Riprendiamo il resoconto dopo l’ottima cena presso il Werf Restaurant da Boschendal. Per chi volesse leggere le puntate precedenti basta aprire i seguenti link: prima, seconda, terza.
Dopo aver dormito nelle dépendance dell’Hawkmoor House, fattoria del XVII° secolo con ospitalità dichiarata a quattro stelle ma che sconsiglio vivamente (a meno di non soggiornare nella storica casa padronale), siamo tornati da Boschendal per degustare gli altri vini. Solito obolo e via con undici calici: 1685 Sauvignon Blanc Grande Cuvee 2016 – l’8% del vino è costituito da sémillion, giusto per un tocco di morbidezza. Al naso è pulito, note citrine e vegetali accompagnano quelle di frutta tropicale. In bocca è più rotondo, la frutta appare più matura e la foglia di pomodoro si fa sentire maggiormente, l’acidità tiene il passo e la persistenza è apprezzabile.
Elgin Sauvignon Blanc 2016 – restiamo sulla tipologia cambiando zona, la “doc” Elgin si trova più a sud rispetto a dove ci troviamo, e più vicina al mare. Naso citrino e di frutta bianca (pera, pesca), di asparago e note minerali tendenti all’idrocarburo. Molto interessante al palato, dritto, corrispondente e armonico, colpisce per la spiccata mineralità (finalmente!), che gli dona una discreta eleganza: decisamente uno dei bianchi che ho preferito.
De Werf Sauvignon Blanc 2016 – altro vino interessante, rispetto al precedente gioca più sulla frutta tropicale che su quella bianca, è meno sapido ma più aromatico, anche nei sentori vegetali. Nell’insieme è meno elegante ma sempre equilibrato e persistente.
1685 Chardonnay 2016 – vino in parte (70%) affinato in legno di più passaggi. Note fruttate di lime e frutta gialla tropicale, rimandi silvestri e una punta di miele. In bocca è piacevole, la dolcezza del legno, la burrosità sono ben equilibrate dall’acidità. Vino poco impegnativo e decisamente facile da bere.
Le Bouquet 2016 – da sei vitigni, tre varietà di moscato, chenin blanc e chardonnay. Come da aspettativa il naso è piuttosto aromatico e sfaccettato, la frutta spazia dal citrino al tropicale passando per la pesca, note floreali e vegetali spuntano tra leggeri sentori di miele. Al palato è ancor più aromatico e un’acidità poco vibrante ne appesantisce la dialettica. Dopo poco risulta quasi stucchevole.
Vin de Memorie Chardonnay 2015 – selezione delle vigne più alte del Simonsberg, affinato undici mesi in barrique nuove. Lo chardonnay importante di casa si apre su note ben amalgamate di frutta gialla tropicale, agrumi, leggero vegetale e rovere. Anche in bocca è rotondo ma mantiene un equilibrio e un’eleganza interessanti, manca solo di un po’ di profondità e di mineralità in più per annoverarlo tra i migliori vini assaggiati in Sudafrica.
Grand Cuvee Brut 2013 – una bollicina per chiudere coi bianchi, 60% chardonnay e 40% pinot nero, Methode Cap Classique con 36 mesi sui lieviti. Naso non particolarmente espressivo su note di pan brioche e frutta agrumata. In bocca è corposo ma con un pérlage non finissimo, sentori di lieviti e miele in evidenza, acidità sufficiente ma poca mineralità. Mi aspettavo qualcosa di meglio ma c’è da dire che la bottiglia era aperta da tempo.
Sommelier Selection Pinotage 2015 – per metà affinato acciaio e per metà in barrique usate. Classico nei sentori di piccola frutta rossa, prugna, speziatura pepata con cenni fumé. Bocca corrispondente ma con legno più presente e finale ammandorlato.
De Werf red 2013 – uvaggio di cabernet sauvignon 37%, cabernet franc 32%, merlot e petit verdot con piccolo saldo di malbec (5%), affinato per circa 19 mesi in barrique nuove e di secondo passaggio. Naso complesso di frutta rossa e nera, note vegetali di peperone e terziarie dolci di cioccolato e tabacco. In bocca è corrispondente, morbido e setoso come i tannini, ma poi entra il legno ancora invasivo al momento. Media la persistenza.
