Cadgal: là dove il gallo canta e il Moscato risplende

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Sogniamo di essere un faro di innovazione e qualità nel mondo vinicolo, riconosciuti per il nostro impegno incessante nel perfezionare le arti della vinificazione. Guidati dalla tradizione e ispirati dall’avanguardia, miriamo a diventare una destinazione enoturistica di prestigio, dove la bellezza della terra e la passione per il vino si fondono per creare esperienze che sorprendono e ispirano. 

Con questo interessante incipit Alessandro Varagnolo presenta il progetto legato all’azienda Cadgal di Santo Stefano Belbo, comune del cuneese dove l’uva moscato da sempre fa parlare di sé. La suddetta realtà vitivinicola, avviata nel 1989, è a mio avviso tra le più costanti del comprensorio inerente alle DOCG Asti e Moscato d’Asti. Nel 2023 il nostro protagonista, unitamente alla neocostituita famiglia La Cova, acquisisce l’azienda Ca’ D’Gal (vecchia denominazione) – composta da vigneti e fabbricati – dal precedente proprietario Alessandro Boido. Tutto ruota attorno al celebre vitigno aromatico piemontese, l’obiettivo è quello di ridefinirne i confini identitari. Il progetto Cadgal comprende due suggestive proprietà: Tenuta Valdivilla, che prende il nome dalla frazione del comune di Santo Stefano Belbo nelle Langhe, e Tenuta La Cova a Calamandrana, nel cuore del Monferrato Astigiano.

Alessandro Varagnolo, originario di Torino, continua la strada intrapresa dal suo predecessore facendo tesoro di tutta l’esperienza da egli acquisita in oltre 35 anni di attività; occorre sottolineare che la famiglia Boido è sempre stata considerata un faro per la denominazione. Ma facciamo un passo indietro. Dopo aver dedicato la propria vita agli studi internazionali in tema economico e di direzione aziendale, Alessandro, rientra in Italia e avvia la sua carriera nel mondo della consulenza industriale. Tutto fantastico sennonché il cosiddetto “richiamo del gallo”, delle Langhe, ovvero l’essenza del mondo agricolo che l’ha visto crescere – grazie ai preziosi insegnamenti della madre – è così forte da convincerlo a cambiare direzione e a creare una nuova realtà imprenditoriale. Dopo aver affrontato gli studi di settore, frequenta corsi specializzati di alto profilo: il WSET livello due, la Barolo & Barbaresco Academy – che lo porta a ricoprire il ruolo di Langhe Wine Ambassador – infine diventa consigliere nell’Associazione Produttori Moscato di Canelli.

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La nuova identità aziendale inizia dal restyling dello storico logo Ca’ D’Gal: il pittogramma richiama la figura di un gallo, a evocare il nome del marchio “casa del gallo” – in dialetto piemontese – che si scompone in un calice e nei flutti successivi al brindisi, evocando un’atmosfera briosa, di gioia condivisa intrinseca alla giovane, nuova, e vitale realtà denominata Cadgal. Un progetto ambizioso atto ad esaltare il perfetto connubio tra il moscato ed il territorio che l’ha reso noto in tutto il mondo, mediante la produzione di importanti vini dolci che in Italia hanno scritto la storia dell’enologia nazionale. Primo tra tutti il Moscato d’Asti Vite Vecchia, anche conosciuto come Vigna Vecchia, prodotto in quantità limitatissima e che riposa per 60 mesi immerso nella sabbia. Questa particolare tecnica di affinamento ha portato a risultati sorprendenti, soprattutto considerando l’equilibrio del vino, la ricchezza aromatica e l’incredibile longevità. Poche persone, in Italia, sono a conoscenza del fatto che l’uva moscato può invecchiare anche molto bene.

