Nella fiorentina Villa Bardini, la leggerezza e l’eleganza dei sapori di Filippo Saporito

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Edificata nel 1641 e battezzata Villa Manadora, Villa Bardini sta in alto e si affaccia su un panorama fiorentino di grande fascino. Prende il suo nome attuale dall’ultimo dei proprietari, l’antiquario fiorentino Stefano Bardini la cui famiglia vi abitò fino al 1965 quando il figlio Ugo morì senza eredi. Il passaggio allo Stato rende visitabile i suoi meravigliosi giardini e belle esposizioni artistiche.

Ci si arriva, per esempio, attraversando l’Arno a Ponte Vecchio, e dopo qualche centinaio di metri lungo il fiume inerpicandosi lungo strade che hanno il fascino tipico dell’Oltrarno, quello tranquillo del “via dalla pazza folla”.

Qui da qualche anno è il regno di Filippo Saporito, chef della Leggenda dei Frati. Di famiglia siciliana, senese di nascita e appartenente alla scuola di Gaetano Trovato dell’Arnolfo di Colle Val d’Elsa, grazie a caparbietà e verve comunicativa è riuscito a strappare alle arcigne autorità e sovrintendenze l’autorizzazione per gestire un po’ di verde, almeno per le erbe aromatiche (“ma niente fiori!”, gli hanno detto: e vaglielo a spiegare che inflessibili leggi della Natura prevedono che anche il timo e il rosmarino fioriscano) o per qualche sfizio divertente come la Mertensia Maritima, le cui foglie sanno di mare.

Dentro, arredi di essenziale e leggera eleganza e una cucina dalla tecnica impeccabile al servizio di sapori netti, precisi e mai sopra le righe, accompagnata di un’estetica dei piatti affascinante, con tocchi di ironia e originalità. Come dimostrano subito i “benvenuto”, espressioni in forma mignon di prodotti tipici (la madeleine al formaggio Asiago, il cannolo di ricotta, la crema di lardo in forma di testa di maiale, la gota cotta di Colle Val d’Elsa…) e di elaborazioni della tradizione (l’immancabile pappa al pomodoro, la sfera di ribollita, la panella, il baccalà…).

Per iniziare veramente, ecco il Baccalà, patate, porro, rosmarino, un abbinamento classico e qui variato grazie a crocchette, salse, chips. Poi, il Sedano alla pratese, un piatto della tradizione ampiamente rivisitato e con un titolo spiazzante perché dedicato ad un ortaggio che qui in realtà accompagna “in due versioni” ravioli ripieni di vitello e mortadella di Prato: avvolgendoli in un abbraccio verde e “alleggerendone” in forma di spuma il ripieno di vitello e mortadella di Prato.

Eleganza senza eccessi di sapidità nel Manzo, asparagi cotti e crudi, salsa di alici, dove gli asparagi tagliati in lunghezza donano freschezza e piacevole croccantezza ad un piatto equilibrato e impreziosito da una carne di qualità stratosferica.

Infine, la Cupola del Brunelleschi, un richiamo alla città e alle sue architetture rinascimentali. E’ quasi un omaggio alla cucina casalinga nel quale fa da protagonista una ricotta che, abbinata ad amarene e cioccolato, dona a questo dessert consistenza piena e “goduriosa” e toni giustamente (e deliziosamente) dolci.

 

 

Riccardo Farchioni

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