1685 Cabernet Sauvignon 2015 – affinato 14 mesi in botti da 300 litri nuove per un 30%. Un leggero sentore di straccio bagnato screzia un quadro aromatico abbastanza compiuto, dove spicca la freschezza della frutta rossa e nera. In bocca è piacevole, con un fruttato ancor più succoso e una certa rotondità graffiata da tannini ancora giovani. In prospettiva lo vedo bene.
Vin de Memoire 2013 – Syrah ben espresso nella frutta rossa matura, negli accenni rôti, nei ricordi silvestri e nella fine speziatura. In bocca è corrispondente ed elegante, il legno è ben integrato e l’acidità fa scorrere bene la beva. I tannini un po’ grippanti non inficiano l’armonia complessiva. Buona la persistenza.
Terminata la visita da Boschendal abbiamo proseguito il tour verso Franschhoek e, saliti su un passo, siamo scesi verso il mare ed Hermanus. Tra valli, gole, vigne, boschi e montagne è stato un bel vedere, una varietà di paesaggi, talvolta dal sapore familiare, che hanno allietato il trasferimento.
Concludo il resoconto con una carrellata di alcuni vini assaggiati durante le numerose cene:
CATHERINE MARSHALL Pinot Noir 2014: Pinot Nero leggero ed elegante, di ottima beva, dal naso fruttato con qualche terziario a supporto. Manca un po’ di profondità e persistenza.
GRAHAM BECK Brut: metodo classico a base pinot nero e chardonnay, corpo vestito di fine pérlage, profumi di lieviti e agrumi, vinosità pinotteggiante ma cede sul fronte minerale e sull’acidità.
GRAHAM BECK Blanc de Blancs 2012: 50% fermentato in botti e poi lasciato 36 mesi sui lieviti. Finalmente una bollicina completa, dal fine pérlage alla mineralità e alla persistenza. Ottimo esempio di Méthode Cap Classique.
LUDDITE Shiraz 2008: frutta nera matura, direi anche stramatura, legno in giusta quantità. Palato armonico, 14,5° ben gestiti. Alla fine è piacevole, ma senza pretese.
TORMENTOSO Bush Vine Pinotage 2014: bel frutto (rosso e nero) al naso e in bocca con un leggero tocco di legno affumicato. Alcol leggermente in eccesso, comunque bevuta piacevole.
RIVERPLACE Vineyard Colombard 2016: prodotto dalle vigne di fronte alla camera del B&B omonimo di Upington, dove abbiamo soggiornato una notte (molto carino). È un vino piuttosto aromatico sulle note di pesca, mango, floreale e spunti resinosi. Anche in bocca non delude – fresco, fruttato e armonico – ma per fare il salto di qualità occorre più “sale”.
VERGELEGEN Sauvignon Blanc Reserve 2015: frutta tropicale, lime, leggero vegetale. Bocca più intensa, ben delineato, sapido e piacevolmente persistente.
KWV Mentors Grenache Blanc 2015: naso particolare, passion fruit e agrumi tra il vegetale e il floreale sussurrati, sentori di gomma bruciata. Bocca più intensa, con una certa grassezza alleggerita dall’acidità citrina, discretamente sapido e persistente.
NITIDA Coronata Integration 2015: 60% semillion e 40% sauvignon blanc, affinato 8 mesi in botti da 300 litri usate. Mela verde e ananas, peperone dolce, miele e un tocco di speziatura che ricorda il pepe bianco. Palato corrispondente e intenso, la mineralità accompagna la persistenza.
ALHEIT Cartology Bush Wine: 86% chenin blanc, 14 % semillon. Melone, ananas e agrumi contornati da un delicato floreale, miele di edera e spunti minerali. In bocca è secco, di buona struttura e mineralità, media acidità e persistenza, leggero ritorno alcolico sul finale.
ALLÉE BLEUE Brut Rosé 2012: metodo classico Cap, pérlage medio, note tendenti al dolce di fragoline di bosco e petali di rosa. Al palato è più vinoso e si avverte qualche tannino ma, specialmente considerato il rapporto qualità/prezzo (circa 16 euro al tavolo), è comunque interessante.
STEENBERG 1682 Brut: metodo classico da sole uve chardonnay, se il pérlage e la tessitura sono pregevoli, dal punto di vista della aromaticità, della mineralità e della persistenza appare deficitario.
CEDERBERG Five Generation Chenin Blanc 2015: piccola produzione per un bianco importante e, come tale, secondo l’uso sudafricano, abbondantemente “legnificato” con 11 mesi di botti da 300 litri di vari passaggi. Pesca, lime, miele, mandorle tostate e tanta vaniglia. In bocca ha un discreto corpo, una buona acidità e una lunga persistenza ma i sentori dell’affinamento in rovere sono davvero eccessivi. Sarei comunque curioso di riprovarlo tra cinque o sei anni.