Continuando sempre a produrre vini di grande qualità, filosofia ereditata da Alessandro Boido, l’azienda si distingue anche per una curata e sobria proposta di accoglienza, al centro di un ambizioso progetto di potenziamento in termini di infrastrutture ed esperienze di visita e soggiorno. Un’idea vincente considerando quando l’enoturismo, negli ultimi anni, stia raccogliendo sempre più consensi da parte di un pubblico nazionale e soprattutto estero. Alessandro Varagnolo crede fortemente nel cosiddetto gioco di squadra: il suo obiettivo è fare rete con tutta una serie di attori coinvolti, ovvero ristoratori, enotecari e produttori del luogo con i quali imposta sempre progetti chiari, solidi e soprattutto condivisi. Il fine è quello di raggiungere l’eccellenza grazie ad una buona strategia attuata, allo spirito, e al senso di appartenenza di tutta la sua famiglia unito a quello della squadra di professionisti di cui si attornia, tra cui l’enologo Luca Caramellino e la consulente viticola Maresa Novara.

Il primo, originario di Torino, si laurea in Viticoltura ed Enologia nel 1996 e muove i primi passi professionali tra Lombardia e Piemonte, fino a ricoprire il ruolo di direttore tecnico di un’importante azienda vitivinicola piemontese. La strada intrapresa lo porta nel 2007 ad avviare la carriera di consulente enologo per diverse realtà, ad oggi quindici distribuite sul territorio nazionale. Maresa Novara, originaria di Villafranca d’Asti, consegue il diploma di Perito Agrario nel 1994 e assume presto il ruolo da responsabile tecnico di un’altra cantina storica del Moscato, fino a quando non decide di intraprendere la sua carriera di consulente viticolo spaziando tra Italia, Spagna e Francia. La filosofia di Novara, condivisa da tutti i protagonisti dell’azienda, si basa su un’agronomia incentrata su tre elementi specifici: restituzione, rispetto e responsabilità. Non basta, soprattutto ai giorni nostri, produrre grandi uve che rispecchino il territorio da cui arrivano; occorre lavorare in vigna cercando di riattivare i suoli, creando dunque condizioni ottimali per la vita del cosiddetto sistema vigneto. Rendendolo fertile, vivo e soprattutto vitale.

Il progetto Cadgal percorre una strada che dalle Langhe arriva al Monferrato. Tenuta Valdivilla e Tenuta la Cova distano pochi chilometri l’una dall’altra. La prima si trova tra gli impervi e scoscesi rilievi collinari langaroli, un’area vitivinicola che non ha bisogno di presentazioni. La seconda si posa sui più dolci colli del Monferrato, una zona che sotto il profilo geologico ebbe origine nell’era terziaria, come testimoniato dalla presenza di sedimenti marini. Ritroviamo, storicamente, un clima continentale caratterizzato da inverni freddi che garantiscono alla vite il giusto riposo vegetativo. In primavera ed estate le temperature salgono gradualmente garantendo uno sviluppo armonico ed equilibrato delle piante. Le escursioni termiche dell’autunno favoriscono invece lo sviluppo delle maturazioni terziare. Quanto appena scritto, negli ultimi anni, si verifica sempre più di rado per via dell’aumento delle temperature. Nonostante ciò, le diverse posizioni che compongono il parco vigneti di Cadgal, hanno consentito di attenuare in gran parte l’effetto negativo causato delle estati torride.

Tenuta Valdivilla, oltre ad essere attualmente la sede della cantina, rappresenta in tutto e per tutto la storia aziendale. Situata a Santo Stefano Belbo nel cuore delle cosiddette terre del Moscato d’Asti, comprende sei ettari di vigneti, allevati a guyot, e radicati in un suolo duro, complesso. Quest’ultimo è composto da terre bianche ricche di tufi, dunque lo sforzo che la vite compie per trovare nutrimento contribuisce a creare Moscati dal quadro aromatico particolarmente intenso e ricco di sfaccettature. Risultano altresì vocate le pendici meridionali che presentano una più alta percentuale di calcare. In dialetto piemontese vengono chiamate “sorì” e solitamente sono le più soleggiate.

