Il turbine di turisti e non che gira vorticoso nell’anello di strade tra il mercato di San Lorenzo e la via dei Banchi in vista del Battistero, trova una improvvisa tregua quando si imbocca via dei Conti. Qui si avverte una pace che ha dell’irreale, considerando che siamo nel cuore pulsante di una delle città più visitate d’Italia, e qui si aprono gli alti portoni del Konnubio. Decliniamo al plurale perché, a fianco di quello del ristorante, c’è l’ingresso della bella corte dedicata ad aperitivi e al bere miscelato.
Arrivandoci proprio da via dei Banchi si vede alta la cappella dei Medici, a sovrastare e forse benedire le imprese di questa cucina e di colei che la guida, una “straniera”, una “barbara” marchigiana venuta a conquistare i palati sulle sponde dell’Arno. Lei è Beatrice Segoni, per tanti anni spalla e coautrice dei piatti rivoluzionari di Gianfranco Vissani, che seguì nel novembre 1999 in occasione di un vertice internazionale che vedeva protagonista il gotha della politica di allora: Bill Clinton, Tony Blair, Lionel Jospin, Gerhard Schroeder, Romano Prodi presidente della Commissione Europea, e l’allora premier D’Alema che naturalmente reclutò il “suo” cuoco prediletto per stupire i colleghi leader. E lei, Beatrice, fu notata dai Ferragamo che avevano già in mente il progetto di un ristorante. Passò poco tempo, la telefonata arrivò e con la telefonata il cambio di vita, oltre che di regione: nel 2002 nacque Borgo San Jacopo.
“Il successo fu immediato grazie alla semplicità e alla leggerezza della mia cucina”, dice oggi Beatrice, e il suo brodetto di pesce (ma anche la frittura) non usciva pressoché mai dal menu, anche se a noi anni fa lasciò stupefatti il coraggio di un piatto come i Bottoni di animelle con gambero rosso, che aveva un che di espressionista il modo quasi violento in cui i sapori si componevano in una esemplare armonia.
Ma bando ai ricordi: nel frattempo ci sono stati un matrimonio e un cambio di pettinatura, e questo grande impegno del Konnubio che parte dal mattino e continua fino a tarda sera, senza pensare che presto arriverà un wine bar ambientato nei fascinosi ambienti delle cantine di questo maestoso palazzo, dove si apre naturalmente la sala dalle luci morbide e l’arredo elegante senza freddezze.
Nel menu sono riassunti gli esiti di una cucina che sa farsi leggere con chiarezza ma è pensata e costruita con rigore, in modo da rendere sempre chiari i disegni tracciati da sapori, temperature e consistenze. Senza stordire con tanti elementi che anzi -spesso- saranno tre, come vedremo nei piatti a seguire. Prendiamo per cominciare un antipasto, l’Uovo poché con pane croccante al prosciutto e spuma di asparagi: tre elementi fondamentali, in alto la leggerezza, alla base la croccantezza e il gusto deciso, in mezzo la morbidezza che sconfina nella fluidità.
Certo, il ricordo dei bottoni riaffiora al cospetto dei Cappelletti di ossobuco alla fiorentina, crema di burrata e schiuma di lime: sono più morbidi e meno “contundenti”, ma certamente equilibrati e affascinanti. Più diretto il messaggio delle Linguine aglio, olio e peperoncino su battuta di ricci di mare, dove alla giusta combinazione di sapori assicurata da una formula di salda tradizione si accosta una delle più sontuose prelibatezze del mare. “Ci sta!”, direbbero i giovani.
Complessa la preparazione ma chiaro il risultato della Terrina di faraona ai funghi su crema di polenta bianca alla menta e lemongrass: cottura sottovuoto a 64 gradi, passaggio in padella, poi in forno, inserimento di una tapenade di funghi. La Guancia di maiale accompagnata da patate alla vaniglia e bietole, cotta a 140 gradi, viene poi glassata con la sua riduzione per dare quella sferzata che manca spesso ai piatti troppo costruiti “nelle macchine”.
Formula “del tre” e dei piani sensoriali distinti ribadita nei dolci, misurati nella dolcezza, pimpanti e freschi (e non solo per la stagione), come il Cannolo di croccante alla mandorla, cremoso al pistacchio e gelato all’amarena, o nel Parfait all’amarena, pan brioche e gazpacho alla pesca, enigmatico nella forma ma non al palato.
E insomma, alla fine del viaggio gustativo, riusciamo forse a dare una interpretazione della “semplicità” della cucina rivendicata con forza. Sapere organizzare, anche con tecniche moderne ma soprattutto con talento e pensiero retrostante, strutture o architetture che viste (in questo caso assaporate) appaiano chiare, leggibili, naturali, fruibili senza sforzo e con tanto piacere. Come accade per le basiliche rinascimentali disseminate dalle parti del Konnubio.
La carta dei vini non è sconfinata ma è interessante e compilata con intelligenza; tre menu degustazione a 45, 60, 85 per tre, cinque e sette piatti rispettivamente. Tre portate alla carta in media stanno sui 50.
Konnubio
Via dei Conti 8r – Firenze
Tel. 055 2381189
www.konnubio.it
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