DOMAINE DES DIEUX Claudia Brut 2011: cap classique 79% chardonnay 21% pinot nero, 45 mesi sui lieviti. Ottimo pérlage, pesca e agrumi su pan brioche, delicato. Bocca di discreta struttura ed eleganza con acidità che lavora bene. Buona la freschezza, meno la mineralità.
SURVIVOR Chenin Blanc 2016: 70% fermentato e poi affinato 4 mesi in botti da 500 litri. Al naso è sottile, albicocca e pesca con rimandi floreali. In bocca domina l’equilibrio, aromatico e rotondo al punto giusto, con l’aria emergono la pera, gli agrumi e un po’ di dolcezza del rovere. Un “finto semplice”, o meglio, uno di quei vini che finisci la bottiglia senza accorgertene.
FLAGSTONE Writers Block Pinotage 2014: bella espressione del vitigno sebbene l’impostazione internazionale lo precluda a livelli di gradimento personale più alti. Affinamento in barrique dai 18 ai 24 mesi. Piccola e grande frutta nera, sentori d’inchiostro, sbuffi balsamici, fine speziatura e leggera tostatura dolce. In bocca è coerente, di buona intensità ed acidità, i tannini sono finissimi e la dolcezza del legno segna un po’ il finale. Un quadretto vellutato che avrebbe beneficiato di un pizzico di sale in più.
BOSMAN Adama 2015: da un’azienda familiare storica (1699) un vino fair trade ottenuto da sette vitigni (!): syrah, cinsault, grenache noir, nero d’Avola, mourvedre, primitivo e viogner. I profumi sono delicati, incentrati sulla ciliegia e sulla prugna, oltre il mirtillo e una leggera speziatura. Al palato è più espressivo ed intenso, il rabarbaro e il caffè si aggiungono alle spezie, sul finale vira su una certa dolcezza. Il corpo non è così voluminoso, almeno per i 14,5 gradi che si fanno sentire.
STRANDVELD VINEYARDS: chiudo la rassegna dei vini con un piccolo approfondimento sulla cantina Strandveld. È la cantina più a sud del continente africano, ubicata tra Elim e Capo Agulhas, a soli 9 chilometri dall’oceano Atlantico e poco più da quello Indiano, una posizione unica e suggestiva. L’azienda è piuttosto recente, parte dal 2001, e si estende su 69 ettari vitati disposti su suoli ricchi di minerali ferrosi e quarzite, in un contesto ambientale sferzato dai venti marini.
I vitigni piantati sono principalmente sauvignon, syrah e pinot nero. Non ho potuto scambiare molte parole con la famiglia che gestisce l’azienda, perché il resto della “truppa” voleva rientrare presto in albergo, così ho acquistato quattro bottiglie, suggeritemi dal figlio che collabora all’impresa, e le ho assaggiate durante il corso di alcune cene. Due bianchi e due rossi, quest’ultimi non mi hanno entusiasmato per il solito “spropositato” uso del legno, mentre i bianchi li ho trovati piuttosto interessanti. Il First Sighting 2016 è un sauvignon blanc con un piccolo contributo di sémillon (16 per cento) elegante ai profumi e sul palato. In primo piano la frutta tropicale e l’agrumato citrino, quindi un accenno balsamico di canfora. Al palato è corrispondente e fila dritto sul binario sapido-minerale (alleluia!), la gradazione (12,5°) e la discreta acidità gli donano una beva encomiabile. In definitiva è un vino pulito, elegante e persistente che berresti senza sosta.
L’Adamastor 2015 gioca sempre sul binomio sauvignon blanc (56 per cento) e sémillon (44 per cento), quest’ultimo affinato dieci mesi in botti usate da 500 litri. Qui l’asticella gusto-olfattiva si pone più in alto, la frutta gialla e tropicale è matura con richiami anche canditi, delicati profumi floreali e vegetali e sentori di roccia bagnata completano il quadro. Al palato la complessità trova sponda in un corpo rotondo ma snellito dalla pregevole acidità citrina, la dolcezza del frutto è ben equilibrata dalla sapida mineralità. La gradazione di 13,6° è perfettamente armonizzata. Intenso, strutturato ed elegante, tra i migliori bianchi in assoluto assaggiati in Sudafrica.
Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.