riceviamo da Angelo Gaja
Sul calo inarrestabile del consumo di vino in Italia si sprecano le analisi; mai che si dica della CONFUSIONE che prospera rigogliosa ed allontana i giovani consumatori. La funzione alimentare del vino si va via via esaurendo in favore di quella edonistica: più che di pancia si beve di testa. Così crescono le nicchie di consumatori che vogliono il vino naturale, biologico, biodinamico, sostenibile, libero, pulito, giusto, … e dei produttori che ne assecondano la richiesta; e si invocano nuovi controlli e certificazioni. Ben vengano, purché non si faccia ricorso a denaro pubblico.
Il CODICE DEL VINO disciplina le pratiche consentite per fabbricarlo e permette di tutto e di più: basterebbe stilare un elenco delle pratiche più invasive, ed obbligare il produttore che le adotta ad indicarle sulla contro-etichetta.
Il vino, a causa della doverosa azione di prevenzione dell’abuso, finisce sciaguratamente accomunato e confuso con i superalcolici e le bevande dissetanti addizionate di alcol, nonostante storia, cultura e valori profondamente diversi.
Le GUIDE DEI VINI sono in Italia in numero quintuplo rispetto alla Francia. Copiose anche le classifiche dei 100 MIGLIORI VINI italiani, inevitabilmente le une diverse dalle altre. Di PREMI GIORNALISTICI, istituiti a beneficio di chi scrive di vino, ce ne sono in Italia di più che in tutti gli altri Paesi europei messi assieme. Si continua a fare promozione turistica trascinando il VINO IN PIAZZA, quando la mescita delle bevande alcoliche dovrebbe essere autorizzata solamente nei locali dotati di licenza. Mai che un produttore di grandi volumi, uso a dirigere la propria azienda, rifiuti la veste di VIGNAIOLO nonostante il vocabolario di lingua italiana definisca tale figura: “chi coltiva (manualmente) la vigna”. Si trascinano stancamente le POLEMICHE, animate sia dai produttori che dai numerosi consiglieri esterni, sul modo di intendere il vino, produrlo, venderlo.
Per contrastare il calo del consumo occorre diradare la confusione e per farlo servono rispetto e coraggio.
Una risposta
All’elenco dei paradossi e delle fonti di confusione che giustamente viene qui stilato ne avrei altri da aggiungere:
– In Italia rimpiangono i tempi della funzione alimentare del vino produttori i cui vini costano dai 30 ai 300 euro il litro
– Produtori fortemente identificati territorialmente abbandonano denominazioni tradizionali sostituendoli con il brand
– Si investe nella creazione di miti e mode elitari (vedi Bolgheri) forti dell’assunto che popolo e qualità siano inconciliabili
– produttori blasonati e medagliati blindati nelle loro eburnee torri di cui solo i giornalisti sono in grado di avvicinare i prodotti sparano a zero su stampa e premi