Fabrizio sta in sala, Laura in cucina: i fratelli Lorenzini, a causa della bufera che si è abbattuta sulla Maremma il 29 ottobre scorso, non hanno potuto raggiungere Roma per ritirare il premio del Gambero Rosso. La Guida Ristoranti 2019 gli ha infatti assegnato il riconoscimento per il miglior rapporto qualità-prezzo. Se ne parla tanto, tantissimo, in questi tempi di crisi. Basta leggere le recensioni su TripAdvisor: quasi tutti si lamentano del conto finale, sia che si tratti di un locale di lusso, sia che si tratti di una piccola osteria.
Al ristorante Mocajo (Casino di Terra nel comune di Guardistallo, sulla strada che da Cecina porta a Volterra, in provincia di Pisa) i conti sono sempre stati lievi. Ma la qualità, questo è il bello, è sempre in crescita. Con meno di 50 euro ti può arrivare in sala un trancio di castagnaccio (farina nuova) con salsa di acciughe e pecorino, fagottini di baccalà con salsa in agrodolce, fantastiche tagliatelle con la lepre (cacciata da Fabrizio, incallita doppietta), un piccione nostrano ripieno con crème caramel di cipolla. C’è anche il tartufo, localissimo, dalla grattata a buon mercato. E poi gran finale con le frittelle (in realtà sembrano bomboloncini) con farina di castagne e salsa di cachi. Difficile immaginare un menù così intimamente legato al territorio.
Ma quando si parla di qualità/prezzo si deve aggiungere una sala molto bella, tavoli ben distanziati e un tovagliato di pregio. Più una carta dei vini che viaggia sulle 400 etichette, e che anche in questo caso non è mai un attentato al nostro portafoglio. Il Mocajo (moca è una leguminacea che si usava per governare le bestie, ma in caso di carestia la mangiavano anche gli umani) è un esempio virtuoso di “applicazione” al territorio (inutile ricordare i grande pecorini della zona, ormai quasi tutti bio e con la Dop Balze Volterrane), ma per fortuna non è più il solo.
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Quattro portate a 40 euro è una proposta che troverete anche da Extra, il locale aperto sulla Via Aurelia, a Carrara, a due passi dalla grande rotonda di Turigliano. Anche qui posto molto bello, marmi di pregio (il ristorante appartiene a una famiglia di grandi imprenditori del settore lapideo), tavoli ben distanziati. E una proposta che punta su una giusta creatività, e che comprende ad esempio un ottimo sandwich di piccione (che sta tornando prepotentemente di moda) e un fegato grasso alla francese come secondo. Cantina ugualmente di valore, con la dovuta attenzione alle produzioni locali.
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Anche al Giglio di Lucca, appena premiato con la stella Michelin, il conto ha la dimensione giusta, soprattutto se si opta per il menù degustazione che i tre enfant prodige Stefano Terigi, Benedetto Rullo e Lorenzo Stefanini propongono. Ah, qui dovete sempre ordinare il risotto che sta in carta: sono pochi i ristoranti, quantomeno in Toscana, che riescono a valorizzare la cottura del chicco -e gli ingredienti del condimento- come in questo caso.
Ci chiediamo: l’idea che in grandi ristoranti si possano ordinare bei menù degustazione a prezzi accessibili stimola il gourmet a viaggiare, a muoversi, a premiare chi riesce a tenere bassi i conti? Sì, parrebbe ovvio. E qui nasce il problema: non sempre è così. Siamo in Italia, si teme che il menù degustazione sia una proposta di serie B (o peggio) e che non esprima al meglio la qualità della cucina. Si teme – siamo o non siamo i reucci della “bella figura”? – di passare per morti di fame. E invece sarebbe l’ora di premiarli questi locali.
Qualche nome oltre la Toscana? La Stella d’Oro a Soragna, nella campagna parmense, locale bellissimo con macaron Michelin; L’Erba del Re a Modena, anche qui con tanto di stella nella “guida rossa”; e poi ancora La Corte a La Spezia o l’Armanda a Castelnuovo Magra, che può vantare uno strepitoso menù a 35 euro….
Cucina pop, come direbbe Davide Oldani? No, grande cucina.
Contributi fotografici (escluse le foto riguardanti il Giglio, ricavate dal repertorio proprietà de L’AcquaBuona) gentilmente concessi dai ristoranti.
Fotogallery
Nasce a Viareggio in pieno boom economico (1958). Il babbo lo portava da piccolo a cena da Tito al mitico Sabatini di Firenze. Da qui la grande passione per il cibo. Per quasi 40 anni lavora per il mitico quotidiano Il Tirreno, poi la “meritata” pensione. Ha scritto per tante riviste di viaggi e gastronomia, da Tuttoturismo a Bella Europa al Gambero Rosso. Fra i servizi più divertenti quelli sul Tokay e sulla Bresse, le Landes e lo Yorkshire. Come tanti amanti del cibo va alla ricerca del suo sapore primordiale, e per lui è il budino che gli faceva la nonna con le bustine Elah. Sposato con una giornalista, ha tre figli.