L’edizione meneghina di “Lugana Armonie Senza Tempo” si è svolta venerdì 7 giugno tra le suggestive sale e la terrazza vista Duomo del Palazzo Giureconsulti, nel cuore di Milano. Oltre trecentocinquanta persone hanno partecipato alla kermesse: giornalisti, amanti del vino e professionisti. Gli ospiti, durante tutto il giorno, hanno avuto l’opportunità di scoprire le peculiarità del vino bianco più noto della Lombardia. L’evento è stato reso possibile grazie all’impegno del Consorzio Tutela Lugana Doc e dei produttori coinvolti.
Abbiamo assistito a momenti piuttosto classici per chi si occupa di vino, ovvero banchi d’assaggio e approfondimenti vari, ma anche ad iniziative originali quali ad esempio la masterclass “Vino: il design di un territorio”. Il giornalista e sommelier Andrea Gori ci ha condotti in una sorta di viaggio narrativo, incentrato sul parallelismo tra la bevanda cara a dio Bacco e una tra le dimensioni creative che rende nota Milano in tutto il mondo. Affianco ad alcune delle tipologie più rappresentative della denominazione: Metodo Classico, Riserva e Vendemmia Tardiva, ritroviamo opere di famosi architetti e designer quali Enzo Mari a Gio Ponti. Doverosa l’introduzione di Fabio Zenato, il presidente del Consorzio, ed i saluti di Edoardo Peduto nella veste di Direttore.
Altre attività originali e inconsuete hanno accompagnato la manifestazione. La “Special Experience”, ovvero un approfondimento dedicato al vino Lugana guidato in parte dell’intelligenza artificiale in chiave artistica. La collaborazione con la Galleria Il Vicolo di Genova, questultima ha impreziosito anche il wine tasting allestito tra le sale del Palazzo Giureconsulti. Svariate opere di artisti contemporanei, esposte lungo il percorso della degustazione, hanno dimostrato ancora una volta il profondo legame tra vino e artigianalità. I produttori di Lugana, provenienti da oltre cinquanta cantine delle province di Brescia e Verona, hanno potuto accogliere il pubblico nel migliore dei modi offrendo loro la possibilità di degustare – immersi in un’atmosfera sobria ed elegante – le diverse tipologie della denominazione simbolo del Lago di Garda, la prima riconosciuta in Lombardia.
L’areale vitivinicolo in questione abbraccia due regioni e due province: Lombardia e Veneto, dunque le città di Brescia e Verona. Cinque I comuni coinvolti: Sirmione, Pozzolengo, Desenzano, Lonato e Peschiera del Garda. Il bel Paese è stracolmo di denominazioni così interessanti, tanto per i vini bianchi che per i rossi, ricche di tradizione e storie da raccontare. Il problema, se così possiamo chiamarlo, è che le stesse vengono apprezzate più all’estero. L’attività turistica è molto importante per via del lago, una sorta di volano per l’intero territorio. Considerando, dunque, l’importante affluenza di vacanzieri tedeschi e austriaci l’export è inevitabile, e la grande richiesta di Lugana spinge le aziende a proporre svariati vini che – soprattutto durante le stagioni calde – devono essere già disponibili presso i vari ristoranti della zona. Ma il Lugana Doc è molto di più. Esistono svariate tipologie contemplate all’interno del disciplinare: Metodo Classico, Riserva e Vendemmia Tardiva, e di conseguenza differenti filosofie produttive.
Le aziende aderenti al Consorzio per la Tutela del Lugana sono 180 (circa il 90 % dei produttori della zona). Il territorio si estende su 2500 ettari per 185.000 Hl e 24.584.933 bottiglie prodotte, stando ai dati del 2020. L’uva turbiana è la protagonista indiscussa di questa Doc istituita nel 1967, la stessa è una varietà autoctona di trebbiano; il disciplinare consente l’aggiunta del 10% di vitigni complementari a bacca bianca purché non aromatici. Non dobbiamo in nessun modo sorprenderci se molti locali, wine bar o ristoranti propongono ai propri clienti etichette con qualche anno sulle spalle. Il Lugana è un vino in grado di reggere benissimo il tempo che passa, e per capirne le ragioni dobbiamo tornare all’uva turbiana, caratterizzata da una buccia dura, da un grappolo compatto e una grande acidità. Quest’ultima, grazie anche al particolare terroir d’origine morenica, la rende molto versatile per la produzione di vini bianchi fermi, spumanti e vini da lungo affinamento. Si presta insomma a sperimentazioni di ogni sorta, ma soltanto il produttore più sensibile ed in grado di coglierne la vera essenza saprà restituire vini degni di nota, ricchi di personalità e aderenza nei confronti del territorio. Lo stesso si estende nella zona più meridionale del Lago di Garda. Un’area antichissima e vocata fin dall’epoca romana. Formatosi altresì dall’attività glaciale ben 10.000 anni fa, quando i ghiacciai si ritirano trascinando tutto il suolo lungo il classico percorso di ritirata.
L’insieme di questi fenomeni porta ad avere inevitabilmente terreni vocati di tipo morenico, densi, ricchi di minerali, argilla e ghiaia; la compattezza del suolo influenza enormemente i grappoli, la loro crescita e qualità. Da non sottovalutare l’importanza strategica del clima influenzato da brezze che soffiano di continuo e, salvo annate torride, da temperature miti e moderate per via della presenza del Lago di Garda. Tutti questi fattori contribuiscono ad annientare le classiche malattie della vite e ad azzerare quasi completamente l’umidità, acerrima nemica dell’uva turbiana; cultivar caratterizzata da un grappolo molto stretto. Le peculiarità climatiche già menzionate sono altresì ideali anche per produrre un buon Lugana da vendemmia tardiva, una tra le cinque tipologie presenti all’interno del disciplinare. Le altre quattro sono: Lugana, Lugana Superiore, Lugana Riserva e Lugana Spumante.
