L’Albana come un’onda

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Io l’Albana me lo sono sempre immaginato come un’onda, perché a parer mio dell’onda ne conserva la dinamica. Una montata imperiosa di frutto e solarità, tutta rigoglio e fragore (la cui attitudine a travolgerti dipende dal mare in cui ti trovi), seguita dall’inevitabile risacca, più o meno perentoria.

Accade poi di incontrare Persefone, Albana pre-appenninica prodotta da Paolo e Katia Babini (Vigne dei Boschi) sulle alture già nervose di Valpiana di Brisighella, e l’onda prende tutta un’altra piega.

E’ un’onda lunga, carezzevole, raccordata alla perfezione, che si lascia dietro certe attitudini presenzialiste, tipiche del vitigno, per approdare ad un profilo più nobile e sfumato.

Sapete che c’è? C’è una speciale leggerezza qui, e una speciale levità, a rendere la trama distante dal main stream.

Ed è così che l’Albana di montagna trova lo slancio e l’ariosità che sole attengono alla terra sua, esaltate dal pungolo acido e da una trasparenza espressiva eloquentissima, diretta conseguenza di gesti puliti e di una sensibilità interpretativa non comune.

In Persefone (2016) l’Albana si alimenta di un altro respiro, e di un anelito di purezza che il tempo non scolora.
Come per ogni onda che si rispetti poi, in bocca ti resta sale, tanto sale, una filigrana di sale.

E’ bello arrendersi all’unicità.

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