, ancora spezie e un fugace innesto candito nel frutto, ma nulla di che: lungo e puro, è vino di artigiana consapevolezza, nitido e persino garbato nei rimandi, dagli insistiti ritorni salmastri e dalla dichiarata interiorità.
A un prezzo da far tremare i polsi (9 euro in enoteca), un’isola nel bicchiere.
La Chiosa:
Mi aveva impressionato già al primo incontro, quest’estate. E sorpreso per la calda, levigata sua avvolgenza. Un passo in più di compiutezza rispetto ad uno stile aziendale fondato sì su vini energici e viscerali, casomai solitamente più irriducibili agli approdi conciliatori della grammatica enologica. Eppure ecco qui il cesello, il ricamo sottile, a disegnare un rosso dai tratti eleganti, maturo e vellutato, mediterraneo nell’anima.
Quanto a me, impossibilitato ad intraprendere una agognata trasferta isolana, mi sono affidato ad un amico momentaneamente a zonzo dalle parti di Bosa. E’ stato il tramite perfetto, diabolicamente strategico, per realizzare il piccolo ed insopprimibile desiderio. Non si è tirato indietro di fronte al miraggio del buon vino e ha attraversato mezza Sardegna per approdare nella Barbagia di Ollolai, alle falde del Supramonte. E’ andato a trovare lui, Antonio “Tonino” Arcadu, anima della cantina Gostolai: un personaggio, a sentir dire. Davvero fall in love per la sua terra e per il Cannonau, le cui uve in buona parte acquista da selezionati contadini dei luoghi per vinificarle da par suo e trasformarle in caratteriali Nepente di Oliena.
Via traghetto, insieme all’amico, ecco la sospirata cassa di Sonazzos ‘07. Merce rara nel continente. Mi parla della Sardegna che non ho e che non conosco, se non tramite i ricordi antichi di mio padre, che si fermò parecchie settimane nei pressi di Orgosolo per installar telai dal marmo. Lui mi ha raccontato di vini decisi e sanguigni, di gente introversa ma straordinariamente generosa, di un paesaggio potente e ammonitore che incuteva timore e rispetto. Mi ha parlato di un vento incessante che smuoveva le pietre. E’ natura che conta, penso io. E’ selvatica naturalezza. E’ quel che mi manca e che vorrei.
Sai che c’è? C’è che questo vino ha il potere di rinsaldare passato e presente ammiccando al futuro. Ed io insieme a lui sto bene.
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.
3 risposte
Molto bella ed interessante la descrizione. Quando si è di fronte ad un bel bicchiere di vino e si è amanti della poesia vien fuori un matrimonio d’altri tempi: perfetto! Ma ragionando da “introverso”, il ragionamento si può semplificare differenziando le persone che “fanno un vino” e le persone che “costruiscono un vino”. Sembra cosa da poco ed invece è una chiave di lettura e di analisi che bisogna tenere sempre a portata di mano come un buon cavatappi.
Fare un vino, significa saper ascoltare il territorio, i suoi prodotti, la sua gente. Per costruire un vino invece, è necessaria solo la domanda più il manuale del piccolo chimico. Può far sorridere (e fa bene), ma pur con tutti i distinguo possibili ed immaginabili, è così. E poi? Beh! Non vi posso anticipare tutto. Andate nella cantina Gostolai, mettete in moto il suo patron e lasciate che il tempo vi prenda per mano……..
Gentile Giannetto
grazie per l’apprezzamento mattutino, una di quelle cose che fanno prendere una buona piega alla giornata, e non sai il bisogno che c’è di “pieghe buone”.
Da quanto mi sembra di capire la tua conoscenza della terra di Sardegna è ben altra cosa rispetto alla mia. E in tal senso benvengano le dritte. Sacrosanto inoltre il distinguo che fai. Anche se devo dire che effetti da “costruzione” nel vino di Gostolai non ne ho trovati affatto. Il respiro e la naturalezza espressiva di quel vino mi sono apparsi fin quasi struggenti. Quanto all’ultimo auspicio, quello di andare a trovare Tonino Arcadu, come avrai letto è un desiderio ancora da concretizzare. E a proposito di esperienze sul campo, quel che il tempo, o la vecchiaia, o l’impenitente attività di degustatore ( non ci credevo, ma nel 2011 ho toccato i 5000 assaggi, e forse c’è da preoccuparsi) mi va suggerendo sempre più con insistenza è di non sottovalutare mai la forza comunicativa di un bicchiere di vino. Può far strano ammetterlo, ma il più delle volte oggi è la curiosità ( certe volte la meraviglia) provocata da un buon bicchiere ad instradarmi verso un viaggio nuovo, a farmi ritrovare la voglia di una partenza nuova. Uhei, e sono uno che di cantine se ne fa! Eppure sento che la potenza evocatrice di un bicchiere è trascinante, spesso decisiva per l’approfondimento, per muovere le chiappe e andare…..
ciao e grazie
Fernando