Per iniziare toccandola piano, l’Alsazia è la più bella regione viticola di Francia. Non dico che i suoi vini siano i più belli di Francia; di sicuro, per me, lo sono i suoi vigneti, i suoi borghi, il suo paesaggio in senso lato.*
Al suo confronto, il Médoc è una mesta landa piatta, sempre monotonamente uguale. La Borgogna, una serie di morbide colline ordinate, di fascino medio (a metà del diagramma stellare di Hertzprung-Russell). La Loira, ecco, invece la Loira può dire la sua dal momento che…
ma non divaghiamo. Passeggiare per Riquewihr significa viaggiare indietro nel tempo di alcuni secoli, e poi imbattersi nel piccolo edificio della storica firma Hugel, attiva fin dal 1639. E scusate se è poco.
Osservare, da perfetti incompetenti, le vigne Grand Cru, o anche le vigne/soldato semplice, lascia spesso a bocca aperta.
Una delle ragioni per tanta bellezza sta nel fatto che l’Alsazia è una terra di confine, e nelle aree di confine molto spesso nulla è brutto o banale. Per secoli teutonica, poi francese, poi di nuovo teutonica, poi di nuovo francese, questa regione è stata alternativamente la porzione di territorio più nordico della Francia (quella del vino “fine”) e la porzione di territorio viticolo più meridionale della Germania (quella del vino “che fa grado alcolico”).
Nei fatti i vini alsaziani possono essere benissimo l’una e l’altra cosa insieme. Nascono infatti al limite settentrionale della sopravvivenza della vite**, ma allo stesso tempo in un’area eccezionalmente favorevole alla sua coltivazione: i possenti rilievi dei Vosgi creano infatti un microclima relativamente caldo e secco, dove le uve maturano con sorprendente facilità.
Questa peculiarità si traduce in bianchi che hanno da un lato delicatezza aromatica, sottigliezza nel tocco al palato, freschezza luminosa del finale, e dall’altro polpa, densità, calibrato calore alcolico. Una silhouette unica.
I rossi da pinot nero, quanto a loro, sono vieppiù gustosi, perdendo una certa magrezza costituzionale e acquistando più ampiezza e grazia.
Insomma, l’ho trovata una regione magnifica. Ho visitato alcune aziende, di cui scriverò prossimamente. Nel frattempo, ecco le note di sintesi dei due o tre vini che più mi sono garbati nella trasferta:
Riesling Pfersigberg “H” 2020 Bruno Schueller
Ancora in botte, è un prodigio di energia, luminosità, slancio vitale. Una forza tellurica, ma gentile al palato: da attendere, appostati come falchi, che esca sul mercato (alla fine dell’anno o agli inizi del prossimo, pare)
Cuvée Bihl 2022 Jean Ginglinger
Assemblaggio di riesling e sylvaner, è un bianco non molto meno brillante del precedente. Meno tonante, più affilato e longilineo, va atteso alcuni minuti perché si liberi di qualche impaccio riduttivo iniziale. Ha poi notevole progressione e tenace persistenza.
Pinot Noir sfuso, Winstub Zuem Buerestuebel (Niederbronn-Les-Bains)
Un quartino di puro piacere, bevuto in una sorta di osteria elegante ovvero ristorante rustico nel remoto paese di Niederbronn-Les-Bains. Snello, agile, dai tratti di frutto molto delicati, servito a sette o otto gradi era di bevibilità irresistibile.
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* “eh, eh, lato (ma che è sto lato?)” (Febbre da Cavallo, Steno, 1976)
** il limite storico, non quello del cambiamento climatico, visto che ora si fa vino anche in Groelandia, o giù di lì
Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato, come redattore ed editorialista, presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen.
Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, tra le quali Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS.
2 risposte
Condivido in pieno la descrizione, essendoci stato poche settimane fa: splendidi paesaggi di vigne, di foreste, di paesi da fiaba e ottimi vini, ci ha stupito in particolare l’ottimo rapporto prezzo/qualità dei suoi spumanti. Aspetto con ansia le ulteriori descrizioni, grazie
Caro Rizzari,
bella non so, ognuna ha una sua particolare grandezza (si pensi agli Chateaux e ai loro giardini, per esempio) . Concordo sul fatto che l’Alsazia sia la più pittoresca.