Veniamo ai campioni degustati. Offrirò il mio punto di vista su otto vini facenti parte della masterclass dedicata alla stampa e ai professionisti di settore.
Lugana Metodo Classico Brut, Pasini San Giovanni
Paglierino caldo, bollicine copiose e fini durano a lungo nel bicchiere. Il timbro, al naso, è mediamente intenso. Il frutto risulta croccante e ricorda l’ananas con incursioni di maracuja, biancospino e miele d’acacia. Sorso fresco, scattante, ritorna il frutto tropicale e una lunga scia sapida che impegna senza strafare. Forse in chiusura un filo d’alcol percepito in eccesso, ma non disturba affatto.
Lugana Metodo Classico 2017 – Oselara
Paglierino chiaro, perlage eseguito a regola d’arte. Il profilo olfattivo risulta sottile, sobrio, inspessito da una trama nettamente minerale che sa di calcare e tanti fiori freschi, ma anche cioccolato bianco, mimosa e cardamomo. Buon equilibrio tra tensione acida e volume, in bocca è un vino pieno; avverto in chiusura un lieve ricordo di legno ancora non perfettamente digerito. Diamogli tempo, perché la qualità della materia prima è notevole e la lunga persistenza insindacabile. Molto buono.
Lugana Celeste 2023 – Cantina Ceresa
Paglierino estremamente chiaro, riflessi verdolini/beige. Al naso spicca il dolce della pesca noce, del melone d’inverno e della pera Williams; rintocchi di maggiorana chiudono il quadro olfattivo. Palato estremamente teso, asciutto, fresco e per nulla banale; d’alcol percepito non vi è traccia. Forse un po’ di persistenza in più l’avrebbe reso un fuoriclasse.
Paglierino solare, vivace e con nuances beige. Ancora qualche nota prefermentativa, foraggio, piccoli fiori di malga e un evidente ricordo di mandorla fresca. Quest’ultima si avverte tanto anche in bocca, dove ritrovo un sorso piuttosto equilibrato pur tuttavia privo di eccessivo slancio. Al contrario la sapidità abbonda unita ad una lieve sensazione d’alcol percepito. Necessita ancora di qualche anno di affinamento.
Lugana Riserva Il Bepi 2021 – La Rifra
Paglierino chiaro, unghia beige e buona consistenza. Bel naso minerale, potente, la classe arriva anche da un’eco floreale lievemente appassita e da effluvi balsamici – e agrumati – che rinfrescano l’insieme. Palato ricco, voluminoso e dal frutto dolce-acido; tanto estratto, sapidità protagonista, manca quel tocco di freschezza in più a renderlo indimenticabile. La musica cambia nettamente in abbinamento a primi piatti della cucina di lago.
Lugana Riserva del Lupo 2020 – Cà Lojera
Tinta color paglierino chiaro con evidenti riflessi beige, l’estratto è considerevole. Il naso, per nulla sfacciato, rimanda a fresche sensazioni balsamiche e frutti estivi che si distinguono per la pulizia degli aromi, per il proprio slancio. Distinguo soprattutto la pesca nettarina e la scorza di cedro. Il sorso risulta spiazzante: a fronte di un naso così spigliato mi sarei immaginato molta più freschezza, quest’ultima non latita affatto pur tuttavia non riesce ancora ad imporsi sulla sapidità. La classe del vino è insindacabile, non fraintendetemi. Il Lugana, soprattutto ad altissimi livelli, è proprio così: rivela il suo vero volto sulla lunga distanza, i primi anni è “impegnato” a domare l’irruenza del terroir morenico; ed il Riserva del Lupo è tra i vini di riferimento per l’intera denominazione.
Lugana Vendemmia Tardiva 31 Ottobre 2021 – Cobue
Paglierino vivace, riflessi caldi oro antico; estratto da vendere. Respiro intenso ed al contempo non privo di sobrietà: zest di zenzero candito, pesca noce matura, pietra focaia, timo e grafite; avverto anche un curioso ricordo di cenere. Non privo di rotondità e volume, ritrovo un palato dove l’alcol percepito è in linea con la freschezza, con il volume del vino quasi mai sopra le righe. Chiude pulito e lunghissimo.
Lugana Vendemmia Tardiva Filo di Arianna 2020 – Tenute Roveglia
Oro intenso, tonalità solare; è un vino ricco di estratto. Questa volta ci ritroviamo davanti ad un naso importante, e non alludo alla moltitudine di profumi o all’esuberanza dei toni, semmai alla perfetta fusione tra le varie componenti. Nell’ordine: zafferano, miele di agrumi, rintocchi balsamici e un “dolce-amaro” ricordo di crème brûlée; con lenta ossigenazione affiorano suggestioni di calcare e smalto, in un crescendo di mineralità che pare non voglia arrestarsi. Complessità da vendere insomma. Il suo sapore è intenso, ricco di sapidità vibrante ben supportata da una spalla acida che rinfresca il quadro gustativo. Ciò che convince appieno e la lunga persistenza priva di eccesivo peso. Grande vino.
Le foto sono dell’autore; nella quarta immagine il presidente del Consorzio Fabio Zenato
Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.