Ogni appassionato di cibo e di gastronomia dovrebbe essere interessato ai mercati: non solo quelli coperti e mangerecci (tipo San Miguel o San Anton a Madrid, o il primo piano del San Lorenzo di Firenze, per dire) ma proprio i luoghi dove la produzione trova il suo sbocco commerciale necessario per il sostentamento di chi lo produce. Interessante è osservare, sostanzialmente, cosa c’è e chi ci va. Cosa c’è e cosa si vende è indicativo dello stato dell’arte della cultura gastronomica e complessiva di un Paese; chi ci va illustra indirettamente le sue dinamiche culturali e commerciali, particolarmente significative in una nazione dove la grande distribuzione è così forte, come ben sappiamo anche noi da questa parte delle Alpi.
Parigi ha un gran numero di mercati, aperti uno, due i più giorni alla settimana (per i cultori della materia, un elenco con gli orari lo si trova qui); alcuni più contadini o bio, altri più generali, sia a nord che a sud della Senna. Noi ne abbiamo scelti due, entrambi grandi ed aperti due mattine alla settimana, situati in due zone di Parigi assai diverse anche se comunque entrambe a portata di turista, nel senso che sono abbondantemente celebrati in tutte le guide.
Marché Bastille
Cosa ci aspettiamo da un mercato che sta vicino a Place de la Bastille? Siamo al margine nord-est del cuore di Parigi, ci si può arrivare dalla parte più fighetta del Marais, emblema del turismo fighetto di chi ha già visto molto della capitale francese e si atteggia a flaneur (ma con un occhio rivolto allo shopping), oppure dalla bellissima e sinuosa Rue Sant-Antoine.
Venendo proprio dalla place, il marché si presenta affollato e ricco, per niente in decadenza o in agonia come molti mercati nostrani. Quello di Bastille è tutto sommato un mercato tradizionale, parigini distinti e signore azzimate come si vedono anche dalle nostre parti non mancano con i loro trolley, e sembra leggere sui loro volti “non mi vedrete mai al Carrefour“. Un pubblico generalmente composto, che si organizza in file ordinate e convergenti.
A mano a meno che ci si inoltra fra i banchi, volti francesi si sostituiscono a quelli extracomunitari, e dopo le “generiche” bancarelle di ortaggi vanno affacciandosi consapevolezze geografiche, ricorre la parola tradition, anche se di veri e propri prodotti di nicchia non se ne vedono: insomma, un mercato quotidiano più che gourmet.
Le fromagerie e cremerie (come la Sannepin) devono molto per la loro scenografia ai caprini di tutte le forme e dimensioni, ma anche al tripudio di St. Marcellin, St. Felicien, Gaperon, St. André, Morbier, tomme de Jura, Rochesson, tome dalla Savoia, Beaufort, Livarot, Neufchatel, Pont-l’Évêque… E, naturalmente, ai Camembert de Normandie, purtroppo immancabilmente sequestrati in aeroporto. A rompere l’orgoglio francese si conferma l’autentica fissazione per il Gouda e poi qualcosa d’italiano, soprattutto mozzarelle di bufala, Parmigiano e qualche Pecorino.
Di preparato, pronto da mangiare, c’è poco. Solo una postazione con ampissimi tegami sui quali sobbollono carni, e la globalizatissima paella. Poi, terrine e paté per tutti i gusti. Ed ecco le macellere: la Boucherie Bruno, e quella specializzata negli “uccelli della tradizione francese”: il pollo, la faraona (pintades tradition), l’anatra muta (canette de barbarie), il piccione.
Cosa provoca più invidia? Forse le diverse postazioni dedicate alle ostriche e gli enormi crostacei (non solo aragoste ed astici ma granchioni di tutte le fogge) dello spettacolare banco del pesce di “Lorenzo”.
Marché Belleville
Per arrivare a Belleville da Place de la République si può scegliere di percorrere per un pezzo il Boulevard Voltaire, ed imbattersi nella distesa di fiori e foto appoggiati di fronte al teatro Bataclan. C’è ancora il menu, c’è qualche rosa, la vetrata con segni di proiettili sotto gli annunci di uno spettacolo per Hallowen con tanto di armi imbracciate che trasmettono un senso di inquietitudine.
Arrivati, il colpo d’occhio impressionante, è quello di un corridoio lunghissimo ed affollatissimo. Dopo qualche banco di vestiario, l’esordio è a suo modo divertente, visto che vengono offerti a gran voce le Galette de roi, un dolce tipico dell’Epifania francese che monopolizza le vetrine delle pasticcerie e delle boulangerie, qui offerta inscatolata a due euro quando un formato piccolo “individuelle” ne costa circa una decina.
Poi, è un continuo caotico risuonare di urla ritmate, quasi ossessive, alla fine talvolta disturbanti, molto lontane dal canto melodioso di un’ostricaia udito a Bastillle. E c’è anche la classica sensazione di essere quasi di troppo, di essere il diverso. Soprattutto, se ti metti a far foto, ti guardano malissimo: occhio, che c’è chi la prende con umorismo e che magari si arrabbia.
Quello di Belleville è un mercato al tempo stesso più primordiale e più finto. Ci sono tante scatolette di prodotti ad un euro, quanto di meno farmer market ci possa immaginare, ma ecco un banco con una vera e propria muraglia di prezzemolo, tante erbe aromatiche e tanta menta, veri e propri bastioni di uova che lasciano immaginare frittate gigantesche piene magari di verdure che sfamano famiglie numerosissime a poco prezzo. Meno costosissimi crostacei ai banchi del pesce, tanta frutta ad un euro.
E, alla fine, i mucchi di tuberi esotici e terrosi come la malanga e la tapioca lasciano una sensazione di distanza, ma anche la voglia di tornare alle radici, e la curiosità di un possibile incontro di usi e tradizioni.
Diario parigino 2016/1: appunti sparsi e orgoglio italiano
Diario parigino 2016/2: i bistrot
galleria di immagini