Ricostruire il senso di un luogo, per produrre vini che a quel luogo somiglino. E’ il progetto simbiotico iniziato qualche anno fa al Castello Tricerchi, avamposto incantato e sfacciatamente evocativo che sta in località Altesi, al nord più a nord di Montalcino, lì dove un tempo far maturare le uve costituiva una impresa ardua, e invece oggi…
Certo i gesti e i modi hanno dovuto accogliere consapevolezze nuove, e per questo la passione del giovane Tommaso Squarcia, supportata dall’impegno sostanziale e finanziario dello zio Emanuele, sta giocando molto, nella partita in atto, per orientare scelte e prefigurare indirizzi.
La storia contemporanea del Castello Tricerchi è cosa assai recente e principia dal 2013, con la riconquista del governo dei vigneti e del conseguente imbottigliamento in proprio da parte degli ultimi discendenti della famiglia Squarcia, proprietaria del Castello da appena 600 anni, dopo che nel precedente periodo le uve venivano gestite dalla cantina sociale Agricoltori del Geografico, che per prima portò sui mercati l’etichetta/brand Castello Tricerchi.
Da allora tutto è cambiato, nell’impostazione del progetto, e l’approdo a una consulenza di lusso quale quella instaurata con l’enologo Maurizio Castelli ha messo il definitivo tassello sul piano della identità e della coerenza interpretativa.
Sul fronte agronomico i 13 ettari di vigna, con epicentro nel bellissimo anfiteatro che circonda il laghetto, vengono gestiti con cura nel pieno rispetto di un approccio biologico in via di certificazione, cercando di assecondare la naturale vocazione del luogo, che ci parla di cicli di maturazione più lenti rispetto alla media e della freschezza acida in veste di attrice protagonista. Qui ci si adopra con vendemmie tendenzialmente anticipate, per garantire acidità e pH.
Sul fronte enologico, l’approccio tradizionalista prevede lunghe macerazioni ma non una eccessiva sosta nei legni (insomma, legno q.b., ovvero il minimo consentito dal disciplinare di produzione), prediligendo semmai un congruo tempo di maturazione in bottiglia prima della commercializzazione.
Fatto sta che la freschezza di quei vini è un privilegio. Assieme alla brillantezza, al grado di contrasto, alla droiture. A ben vedere, si muovono nel pieno rispetto dei canoni della sensualità.
Il Rosso di Montalcino 2021, ad esempio, porta a riscossione tutto il peso delle speciali giaciture per contrastare gli effetti di un millesimo insidiosamente caldo. Riuscendoci peraltro, grazie alla deliziosa carnosità del tratto, che accoglie frutto ma anche agrume, e movenze eleganti come se fossero connaturate.
Oppure il Brunello di Montalcino 2018, dove tutto acquisisce maggiore profondità, con la trama che si fa ricamo sottile, e la dolcezza del tannino pura seduzione.
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Contributi fotografici dell’autore
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.