Odio chi. Le corrosioni del tempo e il mio primo pezzo “politico”

Tempo di lettura: 6 minuti

PREFAZIONE

Io non sputo nel piatto in cui mangio, vorrei soltanto mangiare in un piatto pulito.

Parlare di vino è come parlar di sé stessi.

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SVOLGIMENTO

corrosione-1Odio i nick name. Mi piacciono i nomi e i cognomi, “spingitori degli spingitori” della verità.

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Guardo con sospetto antico tutti coloro che sentenziano di vino con liceità e ruoli da comunicatore, critico o “influenzatore”, pur facendo parte -zitti zitti- della filiera commerciale.  In un mondo globalizzato la contaminazione è un’esigenza, ma non esageriamo però!

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Jet-set e vino sono un ossimoro.

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Dai giornalisti prezzolati e dai galoppini dell’establishment esigo distanza. Il brutto è che si nascondono bene, e a volte ti trovi a dare la mano a chi la mano non si meriterebbe.

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corrosione-11Vino e comunicati stampa: due traiettorie espressive che non dovrebbero incontrarsi mai. Tuttalpiù un saluto e via.

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Non so perché, ma far scivolare il vino sul piano di un mero prodotto di consumo mi provoca ancora l’orticaria. E fa anche un po’ male. Ma ho la pelle delicata, lo so, e poi cosa ci costa, a volte, rimaner bambini?

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Mi inquieta l’esaltazione della etichetta-feticcio, immortalata con psicosi compulsiva per essere poi subitaneamente sbandierata su ogni canale social possibile immaginabile, guardandosi bene dallo spiegare il perché di quella ostentazione, guardandosi bene dall’approfondimento e dall’analisi. Come se la glorificazione dei simulacri non fosse già di per sé lo specchio riflesso di un malanno epocale e transgenerazionale.

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corrrosione-5Il degustatore e lo scrittore enoico vanno sempre di corsa, sono super presi e hanno il tempo che gli soffia sul collo. Li incontri, sono lì davanti a te ma vorrebbero già essere da un’altra parte perché affogati di impegni. Non è mica vero eh, ma la bugia dà un certo tono e allevia per un attimo dalle umane frustrazioni.

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Odio la corsa ai punteggi roboanti, affibbiati oramai anche ai vini correnti. La vedo come il goffo tentativo di rimanere a galla “iperboleggiando”, o come subdola pratica per tenere a bada la malcelata suscettibilità dei produttori recensiti, che è cosa ben diversa dalla credibilità e dalla misura.

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corrosione-3Calandosi sul piano professionale di chi intenda analizzare vini e territori per ricavarne scale di valori, alla fine del salmo il domandone viene sempre fuori: degustazione alla cieca o no? Cieca, senza dubbio, una prassi deontologicamente sana. Ma quando è cieca veramente però, e conoscendo annate e tipologia, ché non è che siamo lì a giocare a chi ce l’ha più lungo. E il critico di turno, refrattario al metodo, ti risponderà: sì ma io, in quanto critico, mica mi faccio influenzare dall’etichetta, sennò dovrei cambiare mestiere! Balle, in un mondo dove l’autostima è alle stelle. E poi il mestiere non lo cambia.

Detto questo, la critica enologica non si pratica e non si impara a tavolino, la si pratica e la si impara viaggiando. Perché è studio, confronto, approfondimento sul campo, esperienza esperita. La critica enologica richiede tempo. E una sincera attitudine all’innocenza.

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corrosione-2Nel mondo del vino, e della critica in particolare, la memoria è abolita e la coerenza un optional. Ci si reinventa che è un piacere e si è portati a stendere un velo su ciò che si era e su ciò che si pensava, soprattutto se totalmente altra cosa da ciò che si pensa oggi. Fino al punto da chiedersi: si farà più bella figura a sentirsi “sul pezzo” simpatizzando con la new thing del momento, nonostante le precedenti visioni, oppure è preferibile restare ancorati alle proprie convinzioni, nel frattempo magari divenute anacronistiche? E’ un bel dilemma, ma c’è chi ci sguazza dentro a sprezzo del ridicolo, noncurante degli scheletri sepolti nell’armadio. Che poi, alla genìa dei produttori e dei consorzi organizzati, di questi sommovimenti di coscienza mica importa (vedi anche la prossima corrosione ).

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Di un vino, del mio vino, basta se ne parli bene. Tutto il resto è noia, come cantava il Califfo.

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corrosione-6La crescente consapevolezza acquisita da coloro che si sono accostati progressivamente al vino e che ora possono vantare una buona base di cultura e di conoscenza, ha portato alla nascita e allo sviluppo di uno zoccolo duro numericamente significativo di appassionati, ciò che ha contribuito a svelare che il re è nudo, se ci riferiamo a certa critica enologica particolarmente “connivente e irreggimentata”.

E se il “Re Nudo“ a me è sempre piaciuto, la tentazione di far di tutta un’erba un fascio resta un esercizio fondamentalmente ingiusto e pericoloso.

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Tutto quel che si può dire (e pensare) di male sul mondo della critica enologica è un buffetto amoroso se confrontato con ciò che si può dire (e pensare) di male sulla critica gastronomica.

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Mi preoccupa la luce obliqua che pervade gli sguardi di noi degustatori durante i consessi comuni, lì dove ci ritroviamo ad assaggiare, ciascuno per proprio conto. Perché sembrerebbe voler dare ad intendere che di ciò che pensano gli altri in materia a noi non ce ne freghi un cazzo. E che nessuno potrà smuoverci dalle nostre convinzioni in fatto di visione stilistica e lettura di un territorio. Tali consessi fanno emergere appieno la figura del degustatore “imparato”, e sono l’accecante fotografia di una connaturata indisponibilità al dialogo. E’ lì che ti accorgi di quanta opacità sia foriera quella luce.

