GIOVANNI CHIAPPINI
Giovanni Chiappini è un contadino figlio di contadini. E tale resta, con orgoglio. La sua umiltà, il suo pragmatismo, la sua pacata saggezza, la sua sensibilità di uomo, prima ancora che di viticoltore, hanno forgiato un’azienda che gli somiglia, e dalla quale traspira umanità.
Fra i primi a buttarsi nell’agòne bolgherese, dopo essere approdato dalle Marche tanti anni fa per cercar terra da lavorare, oggi lo vedi sereno. Per la strada fatta fin qui, e per avere al suo fianco le generazioni nuove di famiglia, le figlie Martina e Lisa, che sono puro conforto.
Il suo motto ce l’ha scritto sulle spalle ( “la terra vale quanto chi la lavora“) e ha un significato molto più profondo di quanto possano suggerire le parole; e i suoi vini, nelle edizioni migliori, dissimulano potenza e struttura in trame accordate, senza strafottenze, indirizzandosi nel filone stilistico di Bolgheri con passo misurato.
Quest’anno è il Cabernet Franc 2019 della linea Lienà a dettare legge, sul piano della pura performance, perché la sua è una pienezza che non spancia, facendosi sensualmente voluttuosa. Ben armonizzato in ogni sua voce, testimonia quanto questo vitigno possa avere molto da dire, e da dare, a certe latitudini, se e quando vinificato in purezza.
Poi assaggi Le Ferruggini (2020), un Bolgheri Rosso elaborato non nello stile di Bolgheri. Per via della composizione varietale, che sfrutta il sangiovese – qui in quota maggioritaria – fino ai limiti massimi consentiti dal disciplinare, e per via del metodo di affinamento, che non vede legni ma solo acciaio. Ecco, un vino così non possiede la “sapienza” del primo della classe, o la profondità la più profonda, ma conosce bene cosa significhi EVOCAZIONE.
E’ un Bolgheri “d’antan” che ti riporta alle origini, o così me lo immagino io. Senza pruriti estrattivi, senza macchinosità, ma con le sue belle trasparenze da mettere sul piatto dei ragionamenti. Ha il ritmo nelle vene, e uno schiocco acido che dà soddisfazione. Gastronomico se ce n’è uno, è un vino in simbiosi con tutta questa storia, e ti tocca nel profondo, lui che profondo (forse ) non lo è.
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Giovanni Chiappini – Loc. Le Preselle, Podere Felciaino 189/c – www.giovannichiappini.it
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PODERE IL CASTELLACCIO
C’è una Bolgheri in cui il vigneto lo devi strappare ai boschi, c’è una Bolgheri ancora selvatica e collinare, una Bolgheri alt(r)a e defilata, bòtta salvifica di biodiversità. E’ una mosca bianca, ma c’è.
Sulla collina di Segalari, alle spalle di Castagneto Carducci, ti affacci e hai il mare davanti: imperioso, bello, con la Gorgona e Capraia sullo sfondo, eppure ti senti come protetto e nascosto da un luogo dove ancora la natura reclama i suoi spazi e se li prende. E’ qui che il nonno di Alessandro Scappini, 60 anni fa o giù di lì, piantò a vite qualche fazzoletto di terra sparso. Bolgheri e i suoi alloctoni erano lontani, nella campagna e nelle consapevolezze. Allora si trattò di sangiovese, pugnitello, foglia tonda….
Cinquant’anni dopo, il nipote Alessandro decide di dar corso a un sogno, prendendosi una bella responsabilità affettiva: far rivivere quei vecchi ceppi, scartando di lato dal mainstream bolgherese. Nasce Podere il Castellaccio, ed è una corsa in salita, a tratti molto dura, che solo grazie all’avvento dei nuovi vigneti piantati a cabernet franc, cabernet sauvignon e merlot, e quindi al recente varo dei Bolgheri Doc all’interno della gamma, ha potuto far risplendere e valorizzare per come merita l’altra parte della proposta, quella su cui ancora punta per urlare al mondo, pacatamente, la sua diversità.
Intendiamoci, dai giovani alberelli di cabernet franc della parte alta di Segalari può nascere qualcosa di importante; occorre solo tempo, e vite che cresce. Ma se “ascolti” Valente 2018, e ancora di più Valente 2019 ( unione di sangiovese, foglia tonda, pugnitello), resterai impressionato dalla freschezza e dalla capacità di dettaglio di questo vino “di costa”. Come un respiro inatteso che ridà aria ai polmoni, venuto fuori da una storia di ieri, da vecchi ceppi e da suoli poveri e galestrosi, fra cinghiali, boschi di suvere e tanta macchia.
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Podere Il Castellaccio – Loc. Segalari, 102 – Castagneto Carducci (LI) www.podereilcastellaccio.com
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.