Accade anche questo: che si continui a piantare ribolla gialla nei vigneti del Friuli, e nel Collio in particolare. Per un semplice motivo: la Ribolla Gialla, intesa come vino, tira. E tira a cominciare dal nome, che piace un sacco, soprattutto ai neofiti. Forse per quell’involontario ammiccamento alla bollicina, irrinunciabile tentazione per ogni bevitore che dir si voglia, o forse per via di una pronuncia -ribolla- che resta facile per ogni lingua del mondo. Non sto scherzando, trovano posto anche lì, in àmbiti che faccio un po’ fatica a comprendere, le molle emozionali che muovono a una conoscenza, a un acquisto ed a un brand, e di questo non possiamo che prenderne atto. Guardando il bicchiere mezzo pieno invece, ben vengano gli innamoramenti se consentono di valorizzare autentiche autoctonie. Purché non siano di facciata, purché non siano ostaggio della moda del momento. E la Ribolla, ammettiamolo, un po’ trendy lo è.
A suo favore, invero, giocano i “tempi enoici” che stiamo vivendo, dimentichi dell’opulenza e più inclini alla freschezza e alla bevibilità, caratteristiche accondiscese senza sforzo da questo vitigno, forte di una acidità naturale elevata (6-6,5) e di una morigerata alcolicità potenziale.
A suo favore gioca poi la versatilità, attributo buono per tutte le occasioni. Si passa così da versioni “mosse” (bollicine spigliate ma senza pretese, sovente vinificate in autoclave) a versioni in bianco “tradizionali” (in acciaio), fino agli orange wines o “macerati”, questi ultimi nati e cresciuti sotto la spinta propulsiva della compagine di Oslavia, guidata da interpreti d’eccezione quali Josko Gravner in primis, Radikon, La Castellada, Primosic, Dario Princic, poi diffusasi nell’area di San Floriano (Paraschos, Terpin) e anche più in là (Brda slovena).
Ora, che la naturale propensione della Ribolla Gialla guardi all’immediatezza non è un mistero per nessuno. Chiunque intenda ricercare spessore e profondità in un vino bianco non è che si affidi d’emblée a questa tipologia. Ed ecco allora che forzarne i limiti per riconfigurarne la fisionomia grazie al contributo della buccia ha senz’altro traghettato il paesaggio dei sapori in una dimensione altra, diversa, dialettica, se vogliamo selettiva.
Talvolta, e parlo dei casi più risolti, l’inspessimento in fibra e in tannini ha conferito ai vini un’aura decisamente caratteriale e meno anodina, consentendo loro di scartare di lato rispetto al main stream, ma siamo sempre lì con il conto: il tutto può acquisire senso compiuto se l’approdo non è e non sarà un approdo a metà, cioé condizionato più dal metodo di vinificazione che non dall’essenza del vitigno e del territorio. Ecco, su questo piano molta strada è già stata fatta, ma altra ancora ne resta da fare.
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COLLIO RIBOLLA GIALLA 2017 – CA’ RONESCA
Succosa, snella, acida acida, beverina beverina, affilata affilata. Una Ribolla essenziale e filologica. O filologicamente essenziale.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2017 – BORGO CONVENTI
Compassato e delicatamente agrumato, di moderata intensità ma di buona ampiezza gustativa, ecco un bianco dall’indole elegante e garbata la cui cremosità non si fa mollezza.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2017 – FIEGL
Piuttosto contratto aromaticamente, “secco e duro” senza concessioni, lascia pochi margini al non detto e alle sfumature di sapore.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2017 – HUMAR
Umorale e ruspante ai profumi, la sensazione bucciosa apre ad un gusto più estrattivo di altri, lì dove il timbro acido e citrino consente al vino di riprendersi quote di credibilità. Durezze assortite ne consigliano l’attesa.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2017 – CASTELLO DI SPESSA
Gioviale e spensierato, gioca le sue carte su agilità e freschezza, senza montarsi ulteriormente la testa. La trama, “savasandir”, è affusolata ma non tagliente.
COLLIO RIBOLLA GIALLA RONCALTO 2017 – LIVON
Non troppo esplicita (ma va?) ma lineare e concreta, rilascia sapore e mostra continuità nello sviluppo. L’affidabilità è di casa.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2017 – CANTINA PRODUTTORI CORMONS
Piuttosto tranchant nel finale, per il resto sono sentori fumé (non da legno), droiture, giustezza ed effetto rinfrescante.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2016 – COLMELLO DI GROTTA
Naso poco in risalto, solcato da lievi screziature non proprio fini. Ne apprezzerai la spinta acida ma, più che in altri casi, sentirai maledettamente la mancanza di “ciccia” e di sapore.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2016 – LA RAJADE
Succoso, equilibrato, portato al dettaglio, è una tattilità gradevolmente cremosa ad arricchire un andamento fresco e profilato.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2016 – NORINA PEZ
Sia pur in riduzione, fra le pieghe della trama subodori un’annata più risolta rispetto alla 2017. Niente male la continuità, la spinta e lo spessore.
COLLIO RIBOLLA GIALLA 2016 – CARLO DI PRADIS
Austero ma di buona profondità, l’acidità fa da efficace contrappunto alla dolcezza del frutto, diretta discendenza di una maturazione calibrata e completa. Si distingue.
COLLIO RIBOLLA GIALLA DI OSLAVIA RISERVA 2013 – PRIMOSIC
Colore ambrato da macerazione sulle bucce, suggestione floreale senza pesantezze, pulizia e accuratezza. Senti il sale, finalmente. Leggermente caldo ma molto piacevole. Soprattutto, non ostruito dai tannini.
COLLIO RIBOLLA GIALLA DI OSLAVIA RISERVA 2012 – PRIMOSIC
Intriganti toni salmastri e iodati confermano una macerazione ben condotta. Il frutto maturo e “albicoccoso” contribuisce alla melodia gustativa, semmai è il coté più dolce -rispetto alla 2013- che potrebbe incidere sulla piena versatilità con il cibo e con la tavola.
Degustazione alla cieca effettuata a Gorizia nel mese di maggio 2018, nell’ambito di Enjoy Collio Experience.
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.