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I wine writers, specialmente gli anglòfoni, stanno pensando di ampliare la gamma dei punteggi per arrivare a comprendere scale centoventesimali. Le centesimali ormai, sfruttate intelligentemente solo e soltanto dai 90 punti in su, non sono più bastevoli alla meraviglia. Che volete, c’è chi nasce ottimista per discendenza, con il miraggio della promised land sempre dietro l’angolo.

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corrosione-8Scrivere di vino significa innanzitutto gratuità, come certi editori ben insegnano, auspicano e promulgano. Dopodiché va bene ‘gni cosa.

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Mi sono accorto che un gran numero di persone, entrate nel mondo del vino dalla porta della narrazione o della degustazione professionale, sono state astemie fino all’età matura. Dalla loro, quindi, una passione derivatagli il più delle volte da un approccio cerebrale, idealizzato. Niente fiaschi sopra il tavolo insomma, nessuna quotidianità, nessuna confidenza. Prima. Cosa voglia significare non lo so, o forse sì.

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I degustatori cosiddetti professionali sono affezionati ai riti e alle piccole manie. Le fisime sono loro compagne. Io, ad esempio, lungi dal considerarmi professionale, senza una scorta considerevole di tovaglioli di carta non inizio neanche. Ma c’è di peggio.

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corrosione-7Il mondo del vino, per sua natura e da qualsiasi parte lo si voglia guardare, dovrebbe ispirare sorrisi, non risibilità.

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Dotti, medici e sapienti, estirpate vi prego la permalosità, infiltratasi con prepotenza nelle menti di una intera categoria!

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Circa i modi di scrivere sull’enomondo non se ne trova il bandolo: la linearità e lo schematismo sono considerati sinonimo di incertezza o di mancanza di personalità, quando non di aridità espressiva, l’attitudine poetico-letteraria niente di più che una velleità autoconsolatoria dagli insidiosi risvolti comici. Certo esistono le vie di mezzo. Di sicuro però esiste chi sa scrivere e chi no. E fra quelli che sanno scrivere c’è Tin Pan Alley e c’è Billie Holliday. Da una parte la patina incolore, dall’altra l’interiorità la più profonda, capace di aprire pertugi tutti nuovi e farti entrare dentro la materia del contendere come “la radio che suona Neil Young e che sembra avere capito chi sei”. Mi chiedo se sia ancora così difficile sentire quando canta Billie Holliday.

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Amo la travolgente ingenuità “dell’appassionato semplice” (che è altra cosa dall’appassionato irreggimentato), sia nell’approccio alla materia che nella narrazione dell’universo-vino. Una delle poche brecce che portano dritte all’autenticità.

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corrosione-9Cosa vi credevate, che mi fossi dimenticato dell’argomento degli argomenti, ossia della naturalità nei vini? Mettiamoci l’anima in pace e serbiamo i fiumi di parole per altri temi. Perché, da questo punto di vista, è iniziata la rivoluzione, e la rivoluzione non la fermi, la rivoluzione ti inonda.

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Il vino, cazzo, è un concetto di sinistra. Consentitemelo!

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Ah, non ho mai apprezzato i Ramones.

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Si può dire di tutto in un mondo senza stile (cit.)


Nota conclusiva: l’ordine di apparizione delle corrosioni ha seguito esclusivamente il flusso di coscienza, il caos interiore e la casualità.

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14 risposte

  1. Me l’avevi prennunciato e lo attendevo, ma non lo avrei indovinato… cavalchi i crinali pericolosi di chi parla del suo stesso mondo (come espliciti subito in prefazione), ma li cavalchi bene, e d’altra parte non ti mancan le parole per raccontarcelo (quello si sapeva!)

  2. Notevole Fernando … corrosioni profonde e direi anche “ruggini” … che senza veli ti espongono a qualche nuovo nemico … che alla fine viva il confronto se serve a dare una pulita al piatto.
    Da intenditore anche musicale tanto la citazione della grande e intima Billie Holliday, quanto della controversa Tin Pan Alley, che per quanto meno nobile ha visto virtuosi come George Gershwin o Scott Joplin iniziare in quel mondo.
    Viva il flusso di coscienza

  3. Grazie Riccardo per le parole e per la lettura. E nel sottolinerare che l’autocritica non è mai da escludersi ( lo dico, parlar di vino è come parlar di se stessi), così come il fatto che a volte la corrosività potrebbe intercettare l’ironia ( a volte eh!), resto dell’idea che TPA, nel 90% dei caxsi eccetto qualche immancabile eccezione, abbia generato fondamentalmente mainstream, una sorta di Brill Building ante-litteram, sfornatori di musiche e spartiti volti più all’accademia e alla inoffensività che non alla “verità”, la piccola “cosa” che, come tu ben sai, sta dietro sotto e sopra la voce e il canto di una Billie Holliday….. ciaooooo

  4. Bravo Fernando! Mi piace leggerti ! Il ragazzo di mia figlia ha iniziato enologia …gli ho suggerito di leggere il tuo pezzo …e di iscriversi ad acquabuona!
    A presto

  5. Che il vino sia un concetto di sinistra, cazzo, te la passo come battuta. 🙂
    Però in effetti il concetto può pure essere de sinistra, ma il vino, se proprio vogliamo farne una questione meta-politica è al più liberale, anti-ideologico, perfino razionalista.

  6. Fernando buongiorno,
    l’esternazione che più mi è piaciuta è quella dei “narratori e degustatori” che sono stati astemi fino all’età matura……..niente fiaschi sopra il tavolo……

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