Tenuta La Cova a Calamandrana, in provincia di Asti, si estende per 25 ettari 9 dei quali destinati ai vigneti. Qui troviamo alcune tra le migliori barbere del Piemonte. Le uve vengono allevate a guyot e la presenza di boschi, e di zone non coltivate, vanno a compensare lo “sfruttamento” dei terreni vitati. Anche l’utilizzo di sovesci e di pratiche agronomiche virtuose, come la riattivazione del microbioma del suolo, restituiscono all’ambiente il giusto equilibrio e un ecosistema sano dove poter improntare un’attività vitivinicola. Altri cinque ettari vengono dedicati ai noccioleti, risorsa molto importante per il territorio, mentre in tutto il resto della proprietà troviamo boschi e piante secolari. Una folta vegetazione che circonda la sede dell’azienda e la cantina, ultimata da poco, dedicata alla vinificazione di tutti i vini del nuovo corso di Cadgal.

L’azienda agricola è certificata SQNPI (sistema di qualità nazionale di produzione integrata) e sta per intraprendere l’iter di conversione al regime biologico. Nel mentre pratica in vigna la lotta integrata. Quest’ultima prevede un limitato utilizzo di fitofarmaci non dannosi per il terreno, l’essere umano e gli insetti utili, e l’inserimento di antagonisti dei parassiti e la confusione sessuale. I vigneti siano collocati a diverse altitudini che vanno dai 250 metri sul livello del mare di Calamandrana, ai 400 metri di Cassinasco e Valdivilla. Le viti affondano le proprie radici all’interno di terreni piuttosto sciolti, composti da marne bianche e argille blu – comunemente chiamate “tufi” in Piemonte – e tendenzialmente poveri, i quali esaltano l’aroma dei vini e soprattutto la loro naturale finezza.

Cadgal, oltre a ridefinire i confini ed in parte l’identità del Moscato d’Asti, ambisce al podio – a livello europeo – in tema di grandi bianchi dolci. Il progetto Vite Vecchia Moscato d’Asti DOCG rappresenta un fulgido esempio a riconferma della mia tesi. Riconosciuto come “l’altra faccia del Moscato” merita un approfondimento tecnico, oltre che il consueto punto di vista sulle caratteristiche organolettiche del vino. Le vedremo più avanti.

Vengono utilizzate soltanto piante di oltre 70 anni di età con una resa che non supera i 40 ettolitri per ettaro. Il vigneto gode di un’ottima esposizione, a sud, e si distende lungo i classici “sorì” piemontesi. Alludo ai classici rilievi collinari, in questo caso di composizione leggera e con un buon bilanciamento tra presenza di argilla e calcare. Tali caratteristiche rendono possibile una maturazione omogenea degli acini, donano il giusto corpo al vino, mineralità e freschezza. Le uve vengono raccolte a fine settembre in leggera surmaturazione e la vinificazione avviene in autoclave.

A rendere del tutto originale il Vite Vecchia, però, è il singolare metodo di affinamento: le poche bottiglie prodotte riposano per cinque anni in casse colme di sabbia, in condizione di buio, umidità, isolamento e staticità ideali. Una soluzione indubbiamente originale che, nel tempo, ha dato riprova di quanto l’uva moscato sia in grado di dar vita a vini pronti a sfidare il tempo, altresì ricchi di sfaccettature. Basti pensare che Cadgal, riguardo il suddetto vino, “assicura” una longevità di oltre quindici anni. La produzione di Cadgal si attesta sulle 80.000 bottiglie l’anno con una vasta distribuzione, in particolare estera, che abbraccia: Australia, Belgio, Bermuda, Canada, Cina, Danimarca, USA, Francia, Germania, Giappone, Hong Kong, Sud Korea, Olanda, Polonia, Inghilterra, Singapore, Svizzera e Taiwan.

Di seguito troverete la sequenza dei vini degustati.

Asti Spumante  

Paglierino chiaro, vivace, bollicine fini e regolari. Naso intenso, ricco di sfumature che spaziano dalla salvia alla pera Williams e pesca noce, con incursioni floreali piuttosto fresche e una timida scia minerale in chiusura. La dolcezza del sorso è ben mitigata dalla corrispondenza del frutto “croccante” e la conseguente acidità.

Moscato d’Asti Lumine 2023

Paglierino chiaro, solare, qualche riflesso oro antico. Perlage minuto e continuo. Al naso acacia, biancospino e salvia impreziositi da una scia di calcare e un frutto maturo e goloso: distinguo la mela Granny Smith e la pesca noce. In chiusura muschio bianco e una punta di rosmarino. Sorso suadente, bollicine carezzevoli stimolano la salivazione; quest’ultima culmina in un trionfo di equilibrio tra dolcezza e acidità. Davvero buono.

Canelli Moscato Sant’Ilario 2023

I grappoli del Sant’Ilario vengono selezionati a mano da vigne di settant’anni. Tinta paglierino vivace con riflessi oro. Bollicine simili a piccoli spilli formano cordoncini regolari che faticano a svanire. Timbro olfattivo intenso e variegato, la complessità qui comincia ad emergere: albicocca matura, pesca noce e un ricordo di macedonia. Con lenta ossigenazione toni balsamici, ed effluvi minerali, accompagnano erbe aromatiche che ricordano la costa ligure di ponente, soprattutto la maggiorana. Un vino voluminoso e ricco di estratto considerando la categoria, s’intende, e soprattutto lungo, lunghissimo; la coerenza dei toni olfattivi a tratti è imbarazzante così come l’equilibrio.

Vite Vecchia 2018

Paglierino vivace, intenso, in controluce evidenti riflessi dorati. Bouquet ampio e avvolgente, ricco di sfumature che evolvono all’interno del calice soprattutto con l’aumento della temperatura. Nell’ordine: scorza di cedro, salvia, menta peperita e miele d’acacia; liberata un po’ di carbonica in eccedenza, suggestioni di smalto, idrocarburi e un curioso accento di incenso. Grande complessità. In bocca la dolcezza è ben bilanciata da una freschezza citrina stimolante e da una punta di naturale sapidità. Quest’ultima, a mio avviso, è data dal lungo affinamento e dalla mineralità del terreno; impegna inoltre la beva rendendo il vino letteralmente irresistibile.

Piemonte Chardonnay 2023

Tra il paglierino e il dorato, media consistenza. Esuberante al naso, il frutto tropicale (banana e maracujá) apre la strada a suggestioni minerali piuttosto evidenti – distinguo soprattutto la pietra polverizzata – ad incursioni d’erbe aromatiche, agrume, e una chiusura nettamente floreale. Sorso “grasso” ben bilanciato da una freschezza stimolante e un ritorno salino che impegna senza strafare.

Piemonte Sauvignon 2023

Paglierino chiaro, riflessi beige-verdolini; buon estratto. Lontano anni luce dagli stereotipi attribuiti, da sempre, al noto varietale d’origine francese, qui al contrario ritroviamo – al naso – una parte vegetale suffusa e ben integrata al comparto fruttato. Distinguo: melone d’inverno, pesca tabacchiera e finocchietto selvatico; in chiusura scorza di lime e calcare. Anche in questo caso l’alcol è ben gestito. Indubbiamente un periodo ulteriore di affinamento gioverà all’insieme, l’assetto gustativo – allo stato attuale – risulta più a vantaggio della sapidità rispetto alla freschezza. Diamogli tempo e soprattutto fiducia.

Le foto delle bottiglie sono di Danila Atzeni, le altre dell’Azienda Cadgal

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