Donnafugata. Dalle ceneri del Marsala

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Tra le aziende che segnano la rinascita enoica siciliana, Donnafugata è quella che forse meglio di altre ha incontrato il favore dei consumatori per l’ampia gamma dei vini e per il sempre buon rapporto qualità prezzo. Nata nel 1983 per iniziativa della famiglia Rallo, da oltre un secolo e mezzo impegnata nel mondo vitivinicolo isolano, si è connotata ben presto per la produzione di vini qualitativamente ineccepibili e per l’attenzione all’immagine. Due doti che, se forse non le hanno sempre valso lodi smisurate dalla critica enologica (ma ci sono state anche quelle) certamente l’hanno fatta rapidamente conoscere in tutta la penisola, dove è veramente difficile trovare un ristorante di qualità almeno media che non abbia in carta un vino di Donnafugata.

Eppure a parlare con José, la figlia di Gabriella e Giacomo Rallo, che col fratello Antonio oggi segue costantemente l’azienda, sembra quasi di sentire una piccola storia familiare, dove molte delle idee che oggi caratterizzano così bene l’azienda sono venute fuori quasi per caso, nell’interazione tra moglie e marito. “Volete sapere come è stato scelto il volto che rappresenta il nostro simbolo? Avevamo chiesto a un grafico un’idea in cui comparisse un volto ottocentesco, per segnare le nostre origini lontane nel tempo. Quello che ci presentò non era male, ma mia madre non era convinta, c’era qualcosa che non tornava <<Donnafugata… una donna che fugge con quei capelli così ben legati sul capo? No, non va, sciogliamole i capelli!>> ed ecco così il risultato che vedete! O anche il nome Mille e una Notte? Mamma, sempre lei, assaggio il vino dalle barrique e disse a papà <<hai fatto un vino buonissimo, da mille e una notte!>>, poi disegnò una bozza di etichetta e mio padre quando la vide si arrabbiò moltissimo, ma dopo un mese capitolò…” Sia come sia, oggi il bel volto coi capelli sciolti, e le etichette e i nomi orientaleggianti dei vini, sono un potente mezzo di marketing. Una promozione dell’immagine che certo non si è fermata, e anzi ha preso vigore con l’entusiasmo della nuova generazione, con le iniziative culturali come il premio letterario Tomasi di Lampedusa o le Donnafugata Music&Wine, degustazioni a suon di musica che vedono protagonista proprio José, apprezzata voce jazz. E come non citare, per finire, il sito web, un vero esempio per le molte aziende che ancora vedono la presenza in rete come una necessità dovuta, una scocciatura burocratica e non come un vero e potente mezzo di promozione.

Se fin’ora abbiamo parlato di apparenza, o meglio di come far apparire la sostanza, ecco che sarà meglio passare a quest’ultima, alla sostanza che certo non manca, a partire dalla consistente struttura aziendale divisa in tre blocchi principali: l’azienda agricola di Contessa Entellina, 260 ettari di vigneto, diviso tra autoctoni e internazionali, che danno luogo alla gran parte dei vini dell’azienda; i 68 ettari piantati a zibibbo e la cantina da poco inaugurata in contrada Khamma, sull’isola di Pantelleria; le cantine storiche di Marsala, un tempo dedicate alla produzione del vino liquoroso e oggi preziosa risorsa per l’affinamento dei vini prodotti nelle due località precedenti. Una realtà di tutto rispetto e ancora in evoluzione, con la nuova barriccaia costruita nel 2007: 1600 metri quadri, possibilità di ospitare 300 barrique e ambiente completamente termostatato… la visitiamo insieme a José, passando su una passerella sopraelevata che, insieme al rombo sordo della ventilazione, ci dà l’impressione di essere non sottoterra ma nel ventre di una nave.

