Rocco Toscani (figlio di Oliviero) sta facendo tesoro della sua umiltà. Non era scontato, con il nome che porta, ma è andata così. Un’umiltà intrinseca, connaturata, che insaporisce con una forte passione; in azienda fa tutto, il vignaiolo per esempio, e governa con occhio sensibile un piccolo paradiso di biodiversità affacciato sulle alture di Casale Marittimo, in un luogo che è sì collina ma anche un po’ mare.
Quattordici ettari di vigna su tre corpi distinti a diverse quote altimetriche, e poi oliveti, cavalli, colombi viaggiatori, macchia mediterranea, latifoglie. E poi ancora vento e silenzio.
Dell’azienda paterna ha amorevolmente stravolto i gesti e gli obiettivi, praticando fin da subito un’agricoltura biologica, smettendo di cimare le viti e di lavorare i terreni, e orientandosi (sostanzialmente) su soli due vitigni: syrah in primis, di cui si è innamorato, cabernet franc in secundis. Nella vigna più alta di quota, che è poi quella più estesa, la terra assume un colore rossastro, è ricca di ossidi di ferro e possiede un’anima calcarea; il luogo è segnato dalla ventilazione, dalla biodiversità e dall’influenza del mare.
Nella gamma dei vini, invece, ha progressivamente introdotto nuove etichette monovarietali con l’idea di recuperare il senso e la dimensione del vino pop, lì dove sincerità espressiva e spontaneità possano fare il paio con un’enologia formalmente curata. Ci sta riuscendo: i vini della contemporaneità accolgono anima e precisione esecutiva. Soprattutto sul fronte del syrah, che Rocco traduce in ben 4 referenze un per l’altra di brillante nitore e godibilità, a coglierne l’intrinseca versatilità di vino-vitigno.
C’è un rifermentato in bottiglia soffice e fresco (Lolì), c’è un Syrah “acciaioso” croccante e gastronomico che ispira l’instintualità di un bere amico (Itoscani), c’è la versione affinata in legno grande (Vedomare) che in un millesimo particolarmente riuscito come il 2021 si distingue per equilibrio e misura espressiva, eppoi ce n’è una che spicca su tutte per una semplice ragione: si chiama Lumeo (annata 2021), è stata vinificata in anfore di terracotta e affinata in cocciopesto. Mica per altro, perché non si tratta soltanto di un bel Syrah, ma di un approdo.
___§___
Giornalista pubblicista toscano innamoratosi di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione ad azione culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di direttore responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente regionale della guida Slow Wine per la Toscana.