Sbuchi dal bosco e c’è un altro tempo. Ma non meteorologico, proprio un altro tempo, con un’altra scansione. Alla Fabbrica di San Martino scorre diversamente, non c’è niente da fare, e in un modo tutto suo, facendo da ponte a una sensazione di generale rilassatezza e di sottile benessere che ti prende all’istante, quando approdi in quel posto lì. E’ la quiete attesa.
E se l’antica villa padronale, oggi proprietà Tronci, lascia riecheggiare nei suoi movimenti architettonici la noblesse lucchese, nei casolari attorno l’atmosfera si fa campagnola, tipo Provenza, o roba così.
L’affaccio sulla piana di Lucca d’altronde è puro privilegio, e poi la vecchia vigna degli Arcipressi, che ha ormai superato i 70 anni, l’ho trovata in buona forma questo giugno, di una sua fiera portanza, e con una foglia sana, promettente. E questo nonostante i chiari di luna climatici impongano sempre più rimodulazioni e ripensamenti, soprattutto in campo agronomico.
Giuseppe Ferrua, nella sua seconda vita da vignaiolo, dopo tanti anni vissuti da ristoratore, cura con attenzione paterna i suoi 2 ettari di vigna concretizzando una realtà a misura d’uomo dove i vini poggiano su una naturale schiettezza e su un provvidenziale genius loci: strutture bilanciate, tenore alcolico morigerato, beva.
Soprattutto se ti accosti ad Arcipressi rosso, mix dei 14 vitigni a bacca nera ( fra cui sangiovese, canaiolo nero, colorino, aleatico, ciliegiolo, moscato d’amburgo…) presenti nella vigna omonima e concepito come un uvaggio, che nel suo passo disinvolto accoglie il ricamo aromatico, la delicatezza e la vibrazione dell’acidità, più che del tannino, trasmettendo al bicchiere un’aura pinotteggiante che è puro conforto. L’annata 2022 si muove su questo spartito, da quando ti accorgi che nella sua trama affusolata ad esaltarsi sono la fragranza del frutto fresco del bosco e la spontaneità.
In cantina nel frattempo sta in affinamento il Fabbrica di San Martino Bianco 2023 ( vermentino, trebbiano e malvasia), così a sentimento uno dei migliori bianchi mai prodotti qui, per brillantezza aromatica e vivezza.
L’annata 2022, in commercio quest’anno, rilascia una sensazione di rilassatezza nell’eloquio; la larghezza del sorso, dal rilievo acido smussato, si intride comunque di sapore, e come sempre di questo vino a colpirti è la fibra tattile, assieme alla matrice terrigna di sentori moderatamente cerosi e macerativi.
Per i rossi a più lunga gittata temporale Giuseppe si affida invece alle uve provenienti dalla vigna limitrofa all’Arcipressi, piantata 24 anni fa, da cui ricava il Colline Lucchesi Rosso Riserva Fabbrica di San Martino, blend di sangiovese, canaiolo, colorino e ciliegiolo che sconta lunghi affinamenti ( in botte, ma soprattutto in bottiglia) prima di uscire sui mercati. Oggi è il turno dell’annata 2019, il cui timbro di sottobosco umido richiama profondità, in un contesto espressivo sobrio e rigoroso, dai tannini sopportabilmente e gradevolmente rugosi.
Ah, questi vini provengono da una agronomia e da una enologia biodinamica a certificazione Demeter. Una scelta maturata fin dall’inizio, circa 24 anni fa, approfondimento in itinere di un modo di “sentire” la vigna, il vino e le loro interconnessioni con l’ambiente attorno che ha preso a fondamento non tanto e non solo i precetti steineriani, ma anche gli insegnamenti bio ante litteram dello storico fattore di Fabbrica, Mario Pasquinelli, andato in pensione alla fine degli anni Novanta e oggi scomparso, a cui Giuseppe non manca mai di fare affettuosa menzione.
Ah, dimenticavo: ci troviamo a San Martino a Vignale, sulla via che porta alla Pieve di Santo Stefano, che già dal nome tradisce una vocazione. Qui è dove il tempo recupera il tempo, e dove tutto riacquisisce il giusto peso.
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Fabbrica di San Martino – Via Pieve Santo Stefano 2511 – Lucca – www.fabbricadisanmartino.it
Contributi fotografici dell’autore
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.