Lui la sua “atipicità” di vignaiolo isarcense quasi la rivendica, e ne ha ben donde. Ma non come un vanto, bensì come un dato di fatto, connaturato e ineludibile. Gigione, istintivo, testardo, esigente, ferocemente autocritico, a volte burbero a volte scanzonato, ma anche ironico, “compagnone”, generosissimo, eterno ragazzo. Soprattutto, pervaso da un amour fou verso la propria terra, che vorrebbe sempre migliore di quel che è. Manni Nössing è tutto questo e anche qualcosa di più. Un uomo (un omone) che non è solito crogiolarsi all’interno del proprio orticello e non ha timore di mostrare il lato opaco di una medaglia, dal momento in cui individua nella coscienza critica uno degli stimoli irrinunciabili per il confronto e il miglioramento.
E’ uno dei portavoce enoici più affermati ed apprezzati della Valle Isarco. Quindi dell’intera regione. Ne ha ben donde. Per lui d’altro canto parlano i vini, i quali, nel filtrare inevitabilmente gli umori del loro artefice, appaiono da un lato finissimi e comunicativi, dall’altro bisognosi di tempo e di bottiglia per rendere piena evidenza alla loro bellezza interiore, sulle prime un po’ introspettiva (se si esclude il più esplicito Müller). Vini peraltro assai diversi rispetto a quelli degli esordi -fine anni Novanta, inizio anni Duemila-, che avevano di fatto sancito un modello stilistico molto copiato e molto apprezzato dalla critica enologica imperante, e che vedeva nel Kerner il vino portabandiera, tipologia alla cui “emersione” hanno sicuramente contribuito, per l’appunto, gli eclatanti risultati ottenuti da un giovane vignaiolo di Bressanone chiamato Manni Nössing.
Ma così come venti anni fa Manni aveva lottato contro il volere di un padre per convertire il vecchio maso Hoandlhof alla vitivinicoltura specializzata, approdando all’imbottigliamento in proprio (prima di allora le uve venivano conferite all’Abbazia di Novacella), allo stesso modo qualche anno più tardi non ha esitato a rimettere in discussione un modo di interpretare la terra e il vino nel quale faceva ormai fatica a riconoscersi, troppo debitore -a suo dire- della concentrazione, della esuberanza glicerica e di una malcelata benevolenza alcolica e zuccherina.
Così ha intrapreso una strada nuova, per arrivare a disegnare vini sempre più stilizzati, di grande forza interiore ed elettiva finezza, quale diretta conseguenza di una gestione diversa del vigneto. Ecco quindi una riequilibratura delle rese in pianta, meno selettive di un tempo, ed ecco una differente gestione della parete, con la progressiva rinuncia a sfogliare nella fase di maturazione del frutto. Al contempo, assistiamo ad una crescente insofferenza verso le luci della ribalta e i clamori mediatici. Niente più vini alle Guide per esempio, alcune delle quali ritenute corresponsabili di aver imposto e favorito modelli stilistici omologanti. I vini, già buoni allora, hanno cambiato pelle, proiettando la loro immagine su orizzonti di cristallina purezza. Il resto appartiene alla conca di Bressanone e al suo speciale microclima, il resto è “appeso” a quei suoli granitici e sabbiosi.
Nel corso di questa rivisitazione stilistica ed interpretativa, Manni ha deciso di fare a meno del gettonatissimo Gewürztraminer, una tipologia di vino con la quale, nonostante il successo commerciale, ha sempre avuto scarsa empatia, per puntare decisamente su Sylvaner, Grüner Veltliner, Kerner e, da quando ha acquisito in modo fortuito e rocambolesco una parcella situata a 800 metri slm in quel di Tiso, nella prima Val di Funes, sul Müller Thurgau, con alcune intrusioni nel mondo del Riesling, dove ammette però che ha ancora della strada da fare.
Non riveliamo niente di sensazionale se confermiamo che alcuni dei vini più rappresentativi della Valle Isarco e dell’Alto Adige tutto nascono qui. In special modo Sylvaner e Kerner, per la loro innata capacità di fondere fragranza, sapore, dinamica, eleganza e persistenza salina. Ma anche il longilineo ed interiorizzato Grüner Veltliner, a cui Manni è particolarmente affezionato, è capace di maturare bene in bottiglia. Se poi mettiamo nel conto annate propizie come la 2016, ecco che potrebbe capitare di incontrare uno dei più esaltanti Müller Thurgau degli ultimi anni.
Da un certo punto di vista, nonostante l’apparente anarchia del suo libero pensiero, non ha destato poi troppa sorpresa un suo diretto coinvolgimento in sede “istituzionale”. Fra i promotori più convinti della Associazione Vini Valle Isarco (Eisacktalwein), nella quale ha ricoperto il ruolo di presidente, Manni ha sicuramente contribuito al confronto dialettico, all’unione di intenti e alla crescita di consapevolezza all’interno della compagine, grazie alla proverbiale vis polemica e al continuo “pungolo” del suo ragionare di territorio. In sua compagnia, d’altronde, sei sempre sul chi vive, perché è una testa pensante, cocciuto ma assolutamente desideroso di ascoltare l’altro e di trovare stimoli in un contraltare.
Niente di più sbagliato etichettarlo come “personaggio”, perché non vi sono forzature né scollamenti fra la sua essenza di uomo e di viticoltore; la sua è una selvatica inquietudine mossa da un desiderio bruciante: l’esaltazione delle potenzialità di una terra onorata da una vocazione, la cui piena valorizzazione non solo deve farsi esigenza, ma deve passare per la caparbietà della sua gente a compiere gesti autentici e rispettosi, senza (più) dormire sugli allori. Ecco, Manni Nössing è tutto questo, e anche qualcosa di più: la sua conoscenza, da sola, vale il viaggio.
I VINI DI UN GIORNO
Valle Isarco Müller Thurgau Sass Rigais 2016
Elegantissimo, sussurrato, davvero vibrante per ritmo, profilatura e titillante sapidità, assume un portamento signorile e leggiadro al tempo stesso. Il miglior Müller dell’anno è intessuto a macramé.
Valle Isarco Sylvaner 2016
Notevole il cambio di passo, e la distensione, di cui può farsi suggeritore il tempo. Assaggiato lo scorso anno a ridosso dell’imbottigliamento, ne apprezzai l’ampiezza ma non i dettagli, la grassezza buona ma non la filigrana del sapore. A distanza di qualche mese è tutto un rifiorire: di contrasti, di luminosità, di articolazione. Nobile e lunghissimo, si fa esaltante nella sua profonda dinamicità.
Valle Isarco Kerner 2016
Il vino bandiera di Nossing resta come in attesa dell’intonazione migliore per quanto riguarda l’assetto dei profumi, ma la sua bocca già trascina, grondando acidità e freschezza. Succulenta, di decisa energia motrice, fa salivare e ti invita alla riprova.
Valle Isarco Grüner Veltliner 2016
Netto, puro, senza fronzoli, i sentori di erbe, mentuccia, cereali e frutti a polpa bianca annunciano un vino autenticamente saporito e da ascolto attento.
Valle Isarco Grüner Veltliner 2015
Camomilla, menta, erbe, orzo e una bella suggestione minerale ci confortano sul fatto che l’ampiezza del tratto gustativo non perda dettagli per strada, e l’annata generosamente calda resti stemperata da uno sviluppo accordato, di sola essenza, saporito nell’anima.
Manni Nössing – Via dei Vigneti, 66 – Bressanone (BZ) – tel 0472.835993
Contributi fotografici dell’autore, eccetto la prima foto in ordine di apparizione e la foto di Manni con il cane, estratte dal sito valleisarco.info.
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Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.