Venticinque ettari per 17 etichette, nel caso di Weingut Diel, rendono bene l’idea della parcellizzazione, e delle conseguenti variazioni sul tema, cumsustanziali la Nahe germanica, un distretto che a livello di immagine non si avvantaggia magari della stessa luce mediatica di cui godono territori come la Mosella, ma che probabilmente, proprio in ragione di una luce tutta da conquistare, mette in campo dei talenti in grado di fare emergere -con un dipiù di ardore e trasparenza espressiva- quelle voci che più di altre possono parlare al cuore del bevitore attento, ovvero alcuni dei Riesling più rocciosi (leggi, di roccia) dell’orbe terracqueo.
E’ il caso di Caroline Diel, viticultrice ed enologa, a cui appartengono alcune parcelle super vocate della bassa Nahe, fra cui Burgberg, Goldloch e Pittermännchen.
Il fatto che adotti fermentazioni spontanee e, sovente, legni grandi per l’affinamento dei suoi Riesling, ci fa capire della particolare sensibilità interpretativa, per una che il suo apprendistato lo ha svolto, fra gli altri, al Domaine de la Romanée Conti.
Sono vins racés, questi qua, le cui doti strutturali restano dissimulate in un disegno accordato, dove sapidità e mineralità assumono ruoli da protagonisti. Ovviamente, sotto l’egida di una enologia di stampo teutonico, di rara precisione quando non chirurgica. Con salutari eccezioni, però.
Perché se il Riesling GG Grösses Gewachs Burgberg 2019 ti apparirà quasi didattico, nella sua irreprensibile sostanza da Riesling ( non un capello fuori posto, comparto aromatico accattivante e super scolpito, gusto “sferico”, millimetrica ponderazione degli zuccheri residui), il Riesling GG Grösses Gewachs Pittermännchen 2020 scarta di lato rispetto ai formalismi dei Riesling più disciplinati.
Il naso, per esempio, resta silente per giorni, rilasciando una scia di gasolio e mostrando una alterigia dal vago sentore cerealicolo, quasi che i profumi non abbiano preso l’abbrivio giusto; ma è in bocca che cambia passo, è lì che si fa ardesia pura, e inondazione di sale.
Di una bellezza interiorizzata, pesca dal didentro una forza incredibile e te la rovescia addosso. Inesauribile, ampio, infiltrante…
E’ la sorpresa che non ti aspetti.
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Giornalista pubblicista toscano innamoratosi di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione ad azione culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di direttore responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente regionale della guida Slow Wine per la Toscana.