Fuligni è tante cose. Intanto Maria Flora Fuligni, figura emblematica di donna del vino, che conta più di 75 vendemmie alle spalle e che è alla guida dell’azienda “appena” dagli anni Cinquanta. Oggi sta meritandosi il giusto riposo, ma la sua presenza e il suo sguardo aleggiano sopra ogni cosa, lo vedi e lo senti.
Me la ricordo ancora, me la ricordo bene, a presiedere il banchetto all’interno del carrozzone itinerante di Selezione Fattorie di Silvano Formigli, negli anni Novanta. Assieme ai suoi vini le mie prime infatuazioni brunelliche. Assieme ai suoi vini la mia gioventù.
Eppoi il nipote, Roberto Guerrini, esimio professore universitario nonché voce narrante dell’azienda e della sua storia. Con lui indimenticabili cene a suon di verticali, con la mia consapevolezza che si faceva più adulta.
A far marciare la macchina oggi ci sono Daniele Zeffirini, direttore tecnico e uomo ovunque, e Daniela Perino, nominata di recente amministratrice delegata. Governano un affare da 15 ettari vitati suddiviso fra Cottimelli, nel versante nord orientale di Montalcino, e Semìti, sulla strada che conduce a Torrenieri.
A Cottimelli altitudini significative, giaciture e suoli a galestro (formazione di Santa Fiora) agevolano freschezza e finezza tannica; a Semiti un clima maggiormente temperato e una frazione di argilla in più nei terreni richiamano polpa e densità. Entrambi contribuiscono a disegnare i rossi della casa, elaborati da sempre nel segno della concretezza.
Perché Fuligni è soprattutto rigore, coerenza, connotazione stilistica certa. E poi ancora misura, sobrietà, e quindi mirabile equilibrio.
Più longilinei che ampi, più reattivi che avvolgenti, i vini della casa sono soliti assumere una silhouette elegante da cui emergono limpidamente compattezza di trama, venature minerali e assenza di orpelli. Di fronte a vini tanto riconoscibili non ti prende la voglia di raccontare i metodi di elaborazione o i puntigli agronomici di una viticoltura che definiresti attenta, perché sono vini che vanno oltre il metodo. Hanno una loro personalità, e non fanno niente per nasconderla.
Così è per Ginestreto 2021, un Rosso di Montalcino che in barba all’annata insidiosa sciorina integrità di frutto, compostezza e freschezza di beva. Così è per il Brunello 2018, morbido e suadente, pervasivo e puro, il suo disegno come un cesello.
Ma non mancano le novità, a disegnare un futuro diverso anche al difuori della denominazione. Come l’acquisizione di 10 ettari di terra su a Borgo Titèna, lungo la strada verso il Monte Amiata, dove ne sono stati piantati di recente 2 a sangiovese. I 600 metri di quota, la luce pura, i suoli sassosi e il clima pedemontano lasciano presupporre altri orizzonti organolettici che la curiosità impone di sperimentare.
Sono passati diversi anni dalla mia ultima volta in cantina, eppure a casa Fuligni non si sono dimenticati di una mia infatuazione. Così mi han fatto una sorpresa. Ecco, solo il poter riassaggiare il Brunello di Montalcino Riserva 2006 (ancora in splendida forma) mi ha regalato la definitiva certezza che ne sia valsa la pena, di ritornare qui.
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Giornalista pubblicista toscano innamoratosi di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione ad azione culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di direttore responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente regionale della guida Slow Wine per la Toscana.