MONTECARLO (LU) – Caro maiale, quanto mi fai star bene. Se ho le mani screpolate il tuo grasso le rimette in forma, basta qualche pezzetto di legno e la tua carne s’insaporisce alla fiamma, hai un musetto da primato (la gota lessata è un boccone da re) e un fegato da leone che avvolto nella rete, infilzato nell’alloro e servito insieme ai rapini mette il pepe al migliore dei foie gras.
Ancora ma per poco, dato che il caldo è alle porte, i norcini sono all’opera per mettere da parte salami e salsicce. Del maiale non si butta niente, tutto è buono, molto di lui durerà nel tempo come le necessità imponevano in passato. “Con il lardo ridotto in pasta, mescolato ad un trito di sedano, carota, cipolla e prezzemolo ricaviamo una crema perfetta nei crostini, ne basta un cucchiaio da soffriggere per una gustosa minestra di fagioli – dice Luigi Angelini, macellaio da quattro generazioni in Pieve Fosciana, comune nel cuore della Garfagnana, in provincia di Lucca – Con le parti meno pregiate come spalla, rifilatura della coppa e pancetta facciamo le salsicce. Interiora, testa, lingua, reni amalgamati con il sangue e vari aromi (cannella, macis, noce moscata, sale e pepe) servono per il biroldo, da non confondere con il buristo, il mallegato, il sanguinaccio nei quali la percentuale di sangue domina. Il biroldo della Garfagnana, che è anche Presidio Slow Food, è una coppa di testa, con pezzettoni visibili tagliati al coltello”.
Impasta, massaggia, farcisce, annoda con la manualità di una libellula. Quella del norcino è un’arte in via di estinzione, sono scomparsi i ragazzi che vanno a bottega ad imparare. Ma in questo ramo di terra che si protende verso l’Emilia è dura a morire. “Forse grazie al fatto che la nostra economia è ancora legata alla terra e alla montagna. Siamo un’isola felice, in cui le donne hanno tempo per cucinare, conoscono le diverse parti degli animali, sanno come ottimizzare i costi a tavola – aggiunge Angelini, seppur giovane, tra i più attivi in zona nel conservare identità e saperi – Il nostro palato non ha ancora ceduto alla globalizzazione e nonostante la grande distribuzione sia arrivata fin quassù, le piccole botteghe di qualità resistono perché custodiscono i sapori genuini, quelli della memoria”.
E allora caro maiale, ti vengo a trovare. Prima però ti organizzo una festa dove sei l’ospite d’onore. Maialando Maialando ti assaggio, ti ascolto (o meglio ascolto altri parlarmi di te, di come in Garfagnana ti allevavano a scarti della cucina “perché il Garfagnino ha il braccino corto”, ghiande e rimasugli di farro), imparo a conoscerti. E mi stai sempre più simpatico. Domenica scorsa Chiara Gambacorti (la “cicciaia”, babbo Piero è macellaio) ed Elisabetta Gemignani (a lei piace seguire l’orto, insieme si alternano fra sala e cucina, come si vede anche in questo video) dell’enoteca-agriturismo La Torre di Montecarlo di Lucca hanno chiamato a raccolta i tuoi estimatori nella nona edizione di “Maialando Maialando”, giornata bucolica all’insegna del porcello, tutti attorno alla brace e poi alla tavola. “Da una parte il desiderio di trascorrere qualche ora spensierata insieme, dall’altra la volontà ferma di dare risalto a mestieri che stiamo perdendo – Chiara Gambacorti spiega da dove nasce l’idea del giro gastronomico attorno al maiale che ormai ripete da nove edizioni con successo in febbraio – La risposta dei clienti e degli amici fu da subito unanime, ogni anno che passa cresciamo”.
Ben oltre il centinaio le persone che domenica hanno raggiunto il borgo al confine con la Valdinievole, affatto impensierite dalla noiosa pioggerellina che gli ha fatto da sfondo. La giornata è partita presto: Angelini è arrivato in compagnia di mezzo maiale (circa 70 kg), avviando la danza. Ha tagliato, affettato, sminuzzato, farcito, insaporito. Alla fine è stato un tripudio di rosticciana (in umido, con olive e polenta), cosciotto cotto nel forno a legna, insieme ai Borlotti lasciati a scoppiare. Sei cotechini (fatti fuori nella merenda dell’urcino a metà mattinata), 20 kg di salsicce in parte finite sulla brace insieme a scamerita e pancetta, in parte spalmate fresche sul pane di patate della Garfagnana (altro Presidio). Una decina di salami. “
A cose normali l’arista andrebbe nei salami, a Maialando l’abbiamo mangiata. I fegatelli sono arrivati in tavola con la polenta di Formentone Ottofile, ma io preferisco accompagnarli a quella di farina di neccio” prosegue Luigi Angelini, mentre a fare da sottofondo al pranzo ci sono gli Onda Acustica: mandolino, fisarmonica, chitarra e tamburello. A far scivolare i bocconi: Capatosta (la nuova versione del Morellino di Poggio Argentiera) e Stringaio (si gioca in casa, 70% Syrah e 30% Cabernet Sauvignon di Borgo La Torre).
Ode a te, maiale nostro. E per finire meravigliose bollicine Dumont & Fils e il biodinamico Pierre Frick Crémant d’Alsace 2008. Anch’essi in totale linea al risparmio, perché come dice un noto enologo toscano: “Basta saper guardare, assaggiare, informarsi. Si può bere alla grande spendendo poco”. Evviva!
Nella seconda e terza immagine: Luigi Angelini, nella quarta Chiara Gambacorti, nell’ultima l’enologo Luca D’Attoma
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