I vini, oltre una dozzina, rappresentano fedelmente quella che è stata l’evoluzione siciliana degli ultimi quindici anni. Una importante presenza di vitigni internazionali, l’uso abbastanza diffuso del legno e alcune espressioni autoctone di grande pregio. Una scelta ovvia per José: “mettetevi nei panni delle aziende siciliane quindici anni fa, avevamo una brutta fama e necessità di fare marketing, le uve internazionali ci hanno permesso tutto ciò. E comunque  sugli autoctoni c’è ancora da lavorare molto, pensate solo ai Nero d’Avola, ogni azienda fa il suo, e sono tutti diversi.” E sul Marsala, quando le chiediamo se non c’è intenzione di tornare sui passi originari dell’azienda, José è categorica: “il successo che ha avuto il passito è strepitoso, è un vino fruttato, ha 14 gradi e mezzo e ci si sente dentro la natura, per rifare un Marsala oggi andrebbe reinventato.”

Sul Passito di Pantelleria, il Ben Ryè, c’è proprio poco da eccepire. Non solo è un vino buonissimo, ma nasce da un territorio magico, da un vero giacimento di importanza anche storica che in azienda non esitano a chiamare il loro tesoro: undici diversi vigneti sulla piccola isola, alcuni ultracentenari!

Andiamo quindi all’assaggio dei vini, ma senza dimenticarci l’ennesima azione di buona volontà e promozione: l’installazione di moduli fotovoltaici (68 kW fino ad oggi, con altri 50kW in programma) per puntare a autoprodurre col sole (che in Sicilia non manca!) fino al 30% dell’energia neccessaria all’azienda.

Polena 2007
Catarratto e viognier in parti uguali donano a questo bianco, dal color paglierino limpido, tono e freschezza. Il fine floreale del viognier prevale all’inizio sull’impronta più fruttata e minerale del catarratto, regalando una accoglienza veramente estroversa. In bocca il vino è scorrevole e acido, molto invitante.

Lighea 2007
Da zibibbo e catarratto ha colore paglierino carico, mostra un bouquet sfaccettato anche se non intensissimo, che mescola note di frutta bianca matura a toni pietrosi. In bocca ha beva scorrevole, discreta progressione, ed insiste su note mature. L’aromaticità dello zibibbo, non troppo evidente, dona dinamicità a questo vino lineare e gustoso.

Angheli 2005
Contributo paritario di nero d’Avola e merlot. Rubino netto e brillante, profumi in cui la frutta matura del merlot predomina. Bella beva scorrevole, medio corpo, e bel finale, con un frutto delineato e sapido.

Contessa Entellina Tancredi 2005
Qui il nero d’Avola si associa al cabernet sauvignon (un 30%) donando un vino dal colore rubino molto bello e dal naso improntato alla frutta nera matura e a toni di cioccolato. Partenza in bocca mentolata, mostra qualche spigolo, segni di una forza ancora indomita, e un lungo finale liquirizioso.

Moscato di Pantelleria Kabir 2006
Quasi un “secondo vino” dalle vigne di Pantelleria. Lo zibibbo è colto in surmaturazione ma non passito, dando così vita a un vino moderatamente dolce e poco alcolico, che sfoggia comunque tutta la ricchezza aromatica dell’isola. Agrumi, frutta matura, miele… il tutto associato alla bella sapidità e alla freschezza che ne segnano la beva.

Moscato di Pantelleria Ben Ryé 2006
La preparazione di questo vino dà forse ragione della complessità che si trova nel bicchiere. L’uva, proveniente da 11 contrade diverse dell’isola di Pantelleria, viene vendemmiata in parte e lasciata ad appassire per circa tre settimane. Poi si passa alla vendemmia delle vigne meno precoci e con la loro uva si prepara un mosto al quale vengono a mano a mano aggiunti i chicchi appassiti. Il colore è un ambra convinto, solare, i profumi sono di datteri, di miele, di frutta gialla, ma anche di minerali, di erbe mediterranee, di mare… al gusto tutto si ritrova, annegato nella dolcezza cremosa di questo grande vino.

Donnafugata
Via S. Lipari, 18
91025 Marsala
tel. 0923 724200
www.donnafugata.it

Azienda visitata nella primavera 2008

Si ringrazia Veronika Crecelius per il gentile prestito della fotocamera durante la visita. Le immagini delle etichette sono tratte dal sito aziendale.

Luca Bonci

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