E’ proprio il caso di dirlo: chi più ne ha più ne metta, alle prese con i Collio Bianco DOC. Nel senso che la trama a maglie larghe concessa da un disciplinare oltremodo ecumenico in fatto di composizione varietale ha dato agio ai vignaioli friulani di sbizzarrirsi ben bene nell’elaborazione di questa cuvée, frutto sostanziale di un blend fra vitigni autoctoni e/o internazionali. Eppure c’è chi continua a vedere in questa speciale denominazione, probabilmente non a torto, la leva magica per compiere un ulteriore salto di qualità nella produzione in bianco del Collio, quello in grado di proiettarne l’immagine ai più alti livelli di considerazione internazionale.
Certamente i punti di vista in proposito sono molteplici e non sempre accordati su una traccia comune, men che meno da parte dei produttori: c’è chi, in nome della libertà interpretativa concessagli, si sente in diritto di poter puntare sui vitigni ritenuti più performanti all’interno del proprio vigneto, per miscelarli in modo adeguato al fine di coglierne, del vignaiolo, lo stile e della singola annata il risvolto più luccicante della medaglia.
E c’è chi interpreta la tipologia richiamandosi alla più pura delle tradizioni, che era solita vedere miscelati vitigni storici come tocai (ora friulano), malvasia istriana e ribolla gialla, conscio che solo in questo modo si possano costruire le basi per una più affermata e generalizzata riconoscibilità espressiva. Per arrivare poi alle estreme radicalizzazioni, quali quelle di ridurre drasticamente la produzione dei vini monovitigno a favore di blend di territorio, di vigna o di sottozona, una “scrematura” che tutto sommato potrebbe costituire un approdo molto interessante, soprattutto se fatta discendere da uno studio a monte sulla vocazionalità dei siti in rapporto ai vitigni utilizzati.
Comunque la si veda una cosa è certa: i Collio Bianco hanno dimostrato la volontà dei produttori di far confluire lì le uve migliori, e questo è un segno forte di rispetto e di attenzione. E poi la “dispersione” varietale ed espressiva insita nella tipologia fa sì che il degustatore e l’appassionato quantomeno non muoiano di noia! Gli intendimenti stilistici, le fantasiose palette costitutive e la timbrica assunta da molti di quei vini, infatti, portano con sé una tale variazione di accenti da mantenere sempre accesi l’interesse e la curiosità di un ascolto attento.
Semmai c’é da domandarsi se il vino di territorio trae e trarrà giovamento da questa “dispersione”. In altri termini: quanti Collio Bianco, oggi, sono apprezzati a livello nazionale e internazionale al punto tale che la loro identità possa ritenersi affermata e riconoscibile? In questo senso resta ancora della strada da fare, una strada che non potrà concedersi il lusso di omettere una rivisitazione laica e oggettiva della vocazionalità dei vari terroir, e conseguentemente della agronomia da ritenersi più idonea per tirar fuori QUELLA fisionomia di vino da QUELLO specifico terroir.
Sulla strada della caratterizzazione, eppure, si sta muovendo il locale Consorzio di tutela, che ha annunciato per voce del presidente Robert Princic una probabile modifica del disciplinare di produzione per accogliere al suo interno un’ulteriore tipologia di Collio Bianco, da chiamarsi per esempio Gran Selezione (un nome che per noi toscani evoca scenari ombrosi!), secondo la quale i vini saranno il frutto esclusivo di un uvaggio fra friulano, malvasia e ribolla, vitigni che hanno peraltro sempre dimostrato di convivere molto bene, propiziando quel mix di potenza, solidità, texture e freschezza che è poi una delle chiavi di volta espressive più peculiari di questi vini, in grado di “fissare” un carattere, di interpretare il territorio ma soprattutto di consentirne una lettura a maggior tasso di distinzione e riconoscibilità.
