Se n’è andato oggi, lo apprendiamo dall’amico e collega Carlo Macchi, il grande “mastro assaggiatore” Giulio Gambelli, uno dei monumenti – perché silenzioso come un monumento, evocativo come un monumento, indelebile come un monumento- del vino d’autore toscano. Una delle anime più autentiche a spasso fra Chianti e Montalcino. La sua idea di sangiovese è stata una idea altra, profondamente sentita, profondamente compresa, resa irripetibile in una serie di vini archetipo, senza tempo, che ancora oggi ispirano storie nuove -storie campagnole- e certi scribacchini cocciuti come me, come noi de L’AcquaBuona.
Il ricordo non può non andare alla stupenda degustazione in suo onore che abbiamo organizzato per Terre di Toscana 2009. In sua presenza, otto vini di otto celebri aziende per le quali aveva notoriamente collaborato. C’erano Soldera, Poggio di Sotto, Montevertine, San Donatino, Il Colle, Rodano, Villa Rosa, Ormanni… da brivido! Più di una volta Giulio ha ceduto alla commozione, all’emozione fanciullesca di un bimbo che piange. Era costantemente in imbarazzo, tante le attenzioni. Più d’uno quel giorno se ne uscì da lì commosso. Commosso di soddisfazione, e in fondo di gratitudine verso quell’uomo apparentemente schivo e taciturno, epperò fondamentalmente semplice e sincero. Per lui in fondo parlavano i suoi vini, e mai linguaggio fu più autentico. Sincero, appunto.
Da quel giorno l’ho rivisto due o tre volte, e tutte le volte mi ricordava che quella degustazione, e quella atmosfera, le avrebbe rivissute volentieri. L’anno scorso, eravamo a Bibbiano, la cosa che ricordo meglio, vedi un po’ la complicità, fu la strizzata d’occhio che mi fece di fronte a uno stupendo Chianti Classico 1982. Eravamo d’accordo, veriddio, contrariamente alle idee di qualcuno degli astanti. Che soddisfazione!
Così, oggi, se ne va l’ultima delle leggende dell’enologia toscana. Un personaggio che univa mirabilmente passato e presente. Nella vita come nei vini. Lo ricordiamo con le sue smorfiette, con le sue strizzate d’occhio, con uno dei termini feticcio del suo vocabolario enoico, ovvero “saporito”. E lo onoreremo, si stia pur certi, con i vini del suo privilegio. Oggi e domani. E per i giorni a venire. Il sangiovese, grazie a Gambelli, è nudo, e pure re!
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.
Una risposta
concordo il Sangiovese è nudo ma è RE grazie a Giulio, contrario a trombe e tromboni, preferiva scopa e Ramazza e naturalmente uva, questo era il suo concetto per fare un grande vino, queste parole dette, sono state confermate dalla mia visita in cantina A Montevertine, assieme a Martino Manetti tenutario principe di quei segreti, e modi di fare un vino unico, che sa parlarti al cuore.
ANIMA ANIMA ANIMA questo avevano i suoi vini, solo Uva e Anima.
Con grande soddisfazione a quella degustazione c’ero.
Ciao Giulio.