Vinexpo Bordeaux 2015: Il Porto come memoria

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A certe occasioni non si può rinunciare. Tra i vari inviti ricevuti per le degustazioni a numero chiuso al Vinexpo Bordeaux, ci giunge anche quella della società portoghese Sogevinus, produttrice ed esportatrice di importanti Porto, alla quale aderiamo con entusiasmo.

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Il Porto fa parte dei vini cosiddetti alcolizzati o fortificati,  nei quali la fermentazione viene interrotta con l’aggiunta di  acquavite di vino a 77-78 ° alcool, che è obbligatorio per questa operazione perché contiene maggiori impurezze che aumentano l’aroma del vino. L’aggiunta vien fatta quando, nella tipologia secca, sono raggiunti i 12 gradi naturali o nella tipologia dolce i 4-5 ° naturali e con un residuo zuccherino che può arrivare anche a 130-140 gr/litro.

10464043_10204556165359694_1370018996594843924_nLa Sogevinus è una Società che produce e commercializza Porto con alcuni marchi tra i più conosciuti al mondo: proprietaria di 360 ha nella valle del Douro e di cantine di vinificazione ed invecchiamento, annovera tra i suoi marchi le seguenti aziende:

Kopke: fondata nel 1638, addirittura prima della delimitazione della zona di produzione del Porto, si può considerare la più vecchia casa vinicola produttrice di Porto. Possiede nelle sue cantine annate eccezionali e antiche, che gli consentono di eccellere nella qualità  “Colheitas”, un particolare tipo di Porto di cui si dichiara l’invecchiamento  ma non l’annata, essendo una miscela di annate diverse la cui “media” corrisponde all’invecchiamento dichiarato.

tipi di portoBurmester: marchio rivolto ai giovani e all’ambiente dinamico; nonostante proponga vini anche impegnativi, si caratterizza per un approccio più immediato ed elegante, anche nel packaging.

Cálem: la marca più conosciuta del Portogallo all’estero e la prima nelle vendite in patria. Famosa per le sue cantine storiche, le più visitate del paese, conserva la grande qualità e il grande patrimonio storico e tradizionale anche nello stile, con grande propensione alle esportazioni.

Barros: la casa vinicola, nata nel 1913, ha subito rappresentato in pieno lo stile “portoghese”: semplice ma elegante, con una capacità di affascinare i degustatori; prova ne siano i moltissimi premi collezionati in concorsi internazionali.

La degustazione è guidata da Gonzalo Pedrosa, presidente della società, e da Bernard Burtschy,  giornalista de Le Figaro.

I tavoli10277024_10204556164439671_2211670152443634927_n già preparati con gli otto vini in degustazione ammaliano con i loro colori e profumi.

Iniziamo con la Colheita 2000 di Calem. La tipologia Colheita è una tipologia speciale di Porto che “raccoglie” al suo interno i migliori vini disponibili dell’annata, anche provenienti da Quinta (aziende) diverse.

Dal colore bruno con riflessi aranciati, esprime fin da subito, forte dei suoi 20 gradi di alcool, un naso intenso e complesso; note di fico e uva passa, tabacco, spezie, e un finale leggermente boisé che concorda perfettamente con la bocca ampia e dolce ma con una vena di freschezza che accompagna la degustazione.

Secondo vino degustato il Porto Fine Tawny di Càlem.

La caratttawny porto calemeristica di questa tipologia di Porto è il metodo di produzione, che prevede fin da subito, dopo la fine della fermentazione, l’affinamento prima in botti grandi poi in contenitori da 550 litri sempre di legno. Il forte contatto con l’ossigeno trasforma il colore da rosso rubino ad ambrato e con il tempo si possono raggiungere anche colorazioni meno intense.

Al naso si apprezzano note di miele e di frutta secca, nocciole tostate e mandorla dolce, in bocca corre veloce e dolcemente verso un finale rotondo e fruttato. I suoi 20 gradi e i 100 gr/l di zucchero non sovrastano la buona freschezza di base.

A seguire siamo inviatati a degustare la Colheita 1996 di Barros

In quecolheita1996 barrossto caso il vino proviene da una sola vendemmia e da alcuni vigneti disposti a 600 metri di altitudine, dove vi si coltivano la Touriga national, la Tinta roriz, Tinta Barroca e Touriga franca.  Macerato in tini di pietra, dopo gli opportuni rimontaggi viene interrotta la fermentazione con l’alcolizzazione. Questa pratica avviene in continuo durante un travaso per far sì che l’aggiunta dell’alcol non si concentri in un solo punto del tino, procedendo, come dicono i portoghesi, a “bruciare” il mosto/vino che viene trattato.

Il vino si presenta di un brillante marrone chiaro con riflessi ancora granati; al naso si avverte la nota evoluta e alcolica sempre accompagnata dal fondo fruttato e speziato, con note anche di miele di castagno. In bocca l’equilibrata freschezza sostiene il 20 gradi alcool e gli otre 100 grammi/litro di zuccheri donando sensazioni di dolcezza mai stucchevole ed un finale complesso e molto lungo.

Il porto successivo è il Colheita 1989 – Burmester

burmester 1989L’annata 1989 comincia a delineare in maniera più netta le grandi capacità di invecchiamento di questi vini; la lunga permanenza in botti di legno di piccola caratura (in genere 550 l per  almeno 7 anni) , modifica la materia colorante, polimerizza i tannini e precipita una parte consistente dei sali data la minore solubilità raggiunta con l’addizione dell’alcool. Altri fenomeni che si manifestano in questi casi sono i composti di condensazione e ricombinazione tra alcool e aldeidi (o chetoni),  che danno origine a nuove molecole non presenti nel vino d’origine. Così in questa selezione abbiamo un’ampia e variegata gamma aromatica, sempre più distante dall’alcolicità e sempre più virata sugli aromi terziari e gli accenti speziati.

Il colore meno intenso dei precedenti vini si distingue per le note ocra e l’unghia dorata. Nel bicchiere è più denso dei precedenti, complici anche i 122 gr/l di zuccheri residui.  Al naso ampio e complesso segue una bocca piena e ancora molto fresca, con finale lungo. Il tutto caratterizzato da note speziate, eteree e vanigliate. Un’ottimo conseguimento.

Pburmester 40 anniassiamo poi a degustare il Burmester  40 anni.

E’ un vino prodotto dall’assemblaggio di vini invecchiati 40 anni e successivamente passati in barrique datate 1864. La caratteristica di questo vino è legata alla maestria con cui i responsabili delle cantine lo “educano” durante l’invecchiamento con tagli  di ringiovanimento, consentendogli così di mantenere la memoria dell’annata ma portandolo ad affinare senza perdere la piacevolezza e la grande struttura.

Così, se il colore assume tonalità ambrate e dorate, il profumo sprigiona note di frutta secca: dal dattero alla noce al fico candito, fino alla nota complessa e speziata di panforte. In bocca l’eleganza e la persistenza completano una bella sensazione di morbidezza e densità.

Kopke White 40 Years old Porto

La tipologia di Porto che si distingue in etichetta con l’indicazione degli anni di invecchiamento non corrisponde kopke 40 anniall’annata di raccolta (colheita) ma alla media degli anni di invecchiamento dei vini impiegati nei tagli; quindi questo Porto, come il precedente, è il risultato delle grandi potenzialità delle cantine del Douro per quanto riguarda le annate conservate, ma anche della maestria dei selezionatori.

Colore ambra profondo, con lievi riflessi verdastri, denso; al naso risulta molto complesso con sentori che spaziano dal miele alla prugna secca, al dattero e alla noce, accompagnati da spezie come la noce moscata o l’incenso. In bocca rivela sensazioni tattili importanti, con una freschezza ancora viva e una pienezza e una dolce viscosità che si conserva fino al lungo finale.

Dulcis in fundo, il Kopke Colheita Porto 1966. Siamo in presenza qui di un vino che sfiora i 50 anni!

kopke 1966Il colore intenso e bruno fa presagire, insieme alla sua densità, una grande concentrazione. Così all’olfatto sprigiona note variegate ed armoniche che vanno dalla nota fumé alle spezie e al tabacco, alla dolcezza del frutto appassito, come prugna e uva, ed infine alla nota di vaniglia che completa lo spettro. In bocca è suadente ed equilibrato, emana un dolce calore che rimane a lungo, sempre bilanciato da una nota fresca. Una esperienza imperdibile!.

Una grande degustazione per avere una idea delle potenzialità  e delle capacità di memoria materiale che questo vino porta con sé. La memoria delle vendemmie certo, ma anche quella degli uomini che vi hanno lavorato e dell’ambiente in cui è stato affinato. E, perché no, della bottiglia che lo ha conservato, a volte per lunghi anni. Tutto ciò per trasmetterci quel senso del tempo e della natura che fa grande un vino.

Qui sotto un video della degustazione di Vinexpo a cui abbiamo partecipato.

 

 

Lamberto Tosi

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