Negli appunti di degustazione che seguono ci muoveremo all’interno della tipologia, fra le proposte più recenti provenienti da una venticinquina di cantine del Collio. Sarà assai facile intuire dalla sostanza (i bicchieri) e dal contesto (vitigni utilizzati, sottozona di provenienza, annata) di quanta diversità stilistica e caratteriale stiamo parlando e che potenziale qualitativo sia in gioco; un potenziale, peraltro, in taluni casi apparso eloquentemente dispiegato.
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COLLIO BIANCO CORMÒNS 2017 – CANTINA PRODUTTORI DI CORMÒNS (friulano, malvasia e ribolla)
Sentori di grano ed erbe di campo introducono ad un vino garbato, senza ridondanze; l’assetto verticale, alimentato dalla verve linfatica, ne stimola e facilita la beva. E se gli mancano un po’ di “ciccia” e di spessore, a compensarne l’assenza ci pensa una spiccata attitudine per l’equilibrio.
COLLIO BIANCO 2017 – KORSIC (friulano, ribolla, chardonnay – Giasbana, San Floriano)
Imprinting “tocaista”, viva mandorla, austerità, determinazione. Un timbro vegetal-balsamico instrada un sorso corposo, strutturato, con qualche screziatura nei sapori da dirimere e contenere. Più carattere che finezza qui, ma assoluta buona volontà.
COLLIO BIANCO 2016 – EDI KEBER (friulano, malvasia e ribolla – Zegla, Cormòns)
Mentolato -quasi glaciale- e gentilmente speziato, dai profumi emerge una decisa sensazione di freschezza e tonicità, ciò che va a riflettersi in una bocca profilatissima e sfumata, la cui ariosità senza increspature è un valore aggiunto da cogliere e da apprezzare. Un Keber meno potente e “selvatico” del solito, insomma, ma sicuramente più ispirato sul fronte della godibilità e dell’eleganza.
COLLIO BIANCO 2016 – TERRE DEL FAET (friulano, malvasia istriana – Faet, Cormòns)
Grande impronta olfattiva, caratterizzata da un frutto maturo al punto giusto e dagli umori di grano, orzo e fiori bianchi. Al gusto rilascia succo e sapore, presentandosi tonico e armonioso, fresco e personale, fortemente segnato dalle tracce varietali dei suoi vitigni di base. La scia di mandorla e la spinta salina sono corroboranti, il finale lunghissimo. Sì, nel coniugare dinamica e saldezza questo vino consente al giovane Andrea Drius di staccare il biglietto per l’eccellenza.
COLLIO BIANCO 2016 – TENUTA BARONI DEL MESTRI (Monte Quarin – Cormòns)
Stimoli esotici per un naso non proprio esplicito, da cui emerge una salutare vena di freschezza corrisposta da un sorso ben indirizzato, di latente sapidità. Un vino “silente” e poco appariscente, se vogliamo, ma con un finale rinfrescante che chiama alla riprova. Peraltro, con una silhouette molto diversa rispetto a quella palesata dal fratello maggiore (leggi sotto).
COLLIO BIANCO SERE D’ESTATE 2015 – TENUTA BARONI DEL MESTRI (Monte Quarin – Cormòns)
Se le sere d’estate sottendono calore, questo vino un po’ caldo lo è. Già dal colore e dall’impatto olfattivo denota infatti maturità di frutto e una certa ridondanza di forme. Gli aromi, intensi, virano sulla dolcezza, rendendo al quadro unicità e atipicità. Sensazione bittersweet al palato, che è palato ricco ma forse poco versatile, soprattutto in ottica di abbinamento con i cibi. Oltremodo generoso, senti maledettamente la mancanza dei chiaroscuro e delle sfumature più sottili.
COLLIO BIANCO SOLARCO 2016 – LIVON (friulano, ribolla – Ruttàrs)
Profumi teneri e delicati, di pera e glicine, annunciano una bocca melodiosa e rilassata, più morbida che tesa, non troppo profonda ma certamente accogliente, con un che di “accomodante” nella trama.
