Come affermava saggiamente il capo indiano Waȟpéhn Waŋh (Sbadiglio Consapevole), “in estate è meglio bere un bianco fresco e poco alcolico anziché uno Zinfandel californiano con 59 grammi/litro di estratto e 16 gradi alcolici”.
Forte di questa consapevolezza, quando le temperature qui in città (Roma) superano i 32 gradi – il che negli ultimi anni si manifesta intorno alla fine di febbraio – smetto di stappare rossi cosiddetti strutturati e mi sposto gradualmente verso tipologie di bianchi leggeri (marzo/aprile), poi scarnificati (maggio/giugno), infine evanescenti (luglio/agosto).
Questi ultimi più o meno indistinguibili come densità dall’acqua minerale naturale Tullia.
Sere fa un bianco snellissimo mi è garbato molto. Certo, gli farei un torto a definirlo scarnificato o peggio evanescente: la materia c’è, il disegno gustativo pure. Il tutto è declinato con leggerezza e slancio. Trattavasi del Romagna Bianco MonteRè 2022 Brix dell’azienda Vigne dei Boschi.
Si dirà: Romagna, ok; Bianco, ok; 2022, ok; Vigne dei Boschi, ok. Ma Brix cosa mi rappresenta? Domanda lecita. Metto tra virgolette il chiarimento di Paolo Babini, titolare dell’azienda Vigne dei Boschi:
“L’associazione Brisighella Anima dei Tre Colli è nata lo scorso anno e oltre a valorizzare i vini di Brisighella ha da subito individuato l’albana come vitigno che può dare risultati importanti nella nostra zona. Tra l’altro oltre il 20% dei vigneti ad albana in Romagna sono a Brisighella.
Fin da subito però abbiamo capito che i vini attualmente in commercio non potevano dare una identità di territorio. Troppi stili diversi, macerazione, residuo zuccherino… erano tutte interpretazioni personali. Per questo è nato il progetto Brix (antico nome di Brisighella), con l’idea di un disciplinare interno alla associazione e l’intento di far emergere le diversità territoriali.”
Brix è quindi l’antico nome di Brisighella, nonché l’insegna di alcuni nuovi bianchi della zona. Grazie alla disponibilità dei gruppo di produttori brìxici, mi accingo a provarne alcuni specimen. Per intanto, qualche nota volante sul MonteRé 2022: colore chiaro, gusto pulito (cit), bella incisività salina a centro bocca, più austero e affilato che fruttato (come da attese), fresco e sapido nel finale, che NON ha scodate calde (il tenore alcolico è di soli 12 gradi dichiarati in etichetta).
Un progetto apprezzabile, e con tutta probabilità – quando avrà preso forma più consolidata – ammirevole.
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Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato, come redattore ed editorialista, presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen.
Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, tra le quali Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS.