Partecipare alla seduta di assemblaggio delle cuvée in una cantina dello Champagne è un buon motivo per farci gli oltre 1000 km che ci separano dal famoso territorio delle bollicine francesi. Anche quest’anno dunque, assieme a un amico, abbiamo intrapreso il viaggio che ci ha portati a Chavot- Coucourt, nella Côte des Blancs, non molto lontano da Épernay. La maison che ci accoglie è quella degli amici Vincent e Natalie, proprietari di Diogène Tissier. Realtà familiare che si estende su 8 ettari, viticoltori indipendenti, producono un’ampia gamma di Champagne con uve provenienti non solo da Chavot ma anche dalla zona di Verzy, dalla Montagna di Reims e dalla Côte de Sézanne.
Il viaggio intrapreso di domenica non incontra particolari problemi, sia per la scarsità di neve di questo strano inverno, sia per il poco traffico. Arriviamo in serata a Épernay e dopo esserci sistemati in albergo ceniamo in un bistrot del centro.
La degustazione che decide gli assemblaggi delle cuvée si svolgerà nel pomeriggio successivo quindi approfittiamo dell’occasione per visitare Troyes, cittadina dello Champagne dalla storia millenaria. Il centro storico è curiosamente a forma di tappo di spumante e la storia della città è molto legata al commercio e alle attività artigianali svuiluppatesi già in epoca medievale.
La gallo romana città di Augustobona Tricassium si costituì in contea nel IX secolo e successivamente ricoprì un ruolo importantissimo come mercato del centro Europa. La ricchezza dei suoi mercanti ed artigiani della lana fruttò la costruzione dell’imponente duomo con ben cinque navate e una superba torre in stile gotico fiammeggiante. Se pur quasi completamente distrutta nel Quattrocento da un incendio, fu ricostruita dai suoi abitanti identica all’originale, con le case in graticcio e le facciate color pastello.
Troyes conserva un centro storico invidiabile per integrità e bellezza. La nostra visita forzatamente veloce ( Troyes dista oltre 100 km da Épernay) si è concentrata sulle due chiese principali: la Basilica di S. Urbano e la Cattedrale di Saint-Pierre-et-Saint-Paul.
La Basilica di S. Urbano, voluta da Papa Urbano IV nato a Troyes, è stata costruita sul luogo in cui sorgeva la bottega del padre ciabattino, lì dove lui era nato. La basilica va incontro a diverse vicissitudini nella costruzione, finché nel 1398 venne finalmente consacrata. La struttura è essenziale, fortemente connotata da imponenti pilastri e ampie vetrate che compongono le pareti superiori della chiesa. Al suo interno si trova la famosa Madonna dell’Uva, opera di un artista del XVI secolo.
Costruita anch’essa nello stesso periodo, la cattedrale di Saint-Pierre-et-Saint-Paul ha una imponenza che la assimila a quella di Reims ma con una sola torre, dato che il progetto fu interrotto in vari momenti e la chiesa andò incendiata. Dopo l’incendio del 1188 fu ricostruita in quattro secoli e l’attuale struttura è frutto di diversi architetti che si sono susseguiti nella direzione dei lavori. Rimane comunque una imponente cattedrale in nitido stile gotico, con navate altissime che ispirano una atmosfera di raccoglimento mistico.
Rientrati a Chavot Coucourt ci attendono Vincent e l’enologo aziendale per la valutazione e la scelta dei vari vini. Lavoro complesso e dettagliato, perché ogni vasca va assaggiata, valutata e poi destinata ad assemblaggio con una che possa ben sposarsi per produrre una particolare cuvée.
Quello che possiamo dire senza svelare i segreti di questa arte è che l’annata 2019 ci è parsa di una qualità elevata, con molti campioni di chardonnay eccellenti e pinot noirs fruttati e complessi. Un gran lavoro fatto bene per la maison Diogène Tissier! In serata, in una Epernay quasi deserta, riusciamo a cenare con il piatto tipico della zona, che ritroviamo in diverse varianti un pò in tutto il nord Europa, ovvero una base di crauti come accompagnamento di carni e salumi bolliti che, a seconda dei luoghi, possono comprendere maiale, manzo, würstel, salsicce di sangue ecc..
PASSAGGIO IN ALSAZIA
La mattina dopo ci attendono circa quattro ore di auto per raggiungere l’Alsazia, percorrendo le regioni della Lorena e valicando i Vosgi, che per l’occasione si presentano in parte coperti di neve.
La primafermata in Alsazia è a Kintzheim, piccolo centro a nord di Colmar dove ci attende l’azienda Koehly, che con i suoi 23 ettari rappresenta una realtà importante per la zona. L’azienda, sia pur presente già dagli anni trenta, si specializza in viticoltura negli anni 70, quando Jean-Marie Koehly prende le redini dell’azienda. Ad oggi il catalogo è molto ampio e comprende tutta la gamma della produzione tipica della zona, dai Cremant alle vendemmie tardive passando per le varie tipologie tradizionali.
La degustazione che affrontiamo con la gentile ospite Valérie parte dai vini più comuni Alsace Tradizion ma di ottima fattura, come il Muscat e il Riesling , fino ai lieux-dit e al Grand Cru Gloeckelberg.
Narra la storia che in Alsazia il pinot grigio venisse denominato Tokay d’Alsace già dal 1600, da quando il barone Lazare de Schwendi lo aveva riportato con sè dalla cittadina di Tokay durante la guerra con i Turchi. Negli anni ’80 venne istituita la AOC Tokay d’Alsace che però nel 1993, con l’accordo tra Ungheria ed Unione Europea sull’uso del nome Tokay, venne successivamente cancellata portando alla luce il vero vitigno Pinot Grigio. Esso infatti non è originario dell’Ungheria, semmai della vicina Borgogna.
Gli altri vitigni tipici derivano dalle alterne vicende storiche della regione, che per lunghi periodi è rimasta sotto la dominazione austro ungarica prima e germanica poi. Questo mi ricorda un mio soggiorno in Rheingau, dove ho visitato la statua di Niederwalddenkmal, costruita dopo la fine della guerra Franco Prussiana, che consentì l’annessione dell’Alsazia e della Lorena al regno Prussiano. La statua, orientata originariamente in direzione della Francia (sconfitta in quel periodo) venne orientata verso il Reno dopo la sconfitta nella prima Guerra mondiale, che vide ritornare alla Francia i territori prima perduti.
Questo aneddoto per dire come il territorio alsaziano sia intriso di germanicità a partire dalla maggior parte dei vitigni coltivati. Troviamo infatti Sylvaner, Gewurtztraminer, Riesling assieme al pinot nero e pinot bianco e, come detto sopra, il pinot gris. Parlando dei vini assaggiati partiamo con i Cremant. Il primo è il Crémant Saint Urbain Brut Riesling 2017, uno spumante fresco e chiaramente aromatico con un dosaggio finale che dona un equilibrio apprezzabile. Passiamo poi al Muscat Tradition 2018. Bella presenza aromatica con note di rosa e gelsomino di grande intensità e purezza. In bocca è meno dolce del previsto, con una freschezza che lo rendo apprezzabile per l’accostamento anche a piatti di forte personalità.
Ma il piatto forte dell’azienda sono senz’altro i Pinot Grigio e i Riesling. Fra questi ci ha colpito il Riesling lieu-dit Hahnenberg 2017. Coltivato sulla collina di Hahnenberg all’altitudine di 350 metri, si presenta di un bel giallo dorato limpido, profumi chiari di anice e biancospino e lievi note di albicocca; in bocca esprime la qualità dei vini alsaziani: freschezza, linearità e lunghezza. Un ottimo conseguimento.
Tra i Pinot grigio abbiamo assaggiato il Pinot Gris Grand Cru Gloeckelberg 2016. Il cru è l’espressione migliore dell’azienda e questo pinotgrigio la rappresenta particolarmente bene. Di colore giallo dorato, è fluido ma denso alla vista, dato il suo non trascurabile residuo zuccherino. L’aroma si dipana su note lievemente affumicate per proseguire poi con note di albicocca secca e miele. In bocca è ampio e grasso più che dolce, dato che la rilevante acidità contrasta bene lo zucchero. La lunghezza e il finale fruttato/agrumato consentono di apprezzare appieno le qualità di questo vino.
Lasciamo Kintzheim e proseguiamo verso nord con destinazione Barr. Qui, sotto una incipiente nevicata, visitiamo il Domaine Hering. Cantina fondata nel 1858, si estende su circa 10 ha di vigneto nel comune di Barr, dove il vigneto di riferimento è il Grand Cru Kirchberg , che dona vini di altissima qualità e particolare finezza. Si estende sopra l’abitato di Barr con pendenze del 35% e con suoli ricchi di scheletro e conchiglie, con una bella esposizione a sud. L’azienda aderisce al metodo di agricoltura biologica .
La breve degustazione comprende il loro Riesling Grand Cru Kirchberg 2017. Bellissimo vino di un colore giallo medio luminoso, fluido, al naso appara ancora con lievi note di pane tostato, poi appaiono note di frutti maturi e lievi note fumé; in bocca è fresco ed equilibrato, morbido per il residuo zuccherino, minerale e salino nel finale lungo e suadente.
Il secondo e ultimo vino in degustazione è il Gewurztraminer AOC Alsace Grand Cru Kirchberg de Barr 2017. Considerato il Gewürztraminer più rappresentativo del Cru, ha un approccio più compassato rispetto a quello di altri vini alsaziani. Le note di rosa e pompelmo, che pure sono presenti, si manifestano ai profumi gradatamente e in maniera persistente ma meno impattante di altri grandi vini. Qui più che la potenza e l’intensità si gioca sull’eleganza. L’equilibrato apporto zuccherino propizia un finale morbido, molto lungo.
Terminata la degustazione ci spostiamo a Colmar per la notte. La mattina seguente avremmo ripreso la via per l’Italia con il bagagliaio pieno di ricordi enoici.
Agronomo ed enologo libero professionista, ho affinato la mia formazione con periodi di studio presso l’Università di Bordeaux. Collaboro con aziende toscane in qualità di consulente vitivinicolo ed enologo, e faccio parte della Commissione di degustazione di diverse DOC e DOCG toscane. Sono assaggiatore di olio metodo COI iscritto all’albo Nazionale e mi occupo anche di Agricoltura Biologica. Iscritto ASSOENOLOGI. Le mie frequenti visite all’estero per eventi enologici sfociano spesso in reportage, in particolare dalla Francia. Da sempre amante dell’olivicoltura, tra i maggiori esperti di olivo Quercetano. Mi occupo anche di frutticoltura per aziende toscane. Socio Slow Food da diversi anni.