Questa è la storia di due giovani fratelli capitati a Montepulciano per inseguire un sogno e rinnovare la consuetudine familiare a governar vigneti. E’ stato così che Simone e Leonardo Abram, provenienti dal Trentino, la loro terra, si sono imbattuti un giorno nelle Caggiòle per poi decidere di restare lì. La possibilità di acquisire un vecchio podere con annessa vigna (oggi cinquantenne) è stata la molla. Correva l’anno 2006, e quel podere si chiamava (e ancor si chiama) Il Macchione.
In realtà si trattava di un’azienda agricola avviata già dagli anni Settanta. Di più, capace di ritagliarsi una bella fetta di visibilità grazie alla statura autoriale assunta nel frattempo dai suoi Nobile di Montepulciano. Sì, Podere Il Macchione, soprattutto negli anni Novanta, accelerò i battiti a tanti appassionati ed esaltò una certa fetta della critica enologica, che vide in quei vini intensi e cesellati un caposaldo di espressività poliziana da fine millennio. Ed è per tale motivo che da quando si diffuse la notizia che due “giovinotti foresti” avevano acquistato l’azienda, tutti si affacciarono alla finestra per stare a guardare, caricando di aspettative l’iniziativa nuova.
Leonardo e Simone (il primo, più introverso e riflessivo, ad occuparsi della parte tecnica, il secondo, più disinvolto e ciarliero, ad occuparsi del commerciale) hanno fatto tutto da soli con umile determinazione, osservando con consapevolezza nuova la campagna e decidendosi fin da subito per la preservazione degli equilibri ambientali e la vitalità dei suoli, adottando una agronomia pulita, senza prodotti di sintesi, orientata a un uso sempre più parsimonioso di rame e zolfo e declinata secondo tecniche di concimazione e sistemi di allevamento tali da favorire il minor interventismo possibile da parte dell’uomo.
Ci troviamo sul cocuzzolo ventilato delle Caggiòle, a circa 350 metri di quota, su terreni franco-argillosi del Pleistocene, dove imbattersi in un fossile di origine marina è detto fatto e dove l’impegno per evitare l’eccessiva compattazione dei suoli è quotidiano e importante. Al piccolo patrimonio di vigna originario, di circa 2,5 ettari, se ne è aggiunto un altro piantato dai fratelli con densità assai fitta, sempre a sangiovese, e poi un altro ancora, più recente, per un totale che assomma a 6 ettari tutti torno torno la proprietà, su diverse esposizioni.
In piena coerenza con una agronomia del rispetto, in cantina si è optato per la tradizione: cemento, legni grandi, lieviti indigeni, tempo. Nient’altro. I Nobile di Montepulciano hanno assunto una fisionomia robusta, vibrante, graniticamente salda, negli anni fattasi un po’ più colloquiale grazie al miglior calibro estrattivo, a propiziare sempre e comunque profili dal portamento austero (soprattutto se còlti in prima gioventù), sorretti da un’architettura tannica importante, dal timbro baritonale, che altri non è se non una compressione di sale. Chiedono tempo, ‘sti vini qua, hanno contrasto, forza, tenacità e nessun fronzolo, e ti ripagano con sorsi autentici.
La verticale di un giorno ha fissato le coordinate organolettiche delle ultime 6 annate, restituendoci un’idea precisa di vino Nobile: distinguibile, riconoscibile, sincero. E questa circostanza, indipendentemente dalla compiutezza o meno di un millesimo rispetto a un altro, e indipendentemente dalle predilezioni personali, assume la certezza di una firma, e una firma non mente mai.
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I VINI DI UN GIORNO
Solenne, flemmatico, compassato, è un Sangiovese che richiama il sottobosco e l’austerità, mostrando al contempo una spiccata naturalezza espressiva, che fonda su registri “boschivi” e speziati il suo eloquio ma lo fa senza cupezze, coniugando signorilità e concretezza con una dote tannica ben fusa e con una progressione che sa il fatto suo, instradata da un bella corrente di freschezza.
Nobile di Montepulciano 2014
Bella suggestione di frutta fresca per un vino dritto, affusolato, con un tannino da cui tracima sapidità e con il proverbiale timbro austero in evidenza. La perdonabile asciugatura in chiusura trova il conforto delle erbe aromatiche e dell’alloro.
Nobile di Montepulciano 2015
Ecco una trama che si slarga, e un’indole più pacioccona: il sorso si fa accomodante ma senza placarsi affatto, grazie alla buona freschezza di fondo. E’ interessato da alcuni risvolti più evoluti, e da un tannino che ne serra un po’ le fila, senza per questo precludergli la ormai proverbiale voce salina, a rinfrescare.
Nobile di Montepulciano 2016
Turgore, diffusione, distensione. Il frutto rilascia una sensazione di croccantezza e integrità, il tannino è fitto ma fine, dai connotati sapidi e mai abrasivi, a scolpire i contorni di un vino di bella prospettiva, discendenza diretta di un’annata oggettivamente importante. E si vede.
Nobile di Montepulciano 2017
Il tannino batte un colpo entro l’alveo di una trama fruttata dall’impianto caldo e maturo; al gusto è avvolgente, integro, dai sentori di erbe aromatiche e menta, e risponde con il temperamento alle insidie di un’annata siccitosa e difficile.
Nobile di Montepulciano 2018 (campione da vasca)
Bel frutto, propensione elegante, ritmo gustativo, sale e soprattutto equilibrio, garbo, modulazione. Meno maschio del solito, è il figlio legittimo di una annata che nella Toscana interna ha assunto i connotati della piena godibilità e della piacevolezza.
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PS
“Eleganza e nitore per un vino succoso, agile, sostenuto, dal tono fresco e minerale. Nitido e delineato, tenace e grintoso, si beve di gusto”. Cos’è? Il Rosso di Montepulciano 2019 del Macchione, fra i Rossi (di Montepulciano) più buoni dei ricordi miei. 🙂
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Visita in azienda effettuata nel mese di ottobre 2021
Contributi fotografrici dell’autore
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.