COLLIO BIANCO 2017 – COCIANCIG (Pradis, Cormòns)
Lo svolazzo floreale e i rilievi speziati portano ad immaginare qualcosa di aromatico nella palette “costituzionale” di questo vino; il tratto gustativo gioviale e armonioso si lascia apprezzare per linearità e chiarezza espositiva, pur facendo leva su una avvenenza piuttosto esplicita e “consolatoria”.
COLLIO BIANCO BROY 2016 – COLLAVINI (friulano, chardonnay, sauvignon)
Le sfumature di menta, spezie e clorofilla rendono flessuoso e seducente lo spettro dei profumi. La silhouette è proporzionata, la morbida tattilità non mostra il fianco alla mollezza, l’acidità sostiene. Gradevolissimo, non c’é che dire, e ancora più centrato -tipologicamente e stilisticamente- rispetto ad edizioni meno recenti.
COLLIO BIANCO LA MONT-BRACH 2016 – BRACCO (friulano, malvasia istriana, sauvignon – Brazzano, Cormòns)
Un pizzico di evoluzione di troppo nelle trame non gli impedisce di presentarsi con un buon amalgama e un buon sapore di fondo. Ad un tratto aromatico sfumato e riflessivo, solcato da note “cerealicole” e di pesca gialla, fa il paio una bocca di contro più incisiva, anche negli allunghi.
COLLIO BIANCO PER-AR 2016 – SKOK (chardonnay, pinot grigio, sauvignon – Giasbana, San Floriano del Collio)
A due facce: più fresca e affilata, dai risvolti vegetali, la proposta aromatica, più caldo e largo lo sviluppo gustativo. Conserva sapore però, pur mancando del grado di contrasto atteso. Se non altro, l’assenza di fronzoli ne individua limpidamente l’ascendente territoriale.
COLLIO BIANCO FRONTIERE 2015 – FANTINEL TENUTA DI SANT’HELENA (friulano, pinot bianco, chardonnay – Vencò)
Tutti coloro che da Fantinel si sarebbero attesi un vino “tuttammodino” e tecnicamente sorvegliato dovranno ricredersi: perché l’incedere, e soprattutto certe spigolature (più caratteriali che eleganti), lasciano lampeggiare una manifattura meno occlusiva del previsto, che riesce a tradursi in un tasso di veracità provvidenziale e in un buon bilanciamento fra freschezza e maturità fruttata. Il finale spigliato riesce persino a far salivare!
COLLIO BIANCO CUVĖE LEOPOLD 2015 – FIEGL (friulano, malvasia istriana e ribolla – Oslavia)
I toni fumé richiamano alla mente uno stile simil Borgogna, concretizzando un quadro elegante e compassato dai risvolti delicatamente floreali e balsamici. Il temperamento austero e signorile fa molto Collio, e per questo si distingue.
COLLIO BIANCO AGNUL 2015 – PASCOLO (friulano, pinot bianco, sauvignon, malvasia istriana – Ruttàrs)
Qui un vino affusolato, verticale, dotato di un certo garbo. E’ peperino, vivace, speziato e si lascia ben bere. Non possiede semmai un’ampiezza che possa ritenersi diffusiva, dote peraltro non così facilmente correlabile ad un disegno tanto essenziale.
COLLIO BIANCO BRATINIS 2015 – GRADIS’CIUTTA (chardonnay, ribolla, sauvignon – Bràtinis, Savogna e Ruttàrs)
Se il dettaglio aromatico, con le sue potenziali sottigliezze, stenta a delinearsi, in bocca il nostro garantisce contrasti e schiettezza, forse soltanto non incanalati in quel registro espressivo sobriamente elegante che siamo soliti riconoscergli e che della casa ne rappresenta la firma. Ancora scalpita per trovare i giusti equilibri, ma la freschezza di fondo e il tempo potrebbero giocare a suo favore.
COLLIO BIANCO COL DISORE 2015 – RUSSIZ SUPERIORE (pinot bianco, friulano, sauvignon, ribolla – Russiz Superiore, Capriva del Friuli)
Vino dialettico. Nel senso che ne riconosci lo stile (influenzato da una quota di uve còlte volutamente surmature) ma fai poi una certa fatica ad associarvi una caratterizzazione in grado di far la differenza. La manifattura super curata concede fin troppi spazi alla dolcezza, una dolcezza che permea di sé l’intero tratto con il rischio di fartelo apparire accomodante e monodirezionale. Un po’ di contrasti in più e saremmo a parlare di un’altra storia.
COLLIO BIANCO RISERVA MARNA’ 2015 – CA’ RONESCA (pinot bianco, malvasia istriana – Dolegna del Collio)
Cedro e fiori bianchi propiziano una aromaticità garbata e un profilo che accoglie la sottigliezza. “Diritto” e senza smargiassate, è gradevole al gusto e soffuso nei toni. Il brivido di sapidità rafforza l’idea di una personalità più affermata rispetto a un tempo.
COLLIO BIANCO RISERVA CAPRIZI 2015 – LA RAJADE (malvasia istriana, friulano, chardonnay)
Il giallo oro, più che paglierino, lascia presagire maturazione, generosità e abbondanza. Il tempo sembra avergli tolto un po’ di brillantezza, mentre il rovere appare ancora in fase digestiva. A subirne gli effetti, più di tutti, il disegno e l’articolazione.
COLLIO BIANCO TRE VIGNIS 2015 – VENICA & VENICA (friulano, chardonnay, sauvignon – Dolegna del Collio)
Tonico, integro e vitale, sostenuto dai brillanti rilievi di cedro, menta ed erbe di montagna, si propone succoso e ad alta dignità territoriale. Possiede stile, e continuità, e un sapore che resta. Viatico in decisa crescita di espressività per questa etichetta della famiglia Venica.
COLLIO BIANCO MOLAMATTA 2014 – MARCO FELLUGA (pinot bianco, friulano, ribolla – Molamatta, Farra d’Isonzo)
Solidità, freschezza e rigore aprono alle ragioni di uno sviluppo concreto, che sconta un finale come al solito un po’ rigido e impettito. Eppure riesce a trasmettere un apprezzabile sentimento di tipicità, che poi, a ben vedere, sta tutto in quella sua inflessibile ed austera fermezza.
COLLIO BIANCO RISERVA KLIN 2013 – PRIMOSIC (sauvignon, friulano, chardonnay, ribolla – Oslavia)
Spettro dei profumi modulato ed elegante, alimentato da fresche note vegetal-linfatiche. Rilascia un senso di naturalezza al gusto, scandito da una timbrica sapido-minerale. Denso ma dinamico, solo nel finale si concede cadenze più morbide e dolci quale legittimo lascito del tempo (che passa).
COLLIO BIANCO PLANTA 2013 – MATIJAZ TERCIC (chardonnay – San Floriano del Collio)
Cereali, menta, spezie, e un delizioso commento fumé, ad annunciare un quadro fresco e slanciato. Componimento accordato al palato, che è palato nitido, lungo, affusolato, convincente. Davvero un bel tocco qui, e un bel respiro. Con la Borgogna nel cuore.
COLLIO BIANCO RISERVA KLIN 2011 – PRIMOSIC (sauvignon, friulano, chardonnay, ribolla – Oslavia)
Un timbro ben riconducibile al Collio richiama una certa “classicità espressiva” grazie alla suggestione “tocaista” e a quell’incedere nobilmente austero: è profilato, fresco, solido, furlan; la cremosità non sconfina mai in mollezza, il sorso è vitale senza cedimenti.
Il ringraziamento più sincero vada al Consorzio Vini Collio per aver ideato Enjoy Collio Experience, quattro giorni di full immersion fra i vini e i produttori del Collio goriziano che hanno lasciato il segno, il cui successo chiede prepotentemente la riproposizione. E un ringraziamento anche alle “bimbe” di Sopexa, l’ufficio stampa dell’evento, per averci coccolati ed assistiti senza risparmiarsi, facendoci sentire importanti.
Contributi fotografici dell’autore
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.