Io che scrivo di Antinori. Minimo minimo cambia il tempo. Sì, non ho mai scritto di Antinori. Tante le ragioni, a farmi buona compagnia. Oggi però, di fronte a questo trittico d’antan, di ragioni non ne ho più.
Solaia ’87, Tignanello ’89, Chianti Classico Villa Antinori Riserva ’55: i primi due pressappoco delle bombe. Chiara l’impronta, eccezionale la tenuta, eloquente la vitalità. Che equilibrio, che portamento!
Mi chiedo: ma da quei tempi là in avanti è stata come dispersa una strada, stilisticamente parlando, o sono io che non ci ho capito una mazza?
Il terzo è una reliquia a cui gli anni e la veneranda età non hanno ancora tolto del tutto il “senso” del vino. Caffettoso, terroso e fungino ai profumi, sospeso ad una stupefacente “corda” acida al gusto, corda che si tende.
Non avevo mai scritto di Antinori. Non avevo mai scritto dei loro vini. Fuori piove già.
Giornalista pubblicista toscano innamorato di vino e contadinità, è convinto che i frutti della terra, con i gesti che li sottendono, siano sostanzialmente incanto. Conserva viva l’illusione che il potere della parola e del racconto possa elevare una narrazione enoica ad atto culturale, e che solo rispettando la terra vi sia un futuro da immaginare. Colonna storica de L’AcquaBuona fin dall’inizio dell’avventura, ne ricopre da anni il ruolo di Direttore Responsabile. Ha collaborato con Luigi Veronelli e la sua prestigiosa rivista Ex Vinis dal 1999 al 2005; nel 2003 entra a far parte del gruppo di autori che per tredici edizioni darà vita alla Guida dei Vini de L’Espresso (2003-2015), dal 2021 rientra nell’agone guidaiolo assumendo il ruolo di referente per la Toscana della guida